Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Francesco Compagna, Mezzogiorno, classedirigente, centro - sinistra - Domenico Rea, Cummeo al bowling - Giulio Picciotti, La politica atlantica e il ce1itro - sinistra - Calogero Muscarà, Venezia e la sua regione ~ Alberto Aquarone, L'Italia alla vigilia della seconda guerra mondiale. e scritti di P. A. Allum, Marisa Càssola, Domenico De Masi, Gioacchino Forte, Luigi f ruttero, Bernard Kayser, Ernesto Mazzetti, Mario Pacelli, Rocco Polestra, Giuseppe Ricuperati. ANNO XI - NUOVA SERIE - GENNAIO 1964 - N. 49 (r 10) # EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - NAPOLI· Bibliotecaginobianco
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.. e J ~ < I NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XI - GENNAIO 1964 - N. 49 (110) ·DIREZIONE E REDAZIONE: Napo 1i - Via dei Mille, 47 - Telef. 393.346- 393.309 Amministrazione, Distribuzione e Pubblicità: EDIZIONI SCIEN':çIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via dei Mille, 47 - Napo 1i - Telef. 393.346- 393.309 Una copia L. 400 - Estero L. 500 - Abbonamenti: S9stenitore L. 20.000 ~ Italia annuale L. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 5.000, semestrale L. 2.700 - Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via dei Mille 47, Napoli Bibl_iotecaginobianco
SOMMARIO Francesco Compagna Domenico Rea Luigi Fruttero Mario Pacelli P. A. Allum Rocco Palestra Editoriale [3] Mezzogiorno, classi dirigenti, centro-sinistra [ 6] Cummeo al bowling [14] · Note della Redazione La proliferazione delle regioni - Scuola nuova e amministrazio-ne vecchia - Cronache napoletane [23] Giornale a più voci La coscienza del 1\1.ezzogiorno [29] Urbanistica: secondo tempo [34] Dopo Mac Millan [39] La sperimentazione derelitta [ 45] Discussioni Giulio, Picciotti La politica atlantica ed il centro-sinistra [51] Bernard Kayser Gioacchino Forte Argomenti L'erosione del suolo nell'Italia Meridionale [65] « Tecnici superiori» e dirigenti [72] Paesi e città Calogero Muscarà Venezia e la sua regione [80] Marisa Càssola Giuseppe Ricuperati Ernesto Mazzetti Domenico de Masi Recensioni La costanza del sentimento [97] Classe forense e giannonismo a Napoli [100] La lezione dell'età di Roosevelt [105] Vita indecisa dei giovani in provincia [109] Saggi Alberto Aquaro-ne Lo spirito pubblico in Italia alla vigilia della seconda guerra mondiale [ 117] / Lettere al -Direttore Vincenzo Viti Il « notabilato » alla rovescia [ 126] Bibliotecaginobianco "
Editoriale Il velo di tragedia che è calato d'improvviso sul mondo il 22 novembre per l'assassinio del presidente Kennedy non si è attenuato col passare dei giorni e delle settimane. Certamente, nel suo complesso il ceto dirigente degli Stati Uniti ha mostrato di essere alla misura del dramma del qitale s'è trovato suo malgrado protagonista: la tregua di un mese tra i partiti proprio in quello che è un « anno elettorale » decisiyo, il dinamismo del nuovo presidente ed insieme il senso di responsabilità con cui egli ha tenuto a sottolineare la continuità della politica estera ed interna americana, la stessa contenuta emozione del paese, tutto ciò ha rivelato un grado di maturità che pare aver stupito qualche europeo. Coloro che avevano pensato che gli Stati Uniti fossero diventati una sorta di staterello centro-americano, preda di complottatori e di golpistas sono stati presto disingannati: non basta la morte, la morte tragica di un presidente, e sia pur di un grande presidente, per mettere in ginocchio la democrazia americana. Pure, tutto ciò riconosciuto, bisogna aggiungere che l'assassinio di Kennedy, brittale ed assurdo, ha scavato un vuo,to che resta intatto tuttora e che la classe dirigente degli Stati Uniti dovrà colm.are nei prossimi mesi. I nostri lettori ricorderanno che noi non siamo stati fin dal 1960 grandi ammiratori di Kennedy; e che comunqt-Le,nel coro quasi universale e forse un po' piatto delle lodi, abbiamo tentato di assumere un atteggiamento non già di riserva, ma di valutazìone critica delle luci e delle ombre dei programmi di Kennedy e delle prime esperienze della sua équipe di governo. Ora giova dire - e non è certo soltanto il rispetto per la sua morte e per il 1nodo di questa morte che c'induce a dirlo - che il presidente nell'ultimo anno era veramente cresciuto a leader della più grand~ democrazia dei nostri tempi, e ad esempio di un modo nuovo di porsi i. problemi di questi tempi e di fare politica. Egli nella crisi di Cuba aveva mostrato la capacità di intuire il momento in cui bloccare il più temibile degli avversari che mai avesse avuto il suo paese; e l'aveva fatto vittoriosamente, evitando l'umiliazione di tale avversario e .l'olocausto dell'umanità. E po-i, con gli accordi di Mosca sulle ~imitazioni degli esperimenti nucleari, aveva r11ostrato il coraggio intellettuale, prima ancora che politico, di uscire allo scoperto dall'impostazione politica che l'aveva visto vittorioso•, per avviare una trattativa della massima 3 Bibliotecaginobianco
Editoriale importanza. Del pari, ponendo al centro della sua politica interna il problema della segregazione razziale, Kennedy aveva rivelata la capacità del grande statista che sa elevare di colpo il suo paese alla giuntura con la storia dell'indivisa umanità. E finalmente egli era riuscito a far tutto ciò in modo nuovo: la retorica, quel tanto di retorica che dev'esservi in ogni politica perché questa sia veramente umana, non era quella delle frasi grandiloquenti, ma l'altra che derivava dalla dimensione stessa dei problemi da lui posti. Era l'importanza delle questioni che faceva grande l'asciutto realismo critico di Kennedy; e non viceversa. E qui la tragedia personale di Kennedy fa una cosa sola con la tragedia del mondo libero: che cioè quest'ultimo abbia perso il suo leader nel momento in cui egli aveva maturato interamente il senso del leadership. È per questo che il vuoto resta; e bisogna colmarlo. E per questa necessità occorre che i vincoli tra gli Stati Uniti e l'Europa divengano ancora più stretti. Se quello che si è letto in qualche giornale francese nelle ultime settimane - che, morto Kennedy, l'Occidente aveva il suo leader naturale nel generale De Gaulle - sembra assurdo e perfino un po' ridicolo, non è affatto assurdo quello che abbiamo accennato sull'esigenza di rafforzare i vincoli tra l'Europa e gli Stati Uniti, di fissare su questa esigenza l'attuale periodo politico. E non è un caso, noi crediamo, e neppure è conseguenza soltanto di un gio.co politico interno in vista delle elezioni, che il governo conservatore inglese si sia d'improvviso attestato su una posizione più avanzata