Editoriale importanza. Del pari, ponendo al centro della sua politica interna il problema della segregazione razziale, Kennedy aveva rivelata la capacità del grande statista che sa elevare di colpo il suo paese alla giuntura con la storia dell'indivisa umanità. E finalmente egli era riuscito a far tutto ciò in modo nuovo: la retorica, quel tanto di retorica che dev'esservi in ogni politica perché questa sia veramente umana, non era quella delle frasi grandiloquenti, ma l'altra che derivava dalla dimensione stessa dei problemi da lui posti. Era l'importanza delle questioni che faceva grande l'asciutto realismo critico di Kennedy; e non viceversa. E qui la tragedia personale di Kennedy fa una cosa sola con la tragedia del mondo libero: che cioè quest'ultimo abbia perso il suo leader nel momento in cui egli aveva maturato interamente il senso del leadership. È per questo che il vuoto resta; e bisogna colmarlo. E per questa necessità occorre che i vincoli tra gli Stati Uniti e l'Europa divengano ancora più stretti. Se quello che si è letto in qualche giornale francese nelle ultime settimane - che, morto Kennedy, l'Occidente aveva il suo leader naturale nel generale De Gaulle - sembra assurdo e perfino un po' ridicolo, non è affatto assurdo quello che abbiamo accennato sull'esigenza di rafforzare i vincoli tra l'Europa e gli Stati Uniti, di fissare su questa esigenza l'attuale periodo politico. E non è un caso, noi crediamo, e neppure è conseguenza soltanto di un gio.co politico interno in vista delle elezioni, che il governo conservatore inglese si sia d'improvviso attestato su una posizione più avanzata di quella di Washington sui problemi dei negoziati con l'Unione Sovietica, e che l'abbia fatto con l'apparente consenso del Dipartimento di. Stato. Questo fatto dimostra che l'amministrazione Johnson sconta per sé e per gli Stati Uniti un periodo di assestamento e che ritiene utile un gioco delle parti divise con l'Inghilterra, che le consenta di superare tale periodo, senza che nel contempo il dialogo con l'URSS perda battute che potrebbero essere preziose. Innanzi al problema apertosi dopo la crisi cubana dell'ottobre 1962, al problema, cioè, di una stabilizzazione dell'equilibrio mondiale mercè di una politica che avvii a soluzione le varie questioni senza escatologie e facili miracolismi, la classe dirigente americana sente, dunque, il bisogno di stringersi all'Europa. È _su queste valutazioni - e non già su falsi sentimenti di grandeur, che si dissiperebbero presto al primo vento della realtà - che l'Europa, diremo meglio quel tanto di Europa unitaria che esiste, deve misurare la sua politica. Che si tratti di un'azione responsabile di copertura dell'attuale fase della politica statunitense, o dei problemi che si riassumevano sotto la rubrica del Kennedy round, o ancora delle questioni che quell'azione e questi problemi pongono ai paesi del Mercato Comune 4 BibliotecaGino Bianco
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