Nord e Sud - anno X - n. 42-43 - giu.-lug. 1963

Recensioni C'è da immaginarsi (anzi, c'è già da leggere) le reazioni della critica. Chi lo elogerà della spietata e sincera analisi di sé stesso, chi lo biasimerà per il torbido e composito compiacimento della propria malattia. In vero, la forma del diario è la più ambigua fra tutte. Né è poi esatto che in Italia sia ancora nuova. Quasi tutti gli scrittori dei nostri anni ci si son provati, dietro la guida di Gide. La novità, semmai, sarebbe dei pochi riusciti abbastanza bene, cioè abbastanza interessanti (e tra questi annoverian10 senz'altro La linea gotica). Quanto poi alla sincerità di questo o di qualsivoglia altro diario che abbia pretese di letteratura, ci si permetta di non credervi in assoluto. Anche nel diario più « moderno», v'è necessità che una parte di sé resti segreta: più segreta, certo, che nella pura lirica, ove in qualche modo si risolve in canto. Il Leopardi di « A Silvia » non vediamo quanto sia meno sincero di quello dello Zibaldone o dei Pensieri. V'è inoltre da dubitare forte che quando uno scrittore - come fa appunto il diarista - assume a personaggio sé stesso, debba costruire la sua figura come quella di ogni altro personaggio, pena il riuscire ad un'incoerente serie di notazioni e fatti staccati, ad un « racconto idiota fatto da un idiota». Con l'