di quella di Washington sui problemi dei negoziati con l'Unione Sovietica, e che l'abbia fatto con l'apparente consenso del Dipartimento di. Stato. Questo fatto dimostra che l'amministrazione Johnson sconta per sé e per gli Stati Uniti un periodo di assestamento e che ritiene utile un gioco delle parti divise con l'Inghilterra, che le consenta di superare tale periodo, senza che nel contempo il dialogo con l'URSS perda battute che potrebbero essere preziose. Innanzi al problema apertosi dopo la crisi cubana dell'ottobre 1962, al problema, cioè, di una stabilizzazione dell'equilibrio mondiale mercè di una politica che avvii a soluzione le varie questioni senza escatologie e facili miracolismi, la classe dirigente americana sente, dunque, il bisogno di stringersi all'Europa. È _su queste valutazioni - e non già su falsi sentimenti di grandeur, che si dissiperebbero presto al primo vento della realtà - che l'Europa, diremo meglio quel tanto di Europa unitaria che esiste, deve misurare la sua politica. Che si tratti di un'azione responsabile di copertura dell'attuale fase della politica statunitense, o dei problemi che si riassumevano sotto la rubrica del Kennedy round, o ancora delle questioni che quell'azione e questi problemi pongono ai paesi del Mercato Comune 4 BibliotecaGino Bianco
Editoriale sul piano dell'integrazione, il senso di responsabilità che oggi si chiede all'Europa è enormemente più grande di quello necessario tre mesi fa. Senso di responsabilità maggiore, perché mai come in questo momento appaiono illusorii e, peggio ancora, suicidi i nazionalismi (fossero pure continentali) economici e politici. Una politica di frammentazione dello schieramento occidentale, o una frattura dell'interno della Comunità Economica Europea, o ancora la mancanza di una spinta verso l'integrazione politica, sarebbero tutte cose che si ripercuoterebbero l'una sull'altra e che si porterebbero la congiuntura mondiale indietro di alcuni anni. Se gli Stati Uniti tornano all'Europa, se il loro interesse all'unità europea ridiventa oggi preminente, l'interesse europeo a tenere la linea continua con gli Stati Uniti è anch'esso un interesse strategico per l'Europa e per il mondo. Qui è Rodi, ed è qui che bisogna' saltare. 5 BibliotecaGino Bianco ..
• Mezzogiorno, classi dirigenti,· • • centro - s1n1stra di Francesco Compagna Nel febbraio del 1962 scrivevamo che l'apertura a sinistra si presentava come una eccezio,nale « occasione storica » per il Mezzogiorno. E specificavamo che tale · « occasione » consisteva essenzialmente nella possibilità di liberare finalmente la politica meridio·nalista da certi pesanti condizionamenti politici che essa aveva dovuto subire negli anni del centrismo-. L' « occasio,ne », cioè, consisteva nella possibilità di elimi- /nare la contraddizione per cui si era preteso dal 1950 in poi di affidare l : a quadri chiaramente orientati in senso conservatore, trasformistico, i antimeridionalista, una po1itica che l1a un'ispirazione d'i sinistra e richiede, per essere attuata fino in fondo, una tensione ideale che gli esponenti del tradizio,nale notabilato del Mezzogiorno no·n so-no certo· in grado di alimentare. Era, infatti, evidente a tutti gli osservatori intelligenti della politica meridionalista fino a che p11nto oram·ai il notabilato meridionale fosse riuscito- a ridurre la politica mefidio,11alista nei limiti di una politica di lavo·ri pubblici e di finanziamenti per le nuo-ve attività industriali, sia pure organica e strao,rdinaria, ma tale sempre da costituire una copertura per la vecchia classe dirigente e da no11 essere diretta, co-me si voleva che fosse diretta, a pro·vocare anche sostanziali cambiamenti del1' ordine sociale e soprattutto delle tradizionali realtà politiche. Ed era evidente, altresì, che tutti gli istituti della politica meridionalista, anche se concepiti co·me istituti impegnati a svolgere un'azione di rottura nei confronti del vecchio ambiente politico· che aveva tenuto il Mezzogiorno in una condizio·ne borbonica, svolgevano- in realtà un'azione che co-nferiva di fatto una nuo,va capacità di resistenza a quel vecchio ambiente politico del Mezzogiorno; e questo· perché gli istituti di cui si parla erano- stati svuotati della loro1 carica politica nel momento stesso· in cui erano diventati strumenti del sotto,governo, centrista ed erano, stati affidati a un personale dirigente cl1e era espresso dallo stesso, notabilato meridionale, o quanto meno da circoli ad esso affini: comunque, a un personale dirigente che voleva o· doveva tenere buoni rapporti con la destra meridionale, interna alla DC o alleata della DC meridio-nale. 6 Bibliotecaginobianco
.. Mezzogiorno, classe dirigente, centro-sinistra Si trattava, perciò, di cambiare gran parte del personale dirigente meridionale, « in tutte le posizioni che contano», perché tali posizioni · risultavano controllate da uomini che erano stati, più o meno 1 dichiaratamente, fautori delle aperture a destra e si' sarebbero certamente dati da fare per creare impedimenti all'azione del governo· di centro-sinistra e per sabotare i programmi approvati dalla nuo-va maggio·ranza. Conclusione di quel nostro discorso del febbraio 1962 - dopo il Congresso di Napoli della DC e mentre si formava il governo dell'on. Fanfani con l'appoggio esterno dei socialisti - era pertanto questa e no•n poteva essere che questa: l'apertura a sinistra non deve essere l indolore; deve, anzi, riuscire molto dolorosa per gli ambienti che tradizionalmente hanno detenuto il potere nel Mezzogiorno. Ciò significava che, per cogliere la nuova « occasione » presentatasi per il Mezzogiorno e nel Mezzogiorno, si dovevano risolutamente sostituire, fra i quadri cui erano state affidate le leve della politica meridionalista, tutti coloro che non davano, serio, affidamento di saper interpretare lo spirito della politica di centro-sinitra e tutti coloro di cui si sapeva che non sono in grado di aprire nuove prospettive allo sviluppo civile del Mezzogiorno,, perché non ne sono capaci o perché no·n vogliono che siano aperte. E pertanto il « co,ntenuto » dell'apertura a sinistra doveva essere nel Mezzogiorno chiaramente qualificato non soltanto i11 base a esigenze di nuovi prorammi da formulare, e di nuovi strumenti da montare per l'attuazio·ne di tali programmi, ma anzitutto e soprattu~to in base all'esigenza che Dorso• aveva a suo tempo indicato come pregiudiziale: l'esigenza di un rinnovamento sostanziale della classe dirigente, per far sì che, dai pro·grammi fo,rmulati e dagli strumenti predisposti, si potesse veramente ricavare tutto quello che se ne deve ricavare sul piano, dello sviluppo• economico e sul piano del progresso civile. Sono passati due anni. È stato autorevolmente osservato, che il governo dell'on. Fanfani ha avuto una funzione di rott11ra. E sotto molti aspetti questo è certamente vero: il governo dell'o11. Fanfani si è, infatti, logorato proprio- perché ha dovuto affrontare di petto· questioni che non si potevano più eludere; inoltre, quel governo si è accollato il difficile e oscuro compito di condurre rapidamente a termine alcune operazioni preliminari ai fini della politica di piano, operazioni a carattere tecnocratico•, come ora suol dirsi, che non potevano risolversi in un rafforzamento di consensi, ma dovevano egualmente essere ' . iniziate e portate avanti; e vi è anche, infine, tra i meriti del governo presieduto dall'on. Fanfani, come governo di rottura, quello di aver portato al centro del dibattito politico italiano altre questio,ni, co7 Bibliotecaginobianco
Francesco Compagna me quella urbanistica, che pure devono essere affrontate ora di petto. Ma nei confronti di ciò che si attendeva dal: primo governo· di centrosinistra per il Mezzogiorno e nel Mezzogiorno, il governo dell'on. Fanfani - del quale non si posso-no certo mettere in dubbio le intenzioni - non ha potuto fare gra11 che e registrare al suo attivo quei successi ai quali poteva aspirare. Sotto tale aspetto• non è stato affatto un governo di rottura. Non si può dire, infatti, che la prima apertura a sinistra sia riuscita molto dolorosa per i circoli .che tradizionalmente hanno detenuto il potere nel Mezzogiorno e che ancora lo detengono. Non si può dire, cioè, che l'« occasione» tanto attesa sia stata colta. I problemi della politica meridionalista ~ come problemi di uomini che sappiano, e vo·gliano attuare i programmi formulati e adoperare gli strumenti predisposti ai fini di una risoluta e coerente politica di sviluppo economico e civile - sono ancora gli stessi, sono q1..1elliche denunciavamo nel febbraio del 1962. E allora? Che cosa si deve fare oggi? Anzitutto si devono riproporre questi problemi, i problemi di rinnovamento della classe dirigente meridionale, e richiamare su di essi l'attenzione del nuovo governo. E si deve anche reclamare insistentemente per il fatto che fino ad oggi non si è ancora deciso di mandare a casa Tizio e di chiamare al suo posto Caio, mentre si è pensato o si pensa di ricorrere magari a Sempronio, che vale, magari, un po' più di Tizio, ma no11vale certamente qùanto Caio. Chiunque conosce uomini e cose del vecchio Mezzogiorno può agevolmente dire quali e quanti sono i Tizi che si dovevano e si devono mandare a casa, i Cai che si dovevano e si devono chiamare a coprire certi ruoli finora assai mal coperti, i Sempro·ni cui non si doveva e non si deve ricorrere. Si obietterà che i Tizi e anche i Semproni sono molti, moltissimi, mentre di Cai ce ne sono pocl1i, e non sempre disponibili. Ma, fuori di ogni metafora, è necessario ed è possibile fissare alcuni punti, che sono i punti di attacco per co1ninciare a risolvere il problema della classe dirigente meridionale e della sua sintonizzazio,ne con le esigenze della politica di sviluppo e con lo spirito· del centro-sinistra. I punti di attacco sono ovviamente da individuarsi ai vertici di certi istituti della politica meridionalista. E allora, se si parte da questa premessa, non si dica che è in1possibile trovare il mo,do di assicurare una degna presidenza e una non n1eno degna direzione generale agli istituti bancari tradizionali, anche al « glorioso » Banco· di _Napoli, che deve essere ringiovanito e « rigenerato », se è vero ciò che in giro· si va dicendo, e cioè che questo istituto· perde quotidianamente quota e, mentre continua a vantarsi di essere « glorioso » per aver alleviato 8 Bibliotecaginobianco
.. Mezzogiorno, classe dirigente, centro-sinistra (non più che questo) nei secoli scorsi la miseria del Mezzogiorno, no11 riesce ad essere tanto efficiente da potersi proporre per i prossimi anni come istituto capace di co,ntribuire in modo determinante allo sviluppo del Mezzogiorno. E così non si dica che è impossibile ·assicurare a taluni giornali, fra quelli diffusi nel Mezzogiorno, una guida tecnica ed intellettuale che sia all'altezza dei compiti che sono propri di una stampa libera, moderna, co1 mpetente nel quadro di una politica di sviluppo civile. Quali sono poi le difficoltà insormontabili per cui si dovrebbe ritenere impossibile riqualificare - co·n qualche opportuna e tempestiva- operazione di potatura e con qualche operazione di innesto - come vero e proprio brain trust della politica meridionalista quel consiglio ·di amministrazione della Cassa per il Mezzogiorno che alc11ni mercanteggiamenti di sottogoverno hanno seriamente declassato nella funzionalità e che un criterio poco conform.e ai grandi co1npiti strategici :della Cassa mantiene confinato in compiti che 1111collegio di ragionieri basterebbe a svolgere? Si aggiunga a questo che, se si vuole veramente che l'Istituto per l'Assistenza allo, Sviluppo diventi un nuovo centro-motore della politica meridionalista, esso deve poter contare sulla guida e sul consiglio di uomini che risultino dotati di gra11di capacità tecniche, di eccezionale esperienza manageriale e di precisi attributi politici: si ·dévono e si possono trovare, questi uomini, così come si possono e si devono trovare una ventina di cervelli capaci di dare una direzio11e efficiente ed autorevole ai consorzi per lo sviluppo industriale nelle principali aree ~i industrializzazione. E infine, in linea generale, c'è una buona regola cui ci si dovrebbe ispirare tutte le volte che si tratta di scegliere la persona cui affidare una certa funzione nel Mezzogio,rno o per il Mezzo- - giorno: quella di evitare che la scelta cada tra i << vecchi elefanti » del trasformismo invece di portare alla pro,mozione di qualche « giovane leone » della politica di sviluppo, da funzioni subalterne a funzioni dirigenti. È fo·rse una regola inapplicabile? A proposito· dei giovani che devono essere promossi da funzio11i subalterne a funzioni dirigenti, o che dall'attività di studio dei problemi dello sviluppo economico· devono passare a un'attività di realizzazio·ne e di diretto impegno, si può fare, anzi, un discorso che fino ad o-ggi no11 .. è stato ancora fatto, o è stato fatto solo per accenni. Nç_w è vero _che mancano gli uomini nuovi. Ve ne sono che si sono formati 1n questì , anni e che una società piii dinamica, 1neno ancorata ad una vecchia concezione gerontocratica dei metodi di. reclutamento della clas.se dirigente, si sarebbe affrettata a reclutare per l'assolvimento di compiti che richiedono un èerto tipo di competenze e una capacità d'impegno politico appassionato: e richiedono soprattutto che si creda nelle co•se 9 Bibliotecaginobianco
Francesco Compagna che si è chiamati a fare. Noi, invece, in questo vecchio· e inetto· Mezzogiorno, i compiti che richiedono competenza tecnica, impegno, civile, volontà politica, ecc., li affidiamo ai « vecchi elefanti·» e co·ndanniamo a invecchiare nelle posizioni subalterne coloro che possono· diventare o già sono gli uomini nuovi. E allora capita, naturalmente, che molti perdono ogni capacità di impegno civile e la stessa capacità di credere· nelle cose in cui vale la pena dì credere; e altri - chi non vuole invecchiare così, chi vuole sfuggire al destino di subalterno a vita, chi vuole rivendicare la parte che gli spetta in una moderna ed efficiente meritocrazia - se ne vanno a fare i piani di sviluppo in Persia o in Egitto·, si fanno• reclutare come mercenari della politica di sviluppo• dalla grande industria o da società tipo Italconsult, magari da qualche organizzazione internazionale, si allontanano comunque dal Mezzo,giorno, dai problemi dello sviluppo del Mezzogiorno. Che è poi, tanto per fare un esempio, anche il caso- recentissimo di un giovane ed o,rmai autorevole esperto, che per anni ha dato contributi notevoli allo studio- dei problemi della politica meridionalista, alle discussioni intorno alla politica di sviluppo regionale, alla impostazione delle varie questio·ni che so·no in connessione con la politica di piano; e che, come o,ra apprendiamo, si è stabilito a Parigi, in seg11ito a un'offerta venutagli da un'organizzazione internazionale. Ma è un fatto che nessuno abbia pensato, a quanto ci consta, di chiamarlo a presiedere o a dirigere questo o quell'istituto della politica meridio·nalista. E - si badi - si tratta di un . democristiano. La verità è che in Italia, e in particolare per quanto riguarda il Mezzogiorno, il problema degli uomini nuovi non è stato posto, ancora in sede politica con la dovuta energia. Oggi il governo· deve convincersi di questo: che, almeno, per quanto riguarda il Mezzogiorno, si può commettere forse un errore quando, per assolvere questa O· quella funzione importante, ci si rivolga a un uomo· nuo-vo; ma si commette certamente un errore quando per_ la stessa funzione, invece che all'uomo nuovo, ci si rivolga a « uno• dei soliti », a un « vecchio elefante » del trasformismo, a un espo,nente degli ambienti tradizionali. Fino, ad o·ggi purtroppo i criteri di selezione dei quadri della politica meridionalista sono stati questi: perso-naggi la cui candidatura a questo o a quel « posto importante» rappresentava un co-mpenso per il mancato rinnovamento, del mandato parlamentare o per la mancata riconferma in un altro « posto importante », precedentemente occupato; personaggi la cui candidatura impegnava a fondo una corrente della DC, tanto più a fondo se questa corrente riteneva di aver diritto• a compensi perché altre correnti erano state precedentemente favorite nelle 10 Bibliotecaginobianco
Mezzogiorno, classe dirigente, centro-sinistra operazioni di sottogoverno; personaggi la cui candidatura, alla fine di estenuanti contese fra le correnti della DC, si imponeva co,me una di quelle che si definiscono neutre, che cioè non « danno fastidio,», né all'una, né all'altra corrente; personaggi la cui ca11didatura veniva imposta per così dire dall'esterno, magari per interessamento volenteroso di un cardinale che ovviamente di esigenze della politica di sviluppo, sul piano « dirigenziale » non può saperne gran che, e tuttavia pretende di immischiarsene, per favorire taluni suoi protetti, come spesso è avvenuto a Napoli e a Palermo; personaggi la cui investitura in funzioni del genere qui richiamata ha costituito il prezzo pagato dalla DC per le sue annose collusioni con la destra politica meridionale o per il reclutamento,, in concorrenza con la destra, del vecchio personale fascista. Con questi esempi dei criteri che sono stati adoperati per selezionare gli attuali quadri della politica meridionalista, non abbiamo certo esaurito tutta la ricca casistica degli anni del centrismo aperto· a destra, una casistica tanto fitta di varianti curiose e qualche volta scandalo,se. Ma c'è quanto basta per dare l'idea di come si è formata e di co,me è costituita la classe che attualmente controlla o qua11to meno co-ndiziona la gran parte degli istituti che devono attuare la politica meridionalista. Si aggiunga pure che, quando si parla di candidature a « posti importanti » avanzate e sostenute da correnti della DC, non si tratta di moderna partitocrazia, ma di vecchio trasformismo: nel senso che,: a proporsi come candidati delle correnti, e a volte anche come esponenti politici delle correnti, sono uomini di cui non si può dire che siano _ fanfaniani o· morotei, basisti o dorotei, per una certa visione generale delle cose, ma di cui purtroppo si deve constatare che lo sono- per una visione molto particolare delle cose: perché magari i fanfaniani no-n hanno in quel tale momento un loro candidato per quel « posto importante », da contrapporre al candidato dei dorotei, e allora conviene farsi fanfaniano, per poter avanzare la propria personale candidatura e occupare il « posto importante » cui si aspira, o quanto meno· per poter poi pretendere qualche compenso. Stiamo attenti, adesso. I socialisti possono, anzi devono, pretendere l la loro parte di pubbliche responsabilità nella vita amministrativa ed economica del Mezzo,giorno, soprattutto del Mezzogiorno; ma certi ambienti democristiani possono essere interessati a coinvolgere il PSI nel vecchio gio·co·: a me la presidenza, a te la vicepresidenza di quell'lsti- ; tuto barese; e viceversa per quell'altro Istituto, materano,. Certo si deve ammettere che in parte tutto questo, è inevitabile, rientra nella più concreta e appassionante trattativa politica, in u11 11 Bibliotecaginobianco
Francesco Compagna complesso di negoziati fra partiti che soltanto i qualunquisti cl1iamano 1 spregiativamente mercato• delle vacche, quando si svolge a livelli di gover1 no, e, per analogia, sottomercato delle vacche, quando·, si svolge a livelli . minori. Ma tutto sta a vedere a quali tipi di uomi11i si vuole fare appello, ' da parte democristiana come da parte socialista, socialdemocratica e reI pubblicana, per interessarli all'azione pubblica, per investirli di pub-· bliche respo-nsabilità, per associarli all'attuazione della po1itica di centro- ! sinistra. Un go·verno come questo ed una maggioranza come questa, I un governo cui partecipano· direttamente i socialisti e una maggioranza che si è raccolta intorno a un pro 1 gra1111na che vuole essere di sviluppo economico• e di rinnovamento civile e di progresso sociale, non posso•no lasciarsi imporre la soluzione dei problemi relativi al controllo, dei centri di decisione in base al vecchio gioco· delle clientele personali e di partito, 'ma devono affrontare tali problemi di slancio e con criteri nuovi, onde ne derivi un effettivo rafforzamento e una progressiva ·riqualificazione 1 di tutta l'azione pubblica. È evidente che, per quanto riguarda il Mezzogiorno, tutto risulta più urgente e naturalmente anche più difficile. E tuttavia, come si diceva, i punti di attacco sono chiaramente riconoscibili e poche operazioni « di vertice », tempestivamente attuate, possono mettere in moto un processo di liquidazione del veccl1io notabilato e sollecitare l'avvento di una 11uova classe dirigente, condizione indispensabile perché la politica meridionalista possa avere ulteriore corso e possa risolversi nella grande i1npresa della de1nocrazia italiana -che tutti abbiamo· sognato e continuiamo, a sognare. Non che finora l'impresa non abbia sortito risultati, tutt'altro; ma è stata rallentata e condizionata, come prima dicevamo, dalla capacità di resistenza e di infiltrazione degli ambienti tradizionali, obbiettivamente antimeridio,nalisti. È lecito- pretendere dal centro-sinistra uno sforzo, politico coerente per creare nuove e migliori condizioni per lo svolgimento dell'impresa meridio·nalista e per il raccorciamento dei suoi t_empi. Ma tutto· questo· significa, appunte), pretendere che si faccia appello a uomini nuovi. Fu Guido Dorso che scrisse una volta presso a poco parole come queste: se vogliamo risolvere la questione meridionale, do.bbiamo, trovare «- trecento uomini di ferro», capaci di dedicarsi ·interamente a quest'impresa e soprattutto fermame11te convinti del valore di un'impresa del genere. Ora noi no-n li trovere1no mai nel vecchio Mezzogio.mo ufficiale, questi « uo.mini di ferro ». Ma possiamo in parte reclutarli nel resto del paese e in parte anche nel Mezzogiorno stesso, fuori dalle sfere ufficiali. E in questo senso 1 - lo ripetiamo aL1cora una volta - dobbiamo cercare fra coloro che oggi assolvono funzioni subalterne, 12 Bibliotecaginobianco
Mezzogiorno, classe dirigente, centro-sinistra I ma sono maturi per assumere funzioni dirigenti, per diventare una forza di prima linea. A costoro si deve, naturalmente, dare prima fiducia, anche a rischio 1 di commettere erro 1 ri e anche se tra gli « uomini nuovi » molti si dovessero rivelare inferiori alle promesse; e da costoro si deve pretendere che sappiano reagire alla promozione con uno spirito di équipe politica moderna. Facile a dirsi, tutto questo, difficile a farsi? Certamente. Ma non impossibile, e comunque indispensabile. Quali debbano essere le tappe del rjnnovam~nto qui proposto, può riuscir chiaro a tµtti: 1) formare I ed affiatare una efficiente équipe di nuovi dirigenti per la politica meri- , dionalista, cercando i vari elementi da promuovere a membri di tale / équipe dovunque indicazioni che sono note a tutti fanno presumere di .l I poterli trovare; 2) procedere a un rapido e simultaneo cambio della guardia dovunque la situazione attuale lo richieda; 3) sollecitare gli uomini nuovi che devono assumere la guida della politica meridionalista a formar~ altre équipes di uomini nuovi, intorno, agli istituti che alcu11i di e~si sarap.no chiamati a presiedere e a dirigere. Si tratta, I beninteso, di tappe ideali o, meglio, meto,dologiche, non crono-Y logiche, perché l'esigenza suprema della alacrità e della tempestività deve passare sempre innanzi ad ogni altra. E per quanto w1 discorso del genere possa sembrare illuministico, per quanto esso possa degenerare in una fo,rmula di sapore temocrati~o, non c'è o,ggi altra via che sia tanto necessario imboccare come questa che dovrebbe portare al rinnovamento in concreto della classe dirigente operante nel Mezzogìorno e per il Mezzogiorno,. È certamente vero che è difficile trovare gli uomini nuovi e sostituire coloro che devono essere sostituiti; ma -non possiamo arrenderci di fronte a questa difficoltà e possiamo pretendere che i titolari della politica di centro-sinistra non si arrendano do,po aver constatato che è una difficoltà. ' FRANCESCOCOMPAGNA 13 · Bibiiotecagi nobianeo
\ Cummeo al bowling di Domenico Rea Domattina dal nostro libraio potremmo tro-vare fresco- di stampa ,, un ennesimo romanzo o libro di racconti su Napoli, la Sicilia o la Calabria, la Basilicata o la Puglia ed essere costretti a ricrederci sulla validità di una materia a prima vista scontata. A rigore, gli argomenti trattati dal Verga nei Malavoglia o nel Mastro Don Gesualdo, dalla Serao nel Paese di Cuccagna, nella maggioranza delle no,velle e dei suoi saggi, persino dal Mastriani nei suoi 107 romanzi, in alcuni ambienti, potrebbero essere attuali. L'uomo che vendeva ciliege, dando la voce di porta in porta e tor1nentandosi per l'indifferenza della bella porticese, questo simpatico eroe di una delle più alte liriche di Di Giacomo, cammina ancora per le nostre strade. Verga e di Di Giacomo, Mastriani e la Serao, sarebbero anco,ra nel vero e i loro eroi rintracciabili e rico•noscibili. Ciononostante, e sia pure rinnovati e adattati a particolari ambienti sopravissuti, questi personaggi difficilmente potrebbero dirci qualcosa di nuovo. Essi lo dissero ai loro tempi e agli uomini del loro tempo. Assolsero in pieno il loro· compito. Noi invece vorremmo sapere qualcosa dei nostri tempi, della nostra vita corrente, di noi stessi come protagonisti consci o inconsci di una età diversa; giacché è bene dirlo francamente: oggi il problema del vecchio e del nuovo nella narrativa 1neridionale comincia a identificarsi con quello relativo alla letteratura d'invenzione d'ogni Paese. Accoglieremo sempre con molta aspettativa nuovi libri di narrativa meridionale, ma se in essa rileveremo la presenza delle frane verificatesi nel nostro sottosuolo. Il XIX secolo è finito appena l'altro ieri. Il suo sipario insanguinato cadde in un giorno qualsiasi dell'ultima grande guerra e il XX spuntò da un abisso di dolore inimmaginabile, cominciando a distribuire a ciascuno di noi vestiti rassomiglianti più a tute che ad abiti su misura. L'ultimo conflitto, a differenza del primo, deve la sua enorme risonan~a nella letteratura e nelle altre arti per essere riuscito a ridurre a quota zero tutte le ambizioni dell'uomo, a piegare, e a spazzare, a tabula rasa, il tradizionale sistema di pesi e misure, di avere e non avere della vecchia società. I delitti commessi furono tanti e così gravi da ridurre 14 Bibliotecaginobianco
Cum1neo al bowling immediatamente a livelli molto modesti pene e sofferenze che dai tempi di Omero avevano trovato un'ininterrotta comprensione. La crepa - aperta da quel cataclisma deforma ancora la terra e per quanto ci si sia adoperati a colmarla si rivela incolmabile e insuperabile. Ecco perché soltanto in quegli anni ebbe fine il vecchio e glorioso secolo, che aveva però avallato anche un infinito numero d'ipocrisie e ingiustizie. Per uno strano e avventurato destino però il conflitto lasciò il suo segno anche su noi, dico nei vec~hi casolari del Sud, e gli uomini ne rimasero folgorati o illuminati, ma, nell'un caso come nell'altro, in modo definitivo. Di conseguenza anche la letteratura meridionale ebbe una battuta d'arresto, ma s'illuse di proseguire per la sua strada buttandosi come un uomo a caccia nella foresta, come un reporter in cerca d'istantanee; e alcuni di essi seppero ritrarre immagini indimenticabili. Poi, intervenne qualcosa. Alle istantanee seguirono alcune banali fotografie di uomini fermi ancora agli « astratti furori » mentre il cammino, il grande esodo· fisico e spirituale dei sud-ici era cominciato e si sarebbe rivelato ben presto inarrestabile. Da allora vita reale e arte nel Meridione cominciarono a divergere. Sarebbero stati necessari ulteriori approfondimenti, anzi si sarebbe dovuto comin .. ciare finalmente ad approfondire. Le tematiche al contrario si confusero. Il Mezzogiorno tentava di unificarsi in un solo moto di protesta e di resurrezione, di rompere e scavalcare le dure frontiere regionali e la narrativa si attardò a ricercare cause remote, valide nell'altro secolo. Preziosi, meravigliosi libri ci furono dati in lettura, ma cominciammo a sentirli inadeguati. Sfuggiva ad essi quel complesso numero - di fatti assai più problematici dei termini costanti di fame, ignoranza e miseria. E letti i bei libri di fantasia e ripostili sul piano più autorevole della biblioteca, per orizzontarci, cominciammo a sfogliare in segreto altri libri ricchi di dati, statistiche e note su un futuro già in via di sviluppo anche tra noi, nelle nostre case, nelle nostre anime. Prenderò ad esempio il mio stesso lavoro, svolto con tenacia e fede per. alcuni « lustri » fino a quando cominciai ad avvertire i primi sintomi di girare a vuoto. È un lavoro del quale da parte mia sarebbe a - morale non riconoscere la validità, ma a patto di collocarlo negli anni in cui lo svolsi. Ora, quando rileggo una mia vecchia pagina, mi ritrovo ingenuo, semplicistico, uno scrittore di favole. Saranno favole amare, belle o brutte, vero è che oggi non le riscriverei, chiederei molto . . di più a me stesso, anche a costo di restare a un livello inferiore alla mia prima maniera. Chi era, mi chiedo, il personaggio della novella: La signora scende a Pompei? Una vecchietta in autobus sorpresa dal 15 Bibliotecaginobianco
• Domenico Rea fattorino sprovvista di biglietto e obbligata a discendere trenta chilometri prima dell'arrivo a destinazione. Chi era Cilmmeo? Un adolescente del sottoproletariato campano, così povero da desiderare una camicia. Aveva vergogna di farsi vedere col petto nudo e il colletto della giacca rialzato. Fatti terribili, certo, e tipici di quegli anni. In me trovarono, prima di un artista, un uomo commosso; e quasi per assol-. vere a un dovere sociale più che per dar sfogo e chiarezza a un empito d'arte composi le omonime novelle di Citmmeo e della Signora scende a Pompei. Oggi non mi commuoverei facilmente. Non mi comporterei allo stesso modo. A Cummeo consiglierei di trovarsi un lavoro· e se non lo trovasse a Nofi gli consiglierei di emigrare al Nord o in un Paese straniero dove sono certo troverebbe mille occasioni di lavoro e guadagni, sia pure minimi, ma in grado di liberarlo dalle angustie della miseria. Verso la Signora mi comporterei forse in modo banale : le offrirei il biglietto, pur di farla smettere dai lamenti e se non avessi i soldi per con1piere il bel gesto le direi di restarsene a casa o di 110n 1nettersi in quelle situazioni o non so che cosa. Vero è che né Cummeo né La Signora mi basterebbero come storie autonome. Appes·antireb1?e la mia mano il dubbio di trovarci di fronte a due casi sporadici, mentre dieci anni or sono la condizione sociale di Cummeo e della Signora era comune a milioni di uomini del Sud e data questa condizione generale i casi di Cummeo e della Signora potevano aspirare alla esemplarità. Quelle mie storie furono di fatti accolte con benevolenza. Il lettore le riconosceva, vi si riconosceva. Ma oggi quale sarebbe l'accoglimento del lettore se io gli offrissi da leggere la continuazione di quelle storie? Nel caso migliore si annoierebbe. Nel caso peggiore potrebbe buttar via il mio libro e sostenere che no11 ho più niente da dire: « Sempre la stessa lagna! Sempre la stessa lagna! » E io gli darei ragione e per · due motivi. In primo luogo, per la sostanza eccessivamente classista dei casi trattati, in secondo, per la peregrinità dei tipi assunti a eroi: Cummeo privo persino della camicia e la vecchia signora popolana, misera al punto di non avere una moneta da cinquanta lire. Estremismi letterarii, avrebbe detto Tolstoi, del quale vale la pena di ricordare una sua precauzione abituale, anche se a volte da lui stesso tradita. Tra un personaggio zo-ppo ed uno normale, Tolstoi preferiva il secondo. Gli uomini in maggioranza hanno le gambe diritte (o storte secondo natura). Gli storpi costituiscono una minoranza. I Cummei e le Vecchiette dieci anni or so·no potevano costituire una maggioranza. Oggi sono una minoranza. Ma volendo ancl1e ammettere che formino ancora una maggioranza, le istanze populistiche sono divenute giudizio co16 Bibliotecaginobianco
.... ,.. Cummeo al bowling mune, catalogate tra le cause ovvie. Non v'ha governo che non le tenga presente e non si riprometta di risolverle una volta e per sempre. Appartengono a quella serie di casi gravi, sviscerati e illustrati dalla letteratura meridionale vecchia e nuova e consegnate nelle mani di sociologi e politici. La letteratura d'invenzione sociale ha assolto· il suo compito e dovrebbe ritenere pleonastico ogni ulteriore insistenza in questo senso. I libri di Levi e di Scotellaro furono fecondi di casi al limite della paranoia e dell'ossessione. « Re di Provincia », invoca l'Uomo del Tricolore dei Contadini del Sud di Rocco Scotellaro, « in poche e povere parole mi spingo alla mia dura avventura e cerco chi mi applica la carta sul sedere (yoglio dire chi va trovando lite accendendo le carte di dietro agli altri). Re di Provincia (sarebbe il prefetto), vi presento questo mio conto, cioè una leale fattura. Sto in aperta campagna, cuocendo la mia famiglia con cinque figli (li obbligo a stare qui, non stanno di - loro volontà) e servendo e coltivando un popolo balocco· e scemo. Vi presento questo conto di vino da sottrarre una cifra; la cifra che io non digerisco è il Dazio. E mi rivolgo a Voi, Re di Provincia. Il mondo gira, la. storia parla, la parola nasce dal dono di natura e si ingrossa dai duri martìri vostri. Sono italiano, ma l'Italia è mansionata da infami, ladri e barbari. La vita è una storia ma da farla ... Il secolo ritorna e ora siamo nel secolo dei no.bili ignoranti, pieni di bene e di vaste comodità usurpate ad un popolo balocco e scemo, ed io mi voglio di~tinguere innalzando la mia bandiera a lutto, essendo la bella Italia ricaduta nuovamente sotto il regime burocratico. Figlio di patria e vivo Italiano, alle dure avventure, grande invalido Mulieri. » I personaggi di Scotellaro partono da una co_ndizione verghiana e spronfondano in t~rmenti, senza uscita e quasi pirandelliani, con questa differenza: le misere creature medioborghesi di Pirandello rispettavano alcune forme di decoro e gli ultimi figli della miseria meridionale, come il Figlio del Tricolore, grande invalido Michele Mulieri, erano spinti al furore perché ai loro corpi si « erano appiccate le mignatte maligne »,. inseguiti dai maghi, dai proprietari. Nel mondo napoletano, a cominciare dalla disperata cronaca d'Incoronato ( Scale a San Potito-), a quelle i~dimenticabili della Ortense e di Bernari e alle recenti dell'Ottieri, la condizione sociale fu sottoposta a un'accusa implacabile fino a toccare momenti di sincera poesia. La letteratura cosiddetta sociale può dunque stare tranquilla_. Può affermare con orgoglio di avere anticipato movimenti e correnti di cultura e di idee progres~ siste, illuminando casi normali e anormali. Ha però, per così dire, divorata la materia tradizionale ·e rivoluzionaria e non riesce più a 17 Bibiiotecaginobianeo
Domenico Rea renderla vergine co·me le cose di prima mano. Una prova assai significativa è stata offerta tre anni or sono da Eduardo De Filippo, con la sua commedia Il figlio di Pulcinella. L'erede della « fatidica» maschera questa volta vuole smettere di fare la macchietta, vuole scaricarsi dello scempio di deridere se stesso e di vantarsi di tutte quelle male azioni, un tempo en1pirica summa del vivere. Egli promette a se stesso di diventare un lavoratore, un cittadino. Da tempo De Filippo ha intuito che le fondamenta sociali del suo vecchio teatro avevano subito alcune gravi scosse ed è pervenuto a forme più complesse, anche se meno riuscite, d'indagine teatrale. La miseria non predomina più 11ei suoi lavori. Lo stesso Marotta negli ultimi tempi era stato assalito da serii dubbi. L'accanimento posto nel difendere il suo giardino napolitano denotava il tremore della sua fede. Marotta si auspicava come una continuazione dei riti, degli usi e costumi della vecchia Napoli. Non si accontentava di considerare la vecchia città come una « sua » felice immagine po1etica, ma avrebbe voluto che gli altri stimassero quella sua preziosa immagine specchio anche di una realtà materiale. Sosteneva che i suoi personaggi esistevano in carne e ossa. Ne conosceva l'indirizzo di casa. Invitava i denigratori presunti no·n della s11a Napoli i1nmaginaria ma di quella che_ lui riteneva reale ad accompagnarsi a lui in una ispezion~. Ma a disporci sul chi vive eran pro,prio le sue insistenze, i suoi inviti a compiere prove locali, la sua rispettabile fede, che, come ogni fede, non aveva bisogno di quell'altro genere di prove, assai più reali, capaci di dimostrare, svuotare e sfatare lo stesso dato di fatto e ridurlo a un ingannevole corpo di reato. Figure e personaggi di Marotta esistevano ed esistono. Chi potrebbe negarlo? Forse che non camminano, per le strade del nostro remoto Regno, birocci e calessini, carrozze e carrette a balestre? Certamente. La trazione animale è ancora il mezzo di locomozione della grande maggioranza. dei contadini. Ma a nessuno salterebbe in mente di affermare che la nostra è l'età della trazione animale essendo a tutti noto che è invece l'età della trazione a motore. Alla stessa stregua vanno viste e giudicate le superstiti e a volte rigogliose dinastie umane del nostro passato. Esistono, ma per un moto d'inerzia. Gioiscono e soffrono, ma di gioie e sofferenze risapute. Illuminante esempio il delitto d'onore. Il marito trova la moglie in actu con l'amante e l'uccide. Bravissimo, egli ha difeso il suo onore. Per noi il suo onore non valeva la morte di un uomo, quanto si voglia fedigrafo e non ci trova consenzienti .. Se dipendesse da noi condanneremmo il ll!arito come un qualsiasi assassino. Mezzo secolo fa Di Giacomo scriveva Assunta Spina, 18 Bibliotecaginobianco
Cummeo al bowlfng che è una commedia che gira intorno al delitto d'amore, parente stretto a quello d'onore; la « sceneggiata » napoletana elevava un inno allo stesso genere di delitto e la « canzonettistica » vi aggiungeva mille e una canzone. Ma Arpino due anni or sono scrisse un romanzo ironico in cui l'avvocato difensore del marito tradito, che una volta strappava lagrime al pubblico e clemenza ai giudici, veniva ridotto a un ridicolo istrione. Un ennesimo scrittore potrà assumere di nuovo un ennesimo delitto d'onore ad argomento di un suo libro e in difesa dell'uomo tradito, arricchendo la vecchia storia di nuovi particolari, ma il lettore finirà per decretare, come si comporta con la cronaca dei giornali: « Ecco un'altra inutile delitto d'onore! », così come ciascuno nel suo ideale diario annota: « Solita scenata questa mattina tra alcune donne al Pallonetto! Solito svenimento di un giovane povero alla Torretta! » Indifferenza, abitudine, cinismo? È probabile; ma limitatamente alla situazione locale, dal Pallonetto alla Torretta. Diversa sarebbe la nostra reazione se il vecchio mondo meridionale rispecchiasse condizioni autonome, ma aperte e riconoscibili anche da lettori di ogni altro luogo. Si entrerebbe nell'esemplare e nel tipico. La chiassata delle donne del Pallonetto esemplificherebbe quella delle donne di tutto il mondo. Ma noi sappiamo che le donne di tutto il mondo, ivi comprese quelle napoletane, che a buon diritto fanno parte delle donne di tutto il mondo, sono lontane dal far chiassate per i più futili motivi in piena strada . . Qui è il punto! La letteratura meridionale corre il rischio di lavorare a temi troppo circoscritti a un ambiente, di appassionarsi ad argomenti incomprensibili appena fuori della cinta daziaria del villaggio, della città o della provincia; e se vuole aspirare a un ulteriore sviluppo, e vi sono notevoli segni di ripresa, deve evolversi e cambiar rotta. Essa non solo non può continuare a percorrere le strade aperte dai suoi grandi padri, ma deve dimenticare anche la loro lezione. Gli antichi non possono dirci più nulla. Possiamo solo godere della bellezza delle loro opere d'arte così come le ottave dell'Ariosto ci fanno comprendere meglio alcuni aspetti del suo grande secolo. Ma strutturalmente dalle loro pagine non si ricava un consiglio, un ammonimento e meno che mai un metodo di lavoro. È il punto di vista che è cambiato, che deve cambiare, se vogliamo sottoporre a un'interpretazione originale il materiale affiorante dalle vaste crepe della società contemporanea, compresa quella meridionale, sottoposta più delle altre, o con maggiore evidenza e casi vistosi, a modificazioni. I personag.gi di fondo della narrativa tradizionale, il plebeo e il cafo·ne sono scomparsi e gli ultimi esemplari sono co111:edei pezzi sai19 Bibliotecaginobianco
Domenico Rea vati dalla distruzione e conservati nelle teche di un museo. La scomparsa di questi due personaggi chiave, passati dal rango di protagonisti a quello di comparse - ed eran stati portati alla ribalta sia dalla ricerca sociologica classica sia dalla narrativa dell'800 - dev'essere considerato come il fatto più straordinario verificatosi nel Mezzogiorno. Con il plebeo e il cafone sono decaduti anche i miti e i simboli, gli stemmi e le insegne, le- torri, i castelli e i muri di _cinta, le stratificazioni di diritti incrollabili, cioè a dire le vecchie cose, come_ ebbe a scrivere di recente Vittorini, posso-no avere ancora un valore solo nel caso di sopportare la sostituzione delle nuove cose. Le vecchie appartengono alla terminologia naturalistica sciupate e consunte dall'uso. Cavallo, carretto, servo, pastore, padrone, bandito, guappo·; finestra, balcone, villaggio-, campane, tratturo, seminato; e gelosia, onore e disonore, proverbialità ed esperienza. La tavola da pranzo patriarcale, in America come a Bisceglie, è stata sostituita dal televisore. E un frigorifero portato in una tribù a lungo· andare altera le sensazioni. Una casa nuova, non padronale, dell'edilizia minima popolare, isola in un mondo remoto e nel disprezzo il pagliaio, il tugurio, il casolare e sollecita e sveglia nuove ambizioni; e laddove le vecchie cose sussistono, quasi indipendenti dalla volontà umana, si sono venute a creare delle società di spostati, di creature enormemente co-mplicate. Lé:tconnivenza con le vecchie strutture stride in modo insopportabile con le nuove o con quelle che potrebbero, che dovranno diventar tali. Tutto ciò crea un infaticabile esercizio di attesa e. dà la suggestione agli uo,mini · di aver finalmente posto le mani sui nuovi beni dall'irresistebile fa- • scino. Ecco la nuova creatura del Sud: è sempre 'un terrone in città', anche se resta nel suo villaggio. Può cioè essere ancora costretto a restare nel suo paese di cinquecento anime, ma col pensiero è andato oltre i limiti del suo tradizionale orizzo11te e sa che di là - ne ha le prove - vi sono m_ondi concreti, tangibili e abitabili. L'orizzonte delle creature verghiane, balenante miraggi, è stato sfondato. Posto ,il caso che esista ancora una donna come la Diodata di Don Gesualdo, serva del maschio, si tratta pur sempre di un'altra Diodata, diversissima, l'anima della quale è stata sottoposta a nuove emozioni ed esplorata dai raggi della radio e della televisione. Per questa serie di motivi chi oggi osserva la società meridionale ritrae lo sguardo confuso. Passa per villaggi e paesi, a volte, per circondari e province deserti e abbandonati. Gli abitanti si sono come volatilizzati: sono emigrati, ma in uno stato d'animo molto diverso da quello che_ accompagnava l'emigrante classico. Il vecchio emigrante partiva in condizioni disperate, 20 Bibliotecaginobianco
Cummeo al bowling con l'idea incarnata che la sua Patria era povera e non poteva sfamarlo e coprirlo. Partiva quasi sempre per un viaggio senza ritorno. Il nuovo si allontana dal suo paese nativo come un contadino che si rechi al mattino al suo campo lontano ma pur sempre nei termini del suo ambiente, certo di far ritorno a casa la sera. Nel suo relativamente breve viaggio l'emigrante (a bordo di un treno· o· di un aereo, questa volta) ha però l'occasione di fare esperienza del nuovo, cui anela e ritorna con le nozioni di questa esperienza, deciso a realizzarla sul luogo nativo. Egli vuol restare dov'è nato. Egli sa che la sua Patria può e deve sfamarlo, e deve metterlo in condizioni di salire al grado di un'elevata dignità sociale, anche se quest'ultima dovesse venire a configurarsi con l'anonimato del benessere standard. Si confronti questo cafone in cammino avanti e indietro per l'Italia e l'Europa e che peraltro resta legato al suo ambiente con quello del passato. È semplicemente un altro uomo e per comprenderlo si rendono necessari strumenti nuovi. Nell'impianto dialettale e analfabetico della sua lingua s'innestano spezzoni plurilinguistici di altri linguaggi. Abitudini, costumi, pregiudizi, terrori carnali sono stati lacerati. E dove sono questi eroi plurivalenti nella narrativa meridio·nale (e nazionale)? Si è scritto e si continua a scrivere fingendo a noi stessi e come a prescindere da quanto si verifica giorno. per giorno. Molti cercano di sfuggire il proble1na o lo aggirano, cercando di conferire alle loro opere sovrastrutture europeizzanti e mondanizzanti, senza riuscire per altro a dirci una parola nuova e tanto meno a centrare il cuore del nuovo personaggio. Che esiste e a uno· stato avanzato. Alcuni scrittori, vistisi sottratti il materiale umano e ambientale d'accusa, appaiono come indispettiti e dispiaciuti. Milioni di uomini, che noi avevamo svisceratamente appoggiati con alcune nostre pagine trionfanti ad uscire dalla soggezione, conoscono finalmente, per così dire, il sapone e credono di essere scampati ai diversi e complicati incubisimboli della più spregevole condizione umana e letteratura, giornalismo, etc. sono in agguato: pronti a sorprenderli in strada, nei supermarkets, in auto, sulle spiagge, ai monti, al week-end, per negar loro la qualifica di uomini e appallottarli in un'unica immane mollica di pane. Il nuovo, che, a volte, è relativo e immaginario ed altre è totale e concreto, con alcuni aspetti implacabili, ci ha colto di sorpresa. E questo nuovo, come si diceva, si è manifestato, e in forme tutt~altro che alienanti, particolarmente nel Sud, decretando la fine sia della letteratura a carattere sociale sia di quella a carattere intimistico-psicologica. Così come non si può ridire la storia delle pene della solita 21 Bibliotecaginobianco
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