Giornale a piu voci potuti giungere alla delibazione integrale dei veri n1arxistici, dopo un periglioso ma fecondo « lungo viaggio» che sdegnava le fermate intennedle sollecitate dall'a religione della libertà e da altre inezie del genere; si è parlato disinvoltamente di una « generazioine degli anni difficili » sedotta sì dal fascismo, ma anche abbandonata da Croce; si è infine scoperto che, se era innegabile che Croce aveva studiato Marx, non era meno possibile affermare che implicitamente Marx aveva previsto e superato in anticipo Croce e la sua « metafisica idealistica»; e infine si è cominciato e proseguito a dissodare e ripulire campi e campicelli della povera cultura italiana resa asfittica e inetta da mezzo secolo di « nazionalismo » crociano. Di fronte a codesto pullulare solfatarico di stupidità e di menzogne, che purtroppo agli occhi inesperti di tanti giovani possono perfino apparire « importanti risultati» dei nostri studi più recenti, il volumetto di Comunità si presenta in vesti e atteggiamenti dimessi e pacati. Come flebile risuona infatti la voce della ragione quando il delirio bacchico (non quello hegeliano) degli interessi immediati occupa e insudicia le severe vie della ricerca! Eppure, come De Sanctis ripeteva della libertà nella carcere borbonica dov'era rinchiuso, essa vince anc·he quando perde, perché la sconfitta della ragione non solo è sempre provvisoria, ma disonora sempre coloro stessi che ne sono stati la causa. Intanto ascoltiamo volentieri De Caprariis, che ci testimonia come la Storia d'Europa si co,llochi per lui diciassettenne agli inizi dei suoi interessi politici e della sua formazione di uomo libero, che nel Croce ammirò soprattutto la sua capacità di combattere e dissolvere i miti, la sua lunga lotta, attestata dalle sempre vive pagine della· famosa rivista, « contro il dottrinarismo den1ocratico di derivazione positivistica come contro la guerra lirica che si ispirò all'impresa di Libia, contro le fortune dell'irrazionalismo nella cultura italiana dei primi decenni del secolo, come contro la sete di avventure e di sangue degli ulissidi della prima guerra mondiale, contro le nuove mitologie statalistiche come contro l'autoritarismo fascista». E soprattutto impariamo con profitto da Valiani che nelle carceri e nei campi di concentramento· della dittatura la generazione antiretorica che si preparava alla Resistenza e alla costruzione della nuova democrazia italiana leggesse e rileggesse le opere di Croce, che offrivano a tutto l'antifascismo « una concezione dello Stato che gli consentiva di condurre · la lotta contro il regi1ne trionfante con ·duro realismo, senza debolezze sentimentali e illusioni di sorta». E poiché a Croce si è imputata oltre il ragionevole la st1a iniziale posizione nei confronti del fascismo, Valiani, con l'autorità che gli deriva dall'aver pagato di persona e dalla eccezionale conoscenza dell'ambiente degli esuli e dei perseguitati dalla dittatura, così veritieramente precisa: « In quel contesto aveva scarsa importanza che - ritenendo di dover reagire a precedenti feno,meni di demagogia - Croce stesso avesse accordato, fino al '24, il suo voto di senatore al governo di Mussolini. Dal giorno i11 cui, st1 sollecitazione di Giovanni Amendola, Croce aveva steso e pubblicato il 'Manifesto degli intellettuali', l'antifascisrno era fiero di poterlo contare fra i suoi. In condizioni in cui 55 Bibliotecaginobianco -
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