Nord e Sud - anno X - n. 47 - novembre 1963

..... ,... Giornale a piu voci ~ del resto per riportarci al centro della questione che stiamo esaminando. Se è oltremo 1 do lodevole lo spirito «europeistico» che anima la maggior parte dei parlamentari euro·pei, è anche vero che esso corre il pericolo di diventare fine a sé stesso e dì svuotarsi di significato. Qui si può richiamare quanto sopra si diceva sulla lotta al gollisn10. Anche per la Università Europea ci si è troppo irrigiditi su posizioni prestabilite, per la preoccupazione - spesso giustificabile - di un attentato alle concezioni genuinamente europee, ma finendo per perdere di vista il vero scopo da perseguire. Senza scendere a compromessi, si possono ancl1e aggirare le posizioni dell'avversario, sconfiggendolo con la sua stessa tecnica, p,urché, evidentemente, si tenga fermo il fine da raggiungere. Non potendo ottenere l'accordo per una università comunitaria, l'importante, dopo le decisio11i di Bonn, era trasferirsi su di un altro piano e cercare di fare pressioni sul governo italiano perché questi agisse in modo da far rientrare dalla finestra ciò che si era fatto t1scire, a Bonn, dalla p·orta. Si potrà obiettare che, in parte, ciò si è fatto, ma che ci si è trovati, questa volta, di fronte all'inerzia del governo italiano. Tale obiezione è giusta; solo che rimane da stabilire quanto veramente si sia fatto e da ricercare le cause più remote dell'insuccesso, prima, e dell'inazione, poi. E qui ci trasferiamo nel campo della struttura e degli scopi dell'istituenda università. Doveva - e deve - questa essere una università tradizionale (tale, in particolare, la posizione del Parlamento Europeo nella sua maggioranza)? Oppure è necessario prevedere un istituto postuniversitario, con diploma di dottore europeo (tale, sostanzialmente, l'impostazione data dal Comitato interinale)? Sia nell'uno che nell'altro caso, corsi per un numero più grande possibile o, viceversa, massima specializzazione, ed in particolare, per alcuni, limitare solo alle materie scientifiche - soprattutto fisica - o alle materie riguardanti le Comunità europee? Senza voler dar .prova di faciloneria, e far giustizia sommaria di opi11ioni rispettabili sostenute da eminenti personalità, riteniamo che ci si è molto dibattuti intorno ad un uovo di Colombo. Non ci si è posti, cioè, il quesito che un indirizzo non contraddiceva necessariamente gli altri. Perché non fondare un organismo con1plesso, comprendente, sul modello francese, un .ciclo universitario in senso stretto e un ciclo post-universitario, concludentesi con un « dottorato europeo »? E per quanto riguarda il numero di materie, non vedian10 perché non si possa prevederne un numero alquanto esteso, garantendo nello stesso tempo un posto ragguardevole agli argomenti così detti europei. ~oncepire un istituto solo di studi europei è cosa da escludere, chè esso rappresenterebbe veramente un doppione nei confronti degli atfuali istituti europei (come quelli di Bruges, Nancy, Torino o Fontainebleau, per citarne qualcuno) e non adempirebbe alla funzione politica che può esercitare un'università europea ad ampio respiro. Ma allora (e questa è l'obiezione mossa da personalità accademiche) non rappresenterebbe invece un doppione - pericolo, secondo gli an1bienti universitari - nei confronti 65 Bibli.otecaginobianco

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