Luigi Fruttero parlare con dei giovani meridio-nali, studenti, o funzionari, o contadini, per rendersi co·nto di quanto l'industria sia ancora lontana dai loro orizzonti. In ognuno di essi, insieme alla speranza di un avvenire. più sicuro, si notano perplessità e timori verso questa nuova forma di intervento dall'esterno: e se nessuno sottovaluta l'importanza dell'industria come fattore di benessere e di progresso, meno chiaramente gli appaiono i co11fini entro cui potrà domani inserire i propri valori, le proprie aspirazio,ni, finanche le prop,rie proteste. T'utto questo non può sorprendere: perché è evidente che non basta preoccuparsi di creare nuove occasioni d'investimento, al sud senza aver gettato al tempo stesso delle solide basi per una trasfo 1rmazione sociale e culturale, la quale può avvenire soltanto con la presa di coscienza dei problemi che si impongono alla nuova realtà. Quel che sembra contare di più oggi è la dispo,nibilità di mano d'opera, ma nessuno, - neppure i sindacati - si direbbe troppo attento a quale tipo di industrializzazione si andrà incontro nel Mezzogiorno se non ci saranno contemporaneamente forze culturali in grado di contenere e di regolare il nuovo processo. Di questa carenza già si manifestano delle avvisaglie: certe palesi tendenze allo sfruttamento, certi moralismi nei confronti delle maestranze meridionali, accusate di non saper spendere bene i loro salari, certe situazioni di ab,uso, per non dire di ricatto, nel valersi delle agevolazioni governative, sono tutti sintomi di una chiara prop·ensione da parte di molti dei nuovi arrivati a considerarsi dei « civilizzatori ». E se i più prudenti e i più ottimisti sembrano confidare nel tempo come in una panacea per tutti i mali presenti, non per questo ci pare giustificato l'intento di far pro.gredire il· Mezzogio,rno gettandolo allo sbaraglio. Oggi il sud non solo non è in grado di controllare le scelte, ma neppure le politiche degli imprenditori che vengono dall'esterno. Lo si vede cl1iaramente in Lucania, in Sicilia, un po' dappertutto dove le industrie del nord hanno creato dei nuovi impianti. Le amministrazioni locali combattoino a volte aspre lotte per contendersele, giocando principalmente sui prezzi dei terreni e sulle attrezzature di cui dispongono. Ma nessuno - salvo nei casi di aziende molto note -- saprebbe valutare i vantaggi e le co·nseguenze che può p,resentare questo o quel tipo di impianto, questo o quel tipo di produzione, e via dicendo. L'importante è di accaparrarsi un'industria, a qualunque costo. Tuttavia, qualche funzionario più accorto e smaliziato lo si incontra ogni tanto: uno, per esempio, ci raccontava recentemente di aver scoperto per vie indirette cl1e un'azienda di discrete dimensioni, con sede al nord, intendeva localizzarsi in un centro della Campania per formare la manodopera e spedirla in seguito nel Settentrione. Ma sono casi rari; in genere si cerca di prendere tutto quello che arriva. E naturalmente restano fuori le questioni di fondo, come quella che riguarda il reinvestimento del capitale, che finisce per sfuggire co.mpletamente al controllo dei locali. Nessuno saprebbe dire quanta parte di esso rifluisca al nord, ma sembrano esservi ben pochi segni che il più rimanga sul posto e che contribuisca ad accrescere il reddito e la consistenza di tutto il sistema econo1nico. In 32 Bibliotecaginobianco
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