Nord e Sud - anno X - n. 42-43 - giu.-lug. 1963

Francesco Compagna e Indro Montanelli per quei migliori fra i meridio·nali che negli anni' '50, e anche prima, sono partiti per il Nord e poi si sono fatti valere nel Nord per le loro qualità di dirigenti moderni nelle attività economiche e nelle pubbliche amministrazioni. Se infatti facciamo il conto dei Mattioli, che il Sud ha dato al Nord, e dei Saraceno, che il Nord ha dato_ al .Sud, il risultato è questo: i primi sono troppi e i secondi sono troppo pochi. E poi non ci sono soltanto i Saraceni e i Martinoli che vengono nel .Sud perché convinti che il Sud è la terra di missione della democrazia italiana; ci sono ancora quelli che sono mandati nel Sud per punizione, perché il Sud è ritenuto essere la Nuova Caledonia dei cattivi funzio 1 nari italiani! E allora, ecco la conclusione, la mia conclusione, o la conclusione delle conclusioni, salvo ciò che poi vorrà dire ancora Montanelli: la politica meridionalista ha fatto grandi passi avanti. Noi oggi cominciamo a misurarne i risultati, come li ha misurati Montanelli nella recente inchiesta sul « Corriere della Sera ». E tuttavia, pur misurando questi risultati come risultati interessanti e promettenti, non siamo soddisfatti. Non siamo ancora soddisfatti perché sentiamo che la questione meridionale non è diventata la questio,ne che interess_a e impegna tutta la classe dirigente del paese. Nel Nord, in certi momenti, da parte di certi ambienti, si è guardato alla politica meridionalista - come diceva Montanelli - con indifferenza, a volte con diffidenza, a volte addirittura con insofferenza. E nel Sud si pretende di poterla risolvere, la questione meridionale, nell'ambito di ciò che resta delle vecchie consorterie locali. Ora si dice che noi siamo usciti da un decennio decisivo della vita italiana, il decennio del cosiddetto « miracolo ». È vero, ma è pure vero che noi stiamo per entrare in un decennio che è ancora più decisivo, il decennio del pieno impiego. Abbiamo un problema di strumenti da risolvere; e lo risolveremo sulla base delle esperienze che abbiamo fatto in questi dieci anni. Io non credo che questo problema degli strumenti presenti grosse difficoltà. Ma c'è pure un problema di quadri, e questo è molto più difficile da risolvere. Io non credo che lo risolveremo con un blocco classista, come instancabilmente vanno teorizzando gli intellettuali italiani di sinistra sulle orme di Gramsci. La società italiana oggi è molto più ricca di articolazioni di quanto non lo fosse al tempo di Gramsci. Io credo che un blocco di forze meridionaliste non può non avere oggi in primo piano attivamen te, oltre alle forze op,eraie, anche i tecnici dell'industria e natural- ,, mente i giovani imprenditori. E quanto agli intellettuali - nell'ambito di questa çonclusione vorrei aprire· una piccola parentesi, come l'ho dovuta aprire a Milano· - quanto agli intellettuali di sinistra dell'Italia 254 Bibliotecaginobianco I \ I

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