Nord e Sud - anno X - n. 42-43 - giu.-lug. 1963

Processo al Nord settentrionale, essi devono imparare a saperci stare, a sinistra, come noi abbiamo imparato, io oso credere, a saperci stare, e a sapercisi muovere, a sinistra, grazie all'insegnamento di Gaetano Salvemini. Noi J abbiamo l'impressione che gli intellettuali di sinistra del Nord siano un po' troppo sofisticati! E se per gli ambienti industriali abbiamo rilevato cl1e c'è stato un certo loro cedi1nento in senso qualunquistico, dobbiamo rilevare che per gli intellettuali di sinistra c'è un cedimento in un altro senso, un cedimento verso un sinistrismo che è troppo di maniera, che è studiatamente estetizzante, che non è concretamente operante, perché è refrattario a quell'ottimismo riformista che è lo spirito con cui si portano avanti le grandi imprese delle democrazie. La conclusione, dunque, cui volevo pervenire, è questa, la nuova occasione storica è questa: dialetticamente, il grande dato negativo della storia italiana, il ritardo del Sud, può diventare il dato positivo. Perché, § !,, ammaestrati come sia1no da una certa lezione delle cose, noi possiamo forse creare nel nostro Mezzogiorno una società industriale non alienata, per così dire, non corrosa, cioè, e non corrodibile da quei mali tipici i per cui ora qua e là ci si comincia a lamentare delle società industrializzate o troppo industrializzate. E nello stesso tempo possiamo, forse, attraverso questa industrializzazione, portando avanti questa industrializzazione, frenare il processo di degenerazione di cui si dice che si.a investita qua e là la società delle regioni nord-occidentali italiane. Possiamo trovare, cioè, nel Mezzogiorno, soluzioni esemplari a quei problemi di equilibrio fra territorio, risorse e popolazioni che sono di- , ventati i problemi più difficili fra quelli con cui o·ggi si stanno confrontando tutti i grandi paesi dell'Occidente. Noi abbiamo cominciato guardando agli altri paesi, al Tennessee, al Galles, alla Linguadoca; oggi forse è venuto il momento in cui gli altri paesi cominciano a guardare alla nostra esperienza nel Mezzogiorno. Questa può anche sembrare, a taluni, una conclusione troppo ottimistica: può darsi, e del resto io sono tutt'altro c~e refrattario a quell'ottimismo democratico, a quell'ottimismo rifo,rmista che è lo spirito di cui dicevo che accompagna le grandi imprese delle democrazie moderne. Ma più che di una conclusione ottimistica, si tratta di una indicazione: dell'indicazione di una possibilità, che non do·bbiamo sciupare in questi dieci anni. MoNTANELLI. - Io non ho più nulla qa aggiungere a quello che ha detto-Compagna. Soltanto vorrei fare una piccola chiosa - non l'ho fatta a Milano e a Torino perché lì è meglio continuare a tenere il dito accusatore teso, ma la posso fare qui, a Napoli, fuo-ri di ogni sospetto - sugli inconvenienti dell'immigrazione meridionale al Nord. È vero, ha ragione Compagna quando dice cl1e .gli intellettuali del Nord hanno 255 Bib.iotecaginobianco

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