Domenico Rea renderla vergine co·me le cose di prima mano. Una prova assai significativa è stata offerta tre anni or sono da Eduardo De Filippo, con la sua commedia Il figlio di Pulcinella. L'erede della « fatidica» maschera questa volta vuole smettere di fare la macchietta, vuole scaricarsi dello scempio di deridere se stesso e di vantarsi di tutte quelle male azioni, un tempo en1pirica summa del vivere. Egli promette a se stesso di diventare un lavoratore, un cittadino. Da tempo De Filippo ha intuito che le fondamenta sociali del suo vecchio teatro avevano subito alcune gravi scosse ed è pervenuto a forme più complesse, anche se meno riuscite, d'indagine teatrale. La miseria non predomina più 11ei suoi lavori. Lo stesso Marotta negli ultimi tempi era stato assalito da serii dubbi. L'accanimento posto nel difendere il suo giardino napolitano denotava il tremore della sua fede. Marotta si auspicava come una continuazione dei riti, degli usi e costumi della vecchia Napoli. Non si accontentava di considerare la vecchia città come una « sua » felice immagine po1etica, ma avrebbe voluto che gli altri stimassero quella sua preziosa immagine specchio anche di una realtà materiale. Sosteneva che i suoi personaggi esistevano in carne e ossa. Ne conosceva l'indirizzo di casa. Invitava i denigratori presunti no·n della s11a Napoli i1nmaginaria ma di quella che_ lui riteneva reale ad accompagnarsi a lui in una ispezion~. Ma a disporci sul chi vive eran pro,prio le sue insistenze, i suoi inviti a compiere prove locali, la sua rispettabile fede, che, come ogni fede, non aveva bisogno di quell'altro genere di prove, assai più reali, capaci di dimostrare, svuotare e sfatare lo stesso dato di fatto e ridurlo a un ingannevole corpo di reato. Figure e personaggi di Marotta esistevano ed esistono. Chi potrebbe negarlo? Forse che non camminano, per le strade del nostro remoto Regno, birocci e calessini, carrozze e carrette a balestre? Certamente. La trazione animale è ancora il mezzo di locomozione della grande maggioranza. dei contadini. Ma a nessuno salterebbe in mente di affermare che la nostra è l'età della trazione animale essendo a tutti noto che è invece l'età della trazione a motore. Alla stessa stregua vanno viste e giudicate le superstiti e a volte rigogliose dinastie umane del nostro passato. Esistono, ma per un moto d'inerzia. Gioiscono e soffrono, ma di gioie e sofferenze risapute. Illuminante esempio il delitto d'onore. Il marito trova la moglie in actu con l'amante e l'uccide. Bravissimo, egli ha difeso il suo onore. Per noi il suo onore non valeva la morte di un uomo, quanto si voglia fedigrafo e non ci trova consenzienti .. Se dipendesse da noi condanneremmo il ll!arito come un qualsiasi assassino. Mezzo secolo fa Di Giacomo scriveva Assunta Spina, 18 Bibliotecaginobianco
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