Nord e Sud - anno XI - n. 49 - gennaio 1964

Luigi Fruttero coltori e braccianti, sottoproletari in o·gni caso, non di meno si sono perduti quasi tutti gli intellettuali e una certa parte anche di tecnici e di bravi . operai. Va detto che inizialmente sono stati pochi a non rallegrarsi di questa situazione: e se oggi_ non si cominciassero a temere le conseguenze di questo salasso di fronte ai futuri fabbisogni delle aziende meridionali, ~ potrebbe anche condividere l'entusiasmo di molti per il ridimensionamento· « spontaneo » intervenuto nel rapporto fra risorse e popolazione nel Mezzogiorno. Purtroppo, il processo non è facilmente reversibile, almeno allo stato attuale, e vane diventano, le recriminazioni sugli eccessi di concentrazione al nord e sulla p,erdita di quella mano d'opera che sta determinando dei seri vuoti nell'economia meridio·nale. Con1e ingen·ui app·aiono i suggerimenti di chi vorrebbe richiamare al sud, a qualunque prezzo, gli esiliati di ieri, senza rendersi conto che, se la- cosa può avere ancora un senso per quelli che sono andati all'estero, non l'ha per chi lavora da anni al nord, in un sistema eco1 nomico che è tutt'uno con quello meridionale. Le perdite di uomini si pagano sempre care: ed è noto che il sud non è oggi meno in ritardo di ieri nei confronti del nord. Si sarebbe potuto in qualche modo arginare il flusso migratorio? È difficile dirlo, anche perché si doveva dare per scontato un certo sacrificio iniziale. L'espansione del nord era tale da non co.nsentire alternative; e visto che si doveva proteggere quel sistema economico, non si poteva granché pensare a difendere questo. Ma è indubbio che le cose sono andate ben oltre le previsioni. L'in~ertezza sul futuro del Mezzo·giorno ha sempre dettato delle politiche co·nseguenziali rispetto a quelle del nord: e ciò ha comportato un continuo sforzo di adattamento di quello a questo, senza molto preoccuparsi dei fini e dei limiti. Ma no·n si vogliono qui avanzare delle ipotesi fantasiose sul corso che avrebbe potuto o dovuto prendere l'intervento nel Mezzogiorno. Semmai, si trattava di riconsiderare le prospettive dell'economia meridionale in termini meno aleatori di quanto non fu fatto: e proprio qui, secondo noi, si p·eccò di semplicismo e di eccessiva cautela. Troppo spesso si è sentito affermare nel recente passato che il sud avrebbe dovuto crearsi un sistema autonomo di sviluppo, se non concorrenziale, almeno complementare rispetto a quello settentrionale .. Oggi si fa un gran parlare - e giustamente - dell·'industrializzazione del Mezzogiorno come dell'unica via di salvezza delle economie locali e come possibile freno all'emigrazione. Ma non bisogna dimenticare che fino a ieri si credeva che fosse l'agricoltura il perno del sistema economico meridionale e che soltanto attraverso una decisa azione in questo settore sarebbe stato possibile realizzare un incremento anche 11egli altri settori produttivi. Non è il caso di ricordare il fallimento di una simile impostazione, fallimento ora universalmente accettato e abbastanza rapidamente digerito. Ma se si presta fede ad un esperto di questioni agri~ cole quale il Rossi-Doria, si può vedere che fra i maggiori inconvenienti della riforma agraria egli indica la mancata partecip~azione dei contadini alla realizzazione del piano: e questo ha significato la riconferma di un 30 Bibliotecaginobianco

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