Nord e Sud - anno X - n. 45 - settembre 1963

I Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Aldo Garosci, Un congressoe. un partito - P. A. Allum, Comportamento elettorale e ceti sociali a Napoli - Carla Perotti, '' Terroni,, alle urne - Loretta V. Mannucci, La donna della Nuova Frontiera - Spartaco Anania, Un programma di S'7)iluppoturisticoper il Mezzogiorno. I' . f e scritti di Aldo Canonici, Giovanni Coda Nunziante, Ermanno Corsi, Girolamo Cotroneo, Vit~orio de Caprariis, Bruno Lauretano, Clemente Maglietta, Maria Venturini, Sisinio Zito . • ANNO X - NUOVA SERIE - SETTEMBRE 1963 - N. 45 (106) EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - NAPOLI Bibl"otecaginobianco

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NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO X - SETTEMBRE 1963 - N. 45 (106) . ,. .. DIREZIONE E REDAZIONE: Napo 1i - Via dei Mille, 47 - Telef. 393.346- 393.309 . . Amministrazione, Distribuzione e Pubblicità: EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via dei Mille, 47 - Napo 1i - Telef. 393.346- 393~309 Una copia L. 400 ~ Estero L. ·500 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale L. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 4.000, semestrale L. 2.200 - Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via dei Mille 47, Napoli B~b.iotecagi.nobianco

SOMMARIO Editoriale [3] Aldo Garosci Un cong·resso e itn partito [8] Spartaco Anania I.Jinee di un programma per lo sviluppo turistico del Mezzogiorno [19] L. Valtz Mannucci Bruno Lauretano E'rmanno Corsi Clemente Maglietta Carla Perotti P. A. Allum Aldo Canonici Girolamo Cotroneo G. Coda-Nunziante Maria Venturini Note della Redazione Saragat ed il CNEN - I funzionari di Canicattì - Cronache napoletane [42] Giornale a più voci La donna della Nuova Frontiera [ 49] Semantica del linguaggio politico [52] La crisi del ~orallo [ 56] I «guappi» a Casoria ed i pregiudicati nel Porto [60] Inchieste « Terroni » alle urne [ 63] Comportamento elettorale e ceti sociali a Napoli [78] Recensioni I servi del potere [102] Il Kierkegaard di .Adorno [105] Il prossimo futuro dell'agricoltura italiana [109] Uno spretato nel Mezzogiorno [115] Lettere al Direttore Sisinio Zito Dialogo sull? istituzioni [119] Bitlliotecaginobianco

J Editoriale La conclusione dell'accordo anglo-russo-americano sulla sospensione degli esperimenti nucleari e il co11tenzporaneo aumento della tensione ideologica e politica tra l'Unione Sovietica e la Cina hanno avuto, negli ultimi tempi, gli onori dei titoli a nove colonne e sono stati salutati dai più come avvenimenti di eccezionale importanza. Ed era giusto che così fosse, perché l'uno e l'altro fatto potrebbe veramente segnare una data nelle vicende dell'equilibrio di potenza nel mondo contemporaneo. Tuttavia, rion è l'aspetto internazionale di questi avvenimenti, la cui rilevanza, come s'è (!CCen11ato, è già stata molte volte e molto autorevolmente sottolineata, che c'interessa ora, ma piuttosto certe conclusioni che se ne sono volitte trarre i1i Italia da parte di alcuni g·ruppi e giornali di sinistra, conclusioni che tendevano a stabilire un nesso diretto tra quegli avvenimenti e gli sviluppi della politica interna italiana, e dunque a creare pericolosi equivoci e gravi confusioni. Si è detto, infatti, che la tensiotie e la rottura tra Russia e Cina non solo erano fatti di enorme i1nportanza dal punto di vista dell'equilibrio internazionale e dei problemi che questo ha posto finora, ma lo erano, altresì, dal punto di vista dell'evoluzione mondiale del comunismo, perché ormai anche 11el movimento comitnista esistevano uffi- ' cialmente una destra ed una sinistra, e i partiti cornunisti, i quali s'erano schierati al fianco di Mosca e contro Pechino, sarebbero stati avviati, dalla logica stessa del loro conflitto con l'estremismo di tipo cinese, su posizioni, per così dire, sempre più transigenti sul piano ideologico e politico. E non è difficile immaginare la deditzione che da un tale ragionamento si poteva trarre e si è tratta per ciò che riguarda la situazione italiana: la rottura russo-cinese avrebbe finito col creare, a scadenza più o meno breve, una disponibilità democratica del Partito Comunista Italiano, la possibilità di accordi col PCI per una politica di radicali riforme nel nostro paese, se non addirittura un rovesciamento totale degli attuali equilibri politici. A questo modo, lo stesso centro-sinistra si verrebbe a configurare come una formula tran- . ' sitoria, come un ponte verso diverse e più ambiziose operazioni, perché le forze della sinistra democratica in esso impegnate. saprebbero, fin dal principio, che ad un dato momento esse potrebbero cambiare una parte almeno dei cavalli della diligenza, sostituire, ·cioè, ai democri3 Bibnotecaginobianco

.. Editoriale stiani, logorati o incapaci~di volere andare oltre un certo segno, addirittura i comunisti. Dietro la formula di un ~entro ..sinistra concepito come un accordo transitorio con la Democrazia Cristiana lampeggia così di nuovo la concezione di un'alternativa radicale di potere, che la sinistra democratica potrebbe un giorno costituire insieme ai comu~ nisti. Ora, a noi sembra che a tutti i democratici sinceramente impegnati in una politica di rinnova1nento per il nostro paese corra il dovere di parlare chiaro, di pronunciarsi schiettamente su queste prospettive e di denunciarle per ciò che esse sono veramente, confusioni ed equivoci, gravi e pericolosi. Innanzi tutto va ricordato un semplice fatto che troppo spesso si tende a dimenticare, che, cioè, tutte le volte che la tensione all'interno del blocco comunista si è accresciuta, i dirigenti sovietici non hanno mai perso l'occasione di ricordare che la coesistenza pacifica tra i due blocchi non poteva in nessitn modo riguardare le questioni ideologiche. E sbaglierebbe chi credesse che in questo v'era soltanto l'intenzione di n1enare il can per l'aia, di addormentare i diffidenti: quando i dirigenti sovietici accennano alle questioni ideologiche ed all'impossibilità di una conciliazione tra occidente ed oriente su siffatte questioni, essi non alludono certo a cose di scarsa importanza per loro, ma semplicemente alla loro visione del mondo ed alle ultime conseguenze politiche che se ne possono trarre. Non abbiamo bisogno di ricordare qui ancora una vqlta tutte le affermazioni di Krusciov e dei suoi amici italiani sull'inganno della libertà « borghese », sull'impossibilità di una instaurazione in Russia di quella forma di democrazia che è la nostra, e via discorrendo: esiste un limite alla destalinizzazione ideale e pratica che questa generazione di dirigenti comunisti russi pitò e vitale compiere, e questo limite è p,ppunto quello di una piena consapevolezza dell'ultima inconciliabilità dei rispettivi sistemi politici, occidentale e sovietico. Né la conclusione dell'accordo sulla sospensione degli esperimenti nucleari contraddice queste se1nplici constataziorti di fatto. L'accordo di Mosca ha la sua giustificazione in un quadro di enorme importanza, ma affatto diverso da quello che molti credono: esso è la prima f ormale dichiarazione d'intenzioni delle due massi1ne potenze del mondo contemporaneo di trovare un modus vivendi cl1e porti, se non proprio al bando assoluto delle armi nucleari, almeno alla rinuncia a servirsene per un regolame11to dei problemi che attendono aricora di essere· risolti. Ma quell'accordo non implica affatto urza rinuncia da parte dell'Unione Sovietica al desiderio di espansione del sistema comunista, come non implica rinuncia da parte degli Stati Uniti alle posizioni che 4 Bi liote·caginobianco

