Editoriale astratto: cosa vieterebbe ai partiti, o a qualcuno di essi, di aggiungere al finanziamento pubblico anche quello di compiacenti privati? Nulla evidentemente; salvo che, si aggiunge dai sostenitori di quella tesi, la pubblicità dei bilanci diverrebbe necessaria; .e attraverso i pubblici bilanci si potrebbe stabilire se si è tenuto fede all'impegno di non accettare altro danaro che quello dello Stato. Ma qiti s'impone un'altra domanda, fin troppo evidente: chi o che cosa vieterebbe ai partiti di falsificare i loro bilanci? I normali accertamenti di polizia fiscale? E chi è che non vede che un go-verno, quale che sia, potrebbe servirsi della sua polizia fiscale per fiaccare itn partito? Abbiamo la massima fiducia che. tutti i nostri rappresentanti in Parlamento non farebbero mai qualcosa del genere: e tuttavia l'antica saggezza. romana ci avverte che senatores boni viri, senatus autem mala bestia; onde quello che gli individui non farebbero mai, i corpi organizzati hanno fatto sovente! I partiti sono organismi assai delicati, che vanno sicuramente regolati, ma che non possono essere trattati alla stregua delle società per azioni. Il che Vtlol dire che il loro regolamento dev'essere indiretto per quel che rigitarda la loro struttura e la loro vita normale; e diretto soltanto per il momento in cui si passa dalla fase meramente organizzativa e di dibattito interno alla fase del decision-makin.g, c!ze è quella rilevante interesse pubblico. Se a San Pellegrino si fosse studiato uri sisten1a per assicurare indirettamente la den1ocrazia interna di partito, se si fosse pensato ad uno statitto pubblico dei partiti, ai quali tutte le forze politiche italiane dovrebbero uniformarsi, e si fosse studiato insieme un sistema di garanzie effettive, anche giurisdizionali, di tale democrazia interna, sicuran1ente la questione del regolamento dei partiti avrebbe fatto un passo ava11ti assai più litrtgo di quello che si pensa si sia fatto proponendo il finanziamento pitbblico. Da ultimo, i partiti non vivo110 in utzo spazio astratto, ma in una società di l-to1nini, cpn contrasti di interessi e di ideali; e presumere di separarli dagli interessi è presu,n1ere troppo. Diremo addirittura che quest'idea del finanziamerzto pttbblico è t-1.11asorta di ipocrisia puritana di chi non vitale accettare la realtà. E la realtà è che il gregario che paga la sua quota d'iscrizio11e sarà uguale 11elvoto politico ed in quello partitico al professore d'università, ma non è e non potrà mai essere il suo eguale quanto al peso politico che entrambi esercitano nella vita· pubblica e in qitella di partito. Questo ragionamento, che vale di solito a difendere il suffragio universale, vale anc1ze alla rovescia: vale, cioè, a far persuasi che è tln' eresia pensare che chi ha più ctlltura o più ingegno debba pesare in regime democratico esattamente quanto chi non ha cultura, né ingeg1-10.E se questo principio è valido per la 4 Bibliotecaginobianco
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