Girolamo Cotroneo tura intellettuale», com.e scrive il De Caprariis p.ella sua lunga e lucidissima introduzione, « ha in sé qualcosa di esemplare e... pur con i suoi limiti ed i suoi scacchi ... merita di essere meglio conosciuta» (p. 10). L'intro·duzione che il De Caprariis ha permesso alle pagine di Becker, e che costituisce un vero e proprio saggio sul pensiero dello storico americano, permette di seguire mo,mento per momento l'evoluzione intellettuale dell'autore della Città celeste e di penetrare nell'ambiente culturale presso il quale questi si formò ed operò: dagli anni di formazione presso Frederick J. Tumer, le cui lezioni aprirono l'orizzonte culturale ed indirizzarono agli studi storici il non ancora ventenne Becker, a quelli di perfezionamento a Columbia durante i quali venne a contatto con Herbert L. Osgood, che doveva istillargli il gusto della ricerca accurata e del rigore scientifico, e con James H. Robinson, col quale iniziò gli studi di storia europea verso i quali si sarebbe poi indirizzata gran parte della sua produzione; dai primi anni di insegnamento presso il Pennisylvania State College, fino agli anni della maturità e della miglior parte della sua produzione, il De Caprariis permette di seguire l'« avventura intellettuale» di Carl Becker dalla sua genesi sino alle ultime fasi del suo sviluppo attraverso tutte le influenze culturali che la condizionarono, ed esaminando criticamente tutte le opere della vasta produzione del Becker segnalandone le felici intuizione ed, ove occorra, i limiti e le insufficie112e. Certamente la parte che interessa il lettore che non sia appassionato soltanto 1 di studi americani, sono le pagine metodologiche del Becker che il De Caprariis con scelta felice ha inserito fra gli scritti raccolti in questo volume e che ne costituiscono la più parte, poiché è da esse che_ risultano quei motivi fondan1entali dellà problematica beckeriana, già delineati nell'introduzio,ne. Gli anni della formazione del Becker coincisero con quel periodo in cui due tendenze di notevole vigore dominavano la storiografia americana: da un lato gli obiettivisti, fedeli discepoli del Rancke, lucidi espositori dei fatti provati ed indubitabili, e dall'altro gli storici-sociologi che cercavano i principi regolatori della storia del pari di come si cercano le leggi fisiche che regolano il mondo della natura. Nonostante le profonde dissimiglianze fra queste due scuole, la nota dominante nella storiografia americana alla fine del XIX secolo era comunque la fiducia nella storia scientifica, universalmente valida al di fuori di ogni situazione particolare. La rivolta contro la storia come scienza, guidata dal Robinson e dal Beard faceva nascere quella corrente della new hystory che spezzava gli schemi storiografici di tendenze rankiane o positivistiche, rappresentava, come scrive il De Caprariis, « il bisogno diffuso di colpire le potenzialità conservatrici implicite così nella p·assività degli obiettivisti, come nel fatalismo che poteva derivare da una concezione evoluzionistica della storia». (p. 28) Carl Becker, pur aderendo in linea di principio alla scuola della new hystory, non si limitò ad accettare passivamente i temi che questa pro1 po·neva all'attenzione degli studiosi, ma tentò la formulazione di nuovi problemi teorici che intendevano indirizzare verso basi più sicure la nuova storiografia americana. Purtroppo le componenti pragmatistiche 96 Bibliotecaginobianco
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