Editoriale questi hanno difeso finora. Del resto, Krusciov ed i suoi colleghi hanno sempre fornito questa interpretazione di un accordo con gli Stati Uniti; ed è veramente assurdo iniputare loro la piccola astuzia di un'ipocrisia che sarebbe troppo scoperta per avere qualsiasi senso. Così è appena necessario aggiungere che queste considerazioni non limitano affatto l'importanza dell'accordo di Mosca: diremo, anzi, che proprio perché questo accordo è suscettibile di sviluppi benefici per l'intera umanità, coloro che veramente desiderano tali sviluppi devono evitare di abbandonarsi alle volenterose illusioni e devono esigere dai dirigenti di entrambi i blocchi contrapposti non già la de1nagogia della speranza, ma piuttosto il cauto volere che inditgia, la tensione costruttiva che intenda la difficoltà dei problenii reali e in -consegueriza si rifiuti all'improvvisazione e sappia riconoscere i tempi di un'azione veramente efficace ai fini della distruzi011e. V'è poi un'ultima considerazione da fare: che, cioè, probabilmente, si illudono coloro i quali pensano che la logica della rottura russocinese possa ed anzi debba sospingere il movimento comunista di obbedienza moscovita verso posizioni sempre più transigenti. In realtà potrebbe anche accadere il contrario: che proprio la necessità di dovèr resistere, per la prima volta nella loro storia, a degli attacchi da sinistra porti i comunisti d'ispirazione sovietica ad irrigidire le loro linee politiche e ad assumere posizioni più intransigenti di quelle che forse avrebbero assunte in condiziotzi di norn1alità. E poiché nei rapporti i11ternazionali, tra Unione Sovietica e Stati Uniti, v'è un limite inesorabile a tale i11transigenza, non è del tutto avventuroso opinare ' che questa possa manifestarsi in altre aree dell'azione politica del movimento comunista internazionale, ad esempio in quei paesi democratici nei quali esiste tln forte partito comunista. Che è, appunto, il caso dell'Italia. Questi, dunque, sono gli eqitivoci e le confusio1ii che si possotio constatare in quella diagnosi aberrante della situazione internazionale e delle sue incidenze sullo schieramento politico italiano che si è fatta da alcitni dopo l'accordo di Mosca e la cresciitta tensione russo-cinese. Pure, occorre aggiungere che qtlella diagnosi è, a sua volta, conseguenza di uno stato d'animo e di 1nente, di i,na temperie intellettuale e morale che non si possono non denunciare qui ancora una volta. V'è in essa, infatti, un.'ennesima manifestazione di quel complesso d'inferiorità nei confronti del PCI che tor1-nenta da anrii la sinistra italiana, che ne depotenzia la volontà, ne paralizza l'azione e le impedisce di assumere in pieno le site re;sponsabilità. L'idea che non si dia una politica abbastanza di sinistra quando ad essa no11 siano mescolati' in qualche modo, 5 Bibli_otecaginobianco ..

• Editoriale diretto o indiretto, i comunisti, è, da vent'atzni, una costante di un settore (llmeno della nostra sinistra ed ha contribuito finorq ad impedire una risolzita assunzione di responsabilità da parte dei socialisti così come ha insieme tenuto deste le 11-ostalgie frontiste, tnai del tutto spente in questo o quel settore dell'opinione. Del resto, già nel feb~ braio del 1962, allorché si dette vita al prinio esperi'f!'lento di governo di centro-sinistra, si pensò da parte della sinistra socialista che itn certo impegno del PCI sarebbe stata la piit efficace garanzia della reale carica di rinnovamento del governo stesso. Un simile ragionamento è stato ripetuto infinite volte nell'anno e mezzo sitccessivo; e le prospettive che si sono riportate di sopra su itna disponibilità democratica del PCI in un futuro più o rnen,o prossimo non sono altro che una variazio11e del tema, riecheggiata in ambienti anche diversi da quelli della sinistra socialista. , Sta di fatto, però, che il centro-si11istra è stato concepito in modo - affatto diverso: come la sola politica capace di rinnovare veramente le strutture politiche, econonziche e sociali del paese in· una direzione autenticam~nte democratica, valendosi di tutte le forze sinceramente democratiche e prescindendo rigorosamente da tutte le altre forze. politiche, liberiste o comuniste che f assero. Ed esso è insien-:z,eil frutto di un'esperienza ormai quasi ventennale, dell'esperienza di un ritardo che la soluzione dei nostri nzaggiori problemi ha sitbito a causa della presenza nel nostro paese di un forte movimento conzunista clie impediva di raccogliere risolute niaggioranze di sinistra democratica ed a causa di quel complesso d'inferiorità di itna parte almeno. della sinistra italiana che si è detto. Ancora oggi la formula di centro-sinistra può essere ·quella di una politica veran1e11te rif ornzatrice solo a patto che si resti fedeli all'ispirazione originaria. Non esistono due centri-sinistra, sia che si consideri la cosa da destra sia che la si consideri da sinistra; ma v'è un centro-si'J"!,istra soitanto, quello di una politica di rif arnie strutturali della democrazia italiana. E questo non ha alcun bisogno di garanzie co,1nuniste. È perfettamente vero che la politica di centro-sinistra è innanzi tutto una politica di rinnovaniento strittturale della società italiana. Ma rinnovamento stritt turale no11 vuol dire solta11to tentativo di ca11cellare le ingiustizie economiche e le disparità tra i vari ceti e le varie sezioni geografiche del paese; vuol dire anche cangiamento dall'interno della società, distruzione · degli inf antilisnii es.tremistici, tentativo di radicare nella società italiana a tutti i livelli l'attaccamento alle istitu- ,,. zioni democratiche ed alla pratica della democrazia, come fatto di costume prima ancora che politico.· Ed è evidente che se la politica 6 Bibliotecaginobianco

Editoriale di centro-sinistra è anche questo, uno dei suoi principali avversari è proprio il Partito comunista, il quale, in un paese ad economia ritardata prima e squilibrata poi, in un paese do·ve ancora si prolungano le ombre del privilegio e dell'ingiustizia, è potuto crescere appunto perché ha assunto la rappresentanza della protesta radicale contro il regime democratico, dell'infantilismo estremistico. Non ha senso, pertanto, prospettarsi come uno sbocco della politica di centro-sinistra un incontro con i comunisti, quando uno dei risultati di tale politica dovrebbe essere quello di consumare i comunisti. E meno senso ancora v'è ad ipotizzare una politica della sinistra democratica fondata sull'ipotesi dei carnbiamenti che avverranno o dovrebbero avvenire nel Partito comunista. Perché il darsi prigionieri ad u1i siffatto 1nodo di ragionare porta inevitabilmente a snaturare lo stesso disegno politico del centrosinistra, e porta, dunque, al suo fallimento. La sinistra democratica italiana ha un'interesse soltanto, qitello della promozione politica e sociale del nostro paese: se, poi, in conseguenza di questa promozione e di altri avvenimenti si produrran110 n1utamenti sostanziali all'interno del Partito comunista, questi mutamenti saranno i benvenuti. Ma ciò non vuol dire affatto che vi possano essere incontri a 1nezza strada,· il centro-sinistra basta a se stesso ed il compito principale della sinistra democratica è di pro1nuoverlo, senza fini recotiditi e senza illitsioni aberranti. 7 Bibliotecaginobianco

Un congresso • e · un partito di Aldo Garosci Un congresso è un mome11t<? importante nella vita di un partito, ma non più di un momento. Nella vita quotidiana del partito stesso più che al congresso si vedranno la saggezza dei capi, la maturità e la discipli11a dei militanti, .la ricchezza delle idee, il senso di responsa~ 'bilità e la capacità di decisione a tutti i livelli. I congressi, tutto quel che si può aspettarne è che rendano possibile una politica, non che la delineino e la creino. È già 1nolto; nella storia del Partito socialista, mentre esistono· i Co11gressi che aprivano la possibilità di ricchi sviluppi, traditi più tardi dalrinesperienza dei dirigenti (e fra questi por4, t remmo il co·ngresso di Firenze del 19j7,1~così ricco di speranze di ogni sorta, e che pure preludeva ad anni di lacerazioni e di eclisse), ne esistono altri, come quello di Venezia, che ritardarono per anni decisioni urgenti. Bisogna perciò guardarsi dal chiedere al prossimo_ congresso del Partito Socialista molto più di quello che esso può dare. Non si può pretendere che il Congresso, ad -esempio·, metta fine alle · istanze massimalistiche della sinistra del P.S.I. :. queste vengono da molto lontano nella storia italia11a, e sono sostenute da preoccupazioni non tutte poco nobili; conquistare tutta o la maggior parte della sinistra socialista a una politica di governo non si può fare in un congresso; è del resto operazione che oltrepassa di molto il pro 1 blema della sinistra socialista stessa e tocca tutta la società italiana. Significa infatti trovare, in una politica di governo, momenti sufficienti di stimolo e di critica da soddisfare le numerose e_sigenze che oggi si esprimono all'opposizione co•me protesta: il che, come og11uno vede, non è problema di un giorno, e si potrà già e·ssere soddisfatti qµando si sarà cominciato ad affrontarlo. Così non il Congresso potrà ridare vera coerenza e saldezza alla politica degli autonomisti. Questa, come risulta dagli stessi documenti di coloro che, nella notte di San Gregorio, obbligarono, Nenni al gran· rifiuto, in extremis, del gabinetto· l\tloro, non aveva fondamento in una sostanziale differenza programmatica, in una assoluta incompatibilità, ma in un qualche cosa di inafferrabile, al tempo stesso più superficiale e più profondo: in un timo·re di esser trascinati a,. conseguenze imprevedute, in una diffidenza per uomini e formazioni con cui era pur BiQliotecaginobianco

Un con.gresso e un partito necessario collaborare, in qualcosa clJ.e stava tra la sensibilità epiderm'ica e la premonizione istintiva. Ciò premesso, non sarà difficile agli autonomisti trovare l'unità su una mozione; molto più difficile è fare di questa mozione, con le sue condizioni necessariamente sfumate ed equivoche (è un merito, questo, non un difetto, delle mozioni, che devono lasciare campo -di applicazione assai largo alle necessità del momento), un vero strumento di lavoro unitario, di conquista degli incerti, d~ persuasione degl'indifferenti. Questo potrà essere fatto, ma non da un congresso o da una maggioranza congressuale, bensì da una dirigenza politica, da un gruppo di uomini capaci di accordarsi reciprocamente fiducia, di intendere ciascuno i pregi e i limiti propri e altrui; e potrà essere fatto soltanto· se questo gruppo di uomini sarà persuaso di interpretare realmente non una fase transitoria, un'avventura effimera del partito, ma una necessità profonda della società moderna per tutto un periodo di prevedibile sviluppo. Con queste premesse, a dire il vero, il nostro articolo si potrebbe considerare terminato, con l'augurio che da esso esca una mozione la quale consenta al PSI di continuare la politica di centro sinistra, e con la constatazione che la probabilità di ciò, pur continuando a essere buona, sembra alquanto peggiorata proprio in ragione di tutte le tergiversazibni e le esitazioni nel mettere in pratica una politica che in ~efinitiva già il congresso precedente aveva autorizzata. Ragio·ni tattiche o profonde possono aver suggerito ai dirigenti socialisti: 1) di procrastinare la decisa (e, diremmo, ottimistica) asserzione delle virtù della 1' collaborazione governativa a dopo le elezioni per poter fare meglio il ~ « gioco delle parti » con la democrazia cristiana; 2) di dire no al tentativo di Moro. Non c'è dubbio, però, che è difficile convincere altri quando non si mostra in persona la convinzione; e che la politica a termine (dopo· le elezioni, dòpo il congresso ...) rassomiglia un po' al moto di colui che cerca di modificare il proprio salto do,po aver preso lo. slan~io, anzi quando si trova à mezz'aria .. Spesso cade. E tuttavia le circostanze hanno così profondamente lavorato, in questi mesi, per · dare significato alla politica del centro-sinistra e to·gliere significato alla polemica contro di essa della si11istra del partito e dei comunisti, che una sconfitta degli autonomisti sembra un controsenso-. Sul terreno interno, la polemica della destra eco11omica, liberale e democristiana, , così risoluta, totale, indiscriminata contro l'avvento al potere del partito socialista dimostra una tale preoccupazio·ne non superficiale che i dirigenti socialisti dovrebbero in forza di essa sola persuadersi che una grande occasione di mutare l'equilibrio delle · forze sociali nel 9 Bibli. tecaginobianco

Aldo Garosci nostro paese si offre loro. Sul terreno internazionale, la polemica che divide il campo comunista, la congiuntura d~ trattative avanzate tra est e ovest trascinano lontano le ortodossie neutralistiche, giacché è molto difficile che oggi un paese possa contribuire, sia pure in tono minore, all'equilibrio internazionale, se non è in condizione di. influir~ sui due grandi che si sta11no venendo, fi.110a un certo punto, incontro. Pure, se ci fermassimo qui, non credo avremmo esaurito il _nostro compito, né detto quel che, bene o male, e magari per contraddirci, aspettano da noi i nostri lettori. Un giudizio su un congresso implica un giudizio più vasto e un'occasione per parlare chiaro, pur _sapendo che molti dei problemi che si sono posti all'avvenire non saranno risolti da un'assemblea così particolare, così tesa e così bisognosa di una decisio·ne, com'è un co-ngresso. Ora, per sapere quel che il partito socialista può essere nell'imminente futuro, è necessario uno sguardo almeno al più recente passato. Da parte dell'opinione che diremo « liberale », cioè interessata a un progresso civile del nostro paese in condizioni di democrazia e di regime pluripartitico, il partito socialista italiano· ha ricevuto in questi ultimi tempi molti complimenti. È stato, per loro, un po' il PIO IX prequarantottesco, a cui si attribuivano con applauso e a~pettazio·ne opinioni definite prima di essere sicuri che le avesse, così da determinarne poi l'apparire. È stata u11a tattic-a che ha reso: coloro che, hanno applaudito ai primi timidi cenni di « alternativa socialista» (che era ancora uno slogan elettorale e non toccava che ben poco e quasi solo nel tono l'adesione del P.S.I. alla linea generale frontista) hanno avuto ragio·ne. Il P.S.I. è venuto lentamente evolvendosi, con punte più accentuate al momento della grande crisi del blocco orientale, che ponevano sulla difensiva i comunisti (come al n1omento dei fatti di Ungheria), con ritmo più lento in altri momenti, ma costante; sì che sarebbe malafede contestarne la legittimità democratica. Davvero, tranne i clienti esasperati dell'on. Malagodi, non vediamo quale gruppo responsabile continui o possa continuare a sostenere l'identità o il gioco delle parti · fra Nenni e Togliatti. La collaborazione tra comunisti e socialisti tuttora in atto in varie zone della penisola nel governo locale e quella più caratterizzata nella C.G·.I.L. possono senza dubbio essere criticate, come lo sono, da altri sindacalisti o da uomini politici di altri partiti (del resto, giunte centriste orientate a destra sono sostenute dalla D.C. in più di un grande comune), ma non hanno a che vedere con l'indirizzo politico di partito. Detto questo, un partito può essere libero dall'Ìnfluenza comunista, o dalla determinante influenza comunista, senza per questo fare una 10 Bibliotecaginobianco

Un congresso e un partito politica soddisfacente. Pensiamo, per non parlare dei partiti italiani, a grandi partiti socialisti stranieri, di nessuno dei quali sottoscriveremmo la politica: il laburista, stato quasi sull'orlo della scissione per il problema dell'idèologia del partito e del massimalismo antiatomico, poi rinsaldato e rafforzato, ma chiuso nella sua politica e nelle sue responsabilità verso- l'Europa; il socialista tedesco, così generico nella sua impostazione democratica da far quasi svanire l'idea della finalistica uguaglianza; il francese, pieno di debolezze che abbiamo troppe volte elencato, e l'austriaco per il quale la collaborazione con la demo-- crazia cristiana si risolve in una puntigliosa difesa della « mezzadria ». Non c'è partito che si sottragga alle critiche, e certo, se ci fosse dato di conoscere più davvicino quei partiti che vengono costantemente e un po' monotonamente citati in esempio agl'italiani, come gli scandinavi, non mancherebbe qualche delusione. Ora, sotto questo punto di vista, forse perché siamo tutti concentrati sul grande evento del centro-sinistra, la critica al partito socialista da parte della stampa indipendente ad esso non ostile è, alquanto, n1ancata al suo compito. Il partito socialista, per evidenti necessità interne e tattiche, ha proceduto sulla via della respo11sabilità politica, verso l'assunzione di compiti di governo, con la preoccupazione evidente di « non commettere gli errori della socialdemocrazia » e quasi con la « hantise » della. socialdemocrazia, che continua tuttora a essere « tabù », mai nominata, s_enon a dileggio o scherno. Non si vuole qui intraprendere una difesa della socialdemocrazia, la cui battaglia politica pure consideriamo essere stata in. più di un caso salutare e necessaria, in un solo caso (il voto· della legge maggioritaria e l'apparentamento nel 1953, di cui non han certo minore responsabilità i repubblicani) radicalme11te errata come indirizzo politico generale. Vorremmo piuttosto che fosse chiaro agli occhi dei socialisti cosa sia, quel che essi veramente respingono come « socialdemocrazia ». Intendono essi cercare con tutti i mezzi di evitare la riduzione delle esigenze ideali della classe dirigente, la concentrazione della forza di decis~one e di meditazione in un solo « leader», e altri inconvenienti in cui il PSDI è incappato nella sua vicenda politica? È una preoccupazione ragionevole; ma proprio coloro che del PSDI hanno· fatto l'espe., rienza e ora militano nel PSI non dovrebbero, al riguardo, mancare di autocritica: rendersi conto, cioè, che la polemica dottrinaria esaspe- .rata finisce per favorire, e non per eliminare, gli opportunisti: e che la stoffa dell'opportunismo non manca nel loro partito, dové anche milita più di una ex eccellenza socialdemocratica che ha mutato le ambizioni, ma non il pelo. Però, sotto alla polemica con la socialdemocrazia c'è un'altra preoc11 • Bib·liotecaginobianco

Aldo Garosci cupazione, quella che l'aperta compromissio·ne al governo, l'accordo con la democrazia cristiana facilitino la fuga d~lle masse e finiscano per fare del partito un debole troncone di interessi contradditori, privo di ogni penetrazione politica. Anche questa preoccupazione ha le sue ragioni d'essere: un passaggio come quello del partito socialista italiano (e di ogni partito socialista) dall'o•pposizio·ne senza nemici sulla sinistra alla rappresentanza dell'ala marciante in un governo deve· essere passaggio effettivo, passaggio di tutte le fo·rze potenziali del partito e non solo partita a scacchi dei dirigenti. Ma se i socialisti volessero v·edere, fuori .della polemica ormai quasi trilustre con la socialdemocrazia, quali /sono state le vicende di questo partito, potrebbero osservare che esso / 1 ha avuto n1olti difetti, ma no11 si è affatto, come si va dicendo, tagliato • dalle masse. Anzi! Il PSLI aveva lasciato nel vecchio partito la quasi totalità dei militanti sindacalisti, compresi quelli più moderati; si è rifatto un sindacato - certo aiutandosi all'inizio con interessi non tutti strettame11te o·perai, n1a e un sindacato di cui anche gli uomini del P .S.I. tengono conto·, reclamandone a ogni pié sospinto la collaborazione unitaria. Il PSLI quasi solo localmente aveva mantenuto il contatto co·n alcune aristocrazie operaie; non si può dire lo abbia perduto, pur nello spostamento a sinistra dell'elettorato. Con la « nuova classe », la classe dei tecnici modesti, dei creatori di servizi~ di coloro che no-n raggiungeranno il grado di di1;igente nel corso della loro generazione, il PSDI ha forse aumentato i propri legami. E il complesso dei consensi non è, malgrado le profezie, diminuito. Merito, certo, anche della politica di centro sinistra; ma essersi reso indispensabile elemento di questa politica non è piccolo risultato. Allora? Quel che si può dire, invece, è che, dal giorno della scissione di Palazzo Barberini ad oggi, il PSLI-PSDI ha perduto non già le masse, ma gli intellettuali. La professione di chi firma questo articolo dovrebbe di per sé escludere che ciò sia da considerare un fatto positivo. La presenza degl'intellettuali nei partiti socialisti, o almeno accanto ai partiti socialisti, è indispensabile, perché rappresenta la garanzia del no·n esaurirsi in un solo periodo politico, in un solo episodio, in un solo • tempo, più o meno limitato, del fasci110 continuato dei miti a loro con- . 1 nessi. Ma quando gl'intellettuali non riescono a coordinare le loro aspi- ' . . . . . razioni con i programmi storicamente attuabili da certe forze e . in .. / certe. co·ndizioni, il disordine si introduce nei partiti; e alla fine essi f diventano buoni organismi politici, capaci di tute]are interessi degnisj simi (e, naturalmente, ancor più, di fornire· soddisfazioni vicarie), ai quali manca, però, la vibrazione delravvenire:· Non già che questa vibrazione sia una costante della vita politica; 12 Bit;)liotecaginobianco

. . Un congresso e un partito le democrazie in molti dei loro periodi più prosperi ed equilibrati sono state spregiate dagl'intellettuali, che erano invece innamorati· dei mostri che l'avvenire portava nel ventre. E una vicenda ben nota anche in Italia. Ma quando questa vibrazione cade, è difficile mettere un ordine nelle cose che soddisfaccia l'esigenza ·morale, l'equità. Diventa difficile ~ f'1:r passare le esigenze lontane e generali prima delle immediate .e particolari; lo Stato è prospero, ma sembra nello stesso tempo vicino alla dissoluzione. • Secondo noi, in fondo al « gran rifiuto » opposto dalla sinistra autonomista all'onorevole Moro, c'è stato proprio, più o meno cosciente,~ \ . que~_!Q_tj.m~redi smarrire, per l'immediato e il concreto, il finalism9 ~ e il_~.rob~atico del futuro. Ciò spiega _l'apparente insensatezza del dichiararsi soddisfatti all'ottanta per cento nelle proprie richieste e del tirarsi indietro all'ultimo minuto. Non era, però, anche se così si n1ascherava·, massimalismo propriamente socialista, e neppure statalista, e neppure anticlericale. Era il senso della riforma fatta di forza, quasi imposta all'avversario in duello, che si temeva andasse perduto. Era - come mi è stato osservato in una conversazione privata proprio da un fine economista socialista, Leo Solari - l'idea della riforma come è praticata nelle democrazie popolari, la paura perciò di perdere l'immagine della rifor:i;na so.vraimposta alla società, quasi inserita in essa di forza, per capacità di peso politico. Nel recente passato era, infatti, avvenuto questo: che c'era stato un governo con un programma riformatore, un vero programma rifar- , Ihatore, quale dai tempi della Liberazione non si era più avuto in Italia; e che tale governo aveva eseguito gran parte del suo programma (cosa anche questa rara in Italia) e aveva preferito le soluzioni almeno teoricamente chiare (nazionalizzazione dell'energia elettrica, per esempio) a quelle che avrebbero prodotto risultati analoghi con minore chiarezza teorica. Ora, gli elettori si erano mostrati nel co,mplesso indiff e- . renti a questi progr~mmi e al loro principio di esecuzione: ché, se avevano votato la fiducia nell'indirizzo socialista e di centro sinistra, lo avevano fatto probabilmente per fiducia generica nel socialismo e per la politica salariale del governo; mentre, se la fiducia l'avevano negata, era per la emigrazione che li aveva sradicati dal loro terreno psicologico ed economico, o per il carovita; ma i loro orientamenti non erano stati influenzati per le nazionalizzazioni e ancora meno· per le regioni non compiute e neppure, purtroppo, per la « programmazione ». L'insuccesso relativo del governo Fanfani era tutto lì: nell'aver lasciato credere che a un programma tecnicistico astrattamente socializzatore 13 Bibliotecaginobianco ?

/] , r I • Aldo Garosci gli elettori sarebbero stati sensibili, mentre essi vi si dimostravano indifferenti. Non abbiamo intenzio•ne di giudicare qui dell'opportunità e del modo con cui, in certo· senso, si fece all'indo·mani delle elezioni il governo Fanfani responsabile degli errori del centro sinistra, pur avendo1'~ lasciato, diciamo così, condurre la barca in nome di tutti sulla sua propria responsabilità. Neppure diremo nulla del conflitto Sar~gat-La Malfa, che pure anch'esso in qualche mo·do riflette il contrasto socialdemocrazia-azionismo o socialdemocrazia-intellettuali riformistici che ha diviso gli autonomisti del PSI; per due ragioni: che esso contiene elementi personali dei quali non abbiamo piena contezza, e che i due protagonisti dello· scontro sono per noi entrambi necessari, con le loro formazioni politiche e le loro esigenze particolari, al buon successo l ! del centro sinistra. Resta cl1e, attraverso le prese di posizione di Saragat e La Malfa, attraverso il ripudio di Fanfani da parte della maggioranza f ~ D.C. e del P.S.D.I., attraverso i reclamati mutamenti di rotta, si senti- ' I I f vano feriti proprio quei socialisti che avevano puntato. sulla conser1 ! vazione del momento· intellettuale del partito, e che il nuovo programma \ offerto, per ·quanto in concreto non inferiore all'altro, sembrava loro implicare ript1dio di un'esigenza tanto più irrinunciabile quanto meno chiara agli occhi loro. Da quel che abbiamo detto, ci sempra anche di aver indicato alcuni ostacoli che la maggioranza socialista al congresso deve incominciare a superare e alcuni indirizzi che sarebbe bene si manifestassero fin d'ora se il partito deve attraverso l'operazione di centro sinistra assumere la funzione di blocco fondamentale dell'indirizzo riformatore in Italia. Non faccio molto caso a quel che, nel Congresso, verrà detto per giudicare il passato· recente, il centrismo del 1948, il frontismo, la socialdemocrazia. I congressi, per fortuna, non pronunciano giudizi storici, bensì fanno richiami ·alle passioni dei partecipanti, quando pure non celebrino rituali sacrifizi simbolici. Ma non sarebbe male che, da un lato, venisse accolto da tutti un minimo di riformismo anche non di struttura, di quello socialdemocratico (di teoria, intendiamoci: ché finora non se n'è fatto molto in pratica), cioè di provvedimenti soddisfacenti per le masse da un lato, di buona tecnica amministrativa dall'altro. Se dovessero essere reclamati nuovi provvedimenti, appunto, di carattere strutturale, si dovrebbe dare, più che per il passato, attenzione a coloro, che debbono· eseguirli, chiamando a presiedere all'opera di riforma preferibilmente non uomini del sottogoverno, ma gente capace, di ten~enza laica e cattolica. Sarebbe questo· un modo socialista 14 Bit}liotecaginobianco

Un congresso e un partito per contrapporsi al sottogoverno democristiano senza incorrere nel pericolo di stimolare eccessivamente l'opportunismo attraverso regimi « a mezzadria»; il che naturalmente non dovrebbe significare che non si richiede una giusta ed equa ripartizione delle responsabilità politiche e di governo alla D.C.: maggioranza sì, ma non più qualificata come nel passato da un compito di guida esclusiva. Detto questo, e accettato profondamente questo, e persuasici di quelli che sono i compiti più urgenti nei confronti della società italiana (i quali hanno la precedenza sulla sensibilità a certi motivi di ciascun membro del partito 1 o di ciascun deputato del P.S.I.) bisogna trovare il modo di fare entrare le esigenze finalistiche nel programma di welfare state e non di struttura cui abbiamo accennato. In altre parole, anche quando la .priorità vada a riforme popolari, bisogna pure che gli strumenti di esecuzione siano moderni. L'esigenza della programmazione rimane, anche se no,n in quel modo tra mitico e vago in cui la presenta la collaborazione di economisti teorici e urbanisti. .Si può anche pianificare un certo grado ancora di emigrazione, e certo bisogna guardarsi dal « frenare » fenomeni di espansione economica, quando l'importante è di dirottarli e di fare sì che non si producano esclusivamente in certe zone. Ma non si può lasciare che, per mancanza di adeguata capacità a predisporre incentivi e interventi, espansione e migrazione abbiano carattere socialmente alluvionale (oltre quel che è necessario per il passaggio della riserva sottoccupata dall'industria all'agricoltura). L'importante - e qui forse si potrebbe trovare l'unità non programmatica, bensì psicologica, e perciò ideale - è che le singole decisioni "'non si risolvano in « leggi speciali » ma come elementi di un piano generale, e che gli elementi riformatori (programmazione, legge urbanistica, eccetera) appaiano strettamente connessi ai risultati di welfare da ottenere. Co·ntro le apparenze, maggio1re dovrebbe essere la possibilità di ottenere questa fusione di elementi finalistici e riformistici nel programma di politica estera. Sotto questo aspetto il partito socialista viene da tanto lontano che la situazione attuale gli permette larghissima libertà, se non si farà incantare dal richiamo a un passato sempre meno significante. In politica estera il P.S.I. può partire, anziché dalla sua antica posizio,ne di neutralità, che non trova sviluppo nella cornice attuale della riforma ìtaliana, dal]a situazione quale oggi è: .una situazione nella quale anche i fellow travelers, i supersinistri che, ·fino a poco tempo fa, reclamavano con violenza contro gli USA, si rivolgono con garbo a Kennedy, invitandolo a trovare un 1nodus vivendi tra Stati Uniti e Unione Sovietica senza tanti riguardi per l'Europa. Ora, dovrebbe 15 Bibl··otecaginobianco •

Aldo Garosc'i essere evidente a tutti cl1e, in condizioni d'intesa tra Stati Uniti e Unione Sovietica, tra « blocco orientale » e «. blocco occidentale », no11 solo si trovano in condizioni di maggiore sicurezza coloro che - senza I , mai aver preso posizioni di pu11ta - si sono dimostrati capaci di una coerente politica di adempimento, degli obblighi di alleanza; ma anco~a f essi sono fonte di maggiore ordine nel mondo. I De Gaulle, i quali /· pretendono di fare cavalier seul, sono ostacoli assai ·più seri alla pace { · che gli Stati Atlantici, i quali all'alleanza hanno chiesto solo protezione I . e non potenza; e i « neutri » alla Nasser pro·vano la loro vera natura l: balcanica minacciando di guerra i loro vicini, mentre i grandi cercano \. un ~quilibrio. , Il P.S.I. dunque, senza alcun suo merito, ma per il mutare delle circostanze, si trova di fro,nte a una situazione nella quale l'accettazio·ne degl'impegni assunti dai precedenti governi italiani non gli può essere seriamente rimpro·verata da sinistra; mentre il proposito manifestato di « superamento dei blocchi » non suona provocatorio e so-vvertitore nei confro 1 nti della politica estera tradizionale. Può, dunque, dopo aver -- bruciato qualche granello d'incenso sull'altare della propria coerenza, 1 lavorare alla costruzione della propria po]itica estera senza impacci, e dire anche una parola nuova. • In effetti, la politica estera dei governi italiani che si ·sono- succeduti dopo la guerra (e in particolare. do-po- il 1953) è stata in generale una politica estera estremamente cauta, quasi inesistente come iniziative di rilievo·, limitata all'esecuzione degli obblighi assunti nella precedente fase di intensa creatività politica. Nel complesso, non si può dire che ciò sia stato· un errore, dato il peso non eccessivo del nostro paese, la sua situazione delicata, i ricordi da cancellare, di un cesarismo da carnevale: le velleità che si erano manifestate specie sotto il consolato di Gronchi (e non senza consensi dell'attivistico Fanfani) di fare una autono,ma politica mediterranea o araba o latinoamericana rimasero per fortuna velleità. Però, negli ultimi tempi, si è incominciato a sentire che la politica estera italiana non può limitarsi a registrare con premura ciò che altri l1anno deciso e a cavarne qualche vantaggio di tipo economico e corporativistico. Durante le discussioni di Ginevra, durante le discussioni di Bruxelles, le iniziative del nostro paese hanno sempre mancato di quel rilievo ideale che, pur nel suo limitato _ma non_ indifferente ambito, un paese come il nostro deve pure avere. Non · pretendiamo rischi eccessivi; ma ci sembra che, quando il nostro delegato a Ginevra, Cavalletti, anticipò la pro,posta degli Stati Uniti sulla tregua nucleare meritasse maggio•re appoggio contro gli scempi attacchi del Sulzberger e degli altri del « New York Times »; ci sembra che, 16 Bibliotecaginobianco

• Un congresso e un partito quando De Gaulle· parla da profeta all'Europa, e parla contro gl'inte~ ressi nostri, una risposta un po' più chiara di quella contenuta in una dilatoria azione diplomatica gli sarebbe dovuta. Mentre, all'opposto, è vero che nell'azione europea del nostro governo gl'inte·ressi sezionali hanno pesato a un punto da farci in pratica contraddire alla nostra politica; c~e, quando ci facevamo ~~st:nit~_:i dell'a_de~io~e_ dell~ghil~ j' ,· terra al MEC, sostenevamo una --pol1t1ca tillra rotez1on1st1ca er 1 rod_~t~!_-_!!,gnCO(Ìsiostenuta a a Federconsorzi, ma non senza premure / di sindacati), la quale è in contraddizione con ogni adesi~ne, sia ·pure / / a lunga scadenza, d'una potenza che desidera prodotti agricoli a buon mercato 1 • C'è dunque un posto vuoto da prendere, e il P.S.I. potrebbe farlo, accettando così parzialmente quella tensione ideale (che riassumendo abbiamo detto dei suoi intellettuali) che è pure nelle sue tradizioni. Ma si badi che una tale politica estera (di lotta per la democrazia nell'ambito del MEC di lotta per l'unità europea occidentale nell'ambito della NATO, contro gli ultimi resti di regime autoritario all'interno dell'Occidente, nell'accettazione degli obblighi impostici dall'equilibrio oriente-occidente di cui siamo parte) non ha nulla di specificamente « socialista ». È una politica internazionalistica, di democrazia internazionale e di pace, ma si avrebbe torto a pensare di appoggiarla in modo esclusivo sull'esempio di questo o quel partito socialista. Do·v'è la _politica dell'internazionale socialista? Nel rifiuto all'Europa opposto dai laburisti? Nell'europeismo pallido e condizionato di Guy Mollet, appena uscito dal suo nazionalismo algerino? Nel mite possibilismo dei tedeschi, o nella neutralità degli scandinavi, o nel brutale massimalismo dei socialismi africani e arabi, idoleggiati da Italo Pietra? Il vero pericolo per il P.S.I. è di cadere vittima, proprio co·me è accaduto alla socialdemocrazia, delle « relazioni internazionali » tra partiti socialisti, dimenticando che in concreto un'internazionale socialista c'è quando ci sono uno o due partiti socialisti i quali preparano il trapasso da una ce_rta fase di equilibrio a una fase superiore. Ma perché questo · accada, il P.S.I. deve essere impegnato a dare una linea politica al paese, e non a manovrare con i quadri tra i. 11otabili del socialismo, ché ancora così si chiama, contemporaneo. Riassumendo, il cammino che il P.S.l. deve compiere per dare efficacia alla sua azione è àspro, e il prossimo congresso può rappres~ntare non più di una tappa. Esso deve autorizzare il partito ad assumere compiti di governo; questi devono essere tali da tradursi in mo·do comprensibile per le masse italiane, ma da non spegnare il desiderio profondo di più e di meglio che vive, distorto e non ben cosciente _di 17 Bibliotecaginobianco

Aldo Garosci sé, nel massimalismo•. La prossima fase di collaborazio·ne con la D.C. è inevitabile; non è un compito cui ci si possa: sottrarre con facili frasi sull'opposizione. Il partito deve fare di tutto per trarne qualcosa di più delle soddisfazioni nominalistiche, di gesti di sfida, di impuntature. E il congresso meno sfogo darà a queste esigenze, meno ostacoli porterà sulla via del futuro sviluppo. ~ L'osservatore non impegnato nella lotta di partitf· non deve tuttavia dimenticare che questi non esistono per dargli soddisfazioni ideali, rappresentando perfettamente il compito che egli vuole ad essi assegnare. Per il P..S.I. come per ogni partito italiano deve valere l'osser- . vazione del Manzo·ni per il cugino Bortolo: « Forse voi ne vorreste uno più ideale; ma che posso farci? Quello era così ». La sostanza torbida che i partiti trascinano con sé attraverso la loro storia è anche la loro forza, quella che permette loro di resistere agli errori che commettono, e di essere disponibili, sia pure in diverso contesto, per la prossima ripresa. Solo che questa volta un errore sarebbe davvero spiacevole. ALDO GAROSCI 18 Bibliotecaginobianco

Linee di sviluppo un programma per lo • • tur1st1codel Mezzogiorno di Spartaco Anania 1. - STRUMENTI DI UNA POLITICA TURISTICA. - Prima di tentare l'indicazione delle linee direttrici di una possibile politica turistica per il Mezzogiorno, è opportuno elencare gli strumenti che normalmente sono impiegati a favore del turismo da parte degli enti di governo, nei paesi occidentali. Essi sono: A) Contributi alla promozione del turismo, sopratutto all'estero, limitati alla propaganda, o estesi alla pubblicità e talora perfino al finanziamento delle organizzazioni private interessate allo sviluppo turistico. Questa forma di intervento si traduce in sostegno ed organizzazione della domanda: sulla sua produttività le valutazioni risultano estremamente difficili, data la quasi impossibilità di isolare i diversi fattori che entrano in gioco, e di generalizzare casi estremamente specifici. A puro titolo esemplificativo ricorderemo uno solo di questi casi: la Commissione per la pubblicità turistica della Florida rilevò che ad ogni dollaro speso in pubblicità corrispondeva un aumento di 125 dollari nella spesa turistica accertata e di 6,35 dollari di entrate • fiscali dirette. Pur con le cautele necessarie, per non accettare un ragionamento basato ~ul falso principio del « post hoc - propter hoc », i risultati sono sorprendenti. • I • •' I I • I • . ;. • ~ . : i-~' : . . . B) Aiuti all'industria della ricettività titristica limitati agli esercizi alberghieri o estesi alle attività accessorie, sotto forrna di facilitazioni fiscali, agevolazioni creditizie, concessioni di contributi a fondo perduto ecc.· Questa forma di intervento si traduce in un'incentivazione all'offerta turistica e la sua giustificazione è la seguente: l'attività (o « industria ») alberghiera costituisce la necessaria premessa al turismo, ma, come s'è visto, assorbe solo un quarto della spesa turistica totale, e ·sopporta direttamente tutti i rischi conuessi all'oscillazione del .flusso dei visitatori. Sembra quindi giusto che la collettività nazionale o locale, che beneficia con minor rischio del resto della spesa dei turisti, si assuma temporaneamente il costo di incentivazione dell'industria alberghiera, nella fase di avvio, o in mo1nenti di crisi. 19. Bibliotecaginobianco

Spartaco Ana?1,ia C) Creazione di infrastrutture destinate in via principale, o per una certa aliquota, allo svilitppo del titrismo~ Rientrano fra le opere infrastrutturali sia le infrastrutture generali (viabilità, acqua, luce, fognature, sistemazioni di attrattive naturali) che quelle specifiche (approdi, darsene, eliporti, attrezzature sportive, attrezzature per la vita sociale e culturale in genere). In fatto di finanziament~ di infrastrutture è consigliabile la massima prude11.za. Il costo delle infrastrutture definite turistiche dovrebbe i11ogni caso risultare commisurato ai risultati economico-turistici sperati. In realtà, la componente turistica appare spesso minima per infrastrutture che possono, se mai, essere giustificate solo in vista di risultati socio-econo·mici globali. In tal caso la definizione « turistica » non è che un modo di confondere le idee. In altri termini, gli interventi per viabilità, acquedotti e fognature dovrebbero per la stragrande maggioranza dei casi essere imputati ai bilanci ordinari (o straordinari) delle opere pubbliche, e non al bilancio, solitamente molto smilzo, del turismo (a cui spetterebbero solo quando si tratta di infrastrutture in servizio• esclusivo di centri turistici autonomi). D'altra parte alcune opere nor1nalmente imputate al bilancio del turismo, come restauri di musei e chiese, scavi archeologici, ecc., appaiono sacrosantamente giustificate dal rispetto che ogni paese deve alla sua civiltà ed alla sua tradizione culturale. Seno·nché esse dovrebbero trovare la loro logica sistemazione nel bilancio ordinario che dovrebbe riguardarle come l'adempimento di un ~avere inderogabile verso le generazioni future. Ma sotto il profilo esclusivo della produttività immediata, la loro priorità, nei programmi turistici a breve termine, appare molto più bassa di quanto non si sia co·munemente disposti ad ammettere. Comunque, fatta salva l'importanza turistica di alcuni centri artistici ed archeologici di fama 1no,ndiale, lo sviluppo del turismo no11 è certo assicurato dai soli restauri di edifici di s.econdaria importanza artistica, e dalla valorizzazione di indecifrabili ruderi posti in località malnate. D) Facilitazioni in materia di procedure burocratiche, controlli polizieschi, valu,tari ecc .. Si applicano in ge·nere al turismo estero e possono- servire (sopratutto per quanto riguarda la materia valutaria) sia come manovra congiunturale positiva, in relazione ad analoghe manovre applicate da p-aesi concorrenti, che come contromanovra negativa, per ristabilire l'equilibrio nella bilancia dei pagamenti. Nel quadro di un'economia sempre più aperta, le facilitazioni diverranno sempre più gene20 BiQliotecaginobianco

Linee di un programma per lo sviluppo turistico del Mezzogiorno ralizzate, e le ·manovre restrittive sempre più difficili da applicare in relazio,ne alle convenzioni internazionali. E) Azione di divulgazione dei metodi per sviluppare il turismo e assistenza tecnica agli operatori turistici. Rientra in questo capitol~ l'azione delle autorità governative rivolta a diffo·ndere sopratutto· presso le amministrazioni locali, i gruppi di pressione e di interessi, le comunità ecc., la conoscenza dei vantaggi economici e sociali derivabili dal turismo e dei metodi pratici d'azione per ottenere risultati positivi nella promozione del turismo locale. Vi rientra pure l'azione nei riguardi ·di singoli operatori privati, rivolta alla diffusione della conoscenza delle facilitazioni concesse da leggi generali o speciali ecc .. Tale azione· può giungere fino all'assistenza tecnica e di mercato gratuita per gli operatori turistici, assicurata o finanziata da organi pubblici. F) Preparazione dei quadri e delle forze· di lavoro dal settore turistico. L'importanza di tale azione è talmente ovvia, che non è necessario sottolinearla. Peraltro una perfetta conoscenza delle caratteristiche specifiche secondo cui il problema si presenta nelle varie aree è necessaria perché l'azione pratica possa risultare realmente efficace. G) Controllo sugli standards dei servizi turistici. Rientra in questa azione il classamento degli esèrcizi ricettivi ed ausiliari, la fissazione di tariffe massime per le varie categorie, il controllo· del rispetto di tariffe e standards qualitativi da parte degli esercizi turistici ecc. ecc . ... ed in genere tutto quanto rientra nel concetto di difesa qualitativa dell'offerta turistica. A conclusione di questa breve ele·ncazio-ne degli strumenti d( promozione turistica, noteremo· che l'azione sotto il punto A) attiene alla promo·zione della domanda, mentre gli altri punti riguardano più pro-- priamente la promozione o la qualificazione dell'offerta. Una organica politica turistica non può risultare che da un perfetto coordiname·nto di queste· due azioni nel tempo e nello spazio, affinché tutte le attrezzature turistiche risultino pienamente impiegate, e commisurate in ogni momento alla domanda. La stagionalità e la ciclicità della domanda turistica rendono questo coordinamento particolarmente difficile, come vedremo in seguito. 2. - QUANTIFICAZIONE DEGLI OBIETTIVI DEI PROGRAMMI IN TERMlNl DI CONSUMI TURISTICI. - L'avvio di un discorso sulle possibil_i linee direttrici di specifici interventi settoriali turistici nel quadro di· una politica glo21 Bibl:otecaginobianco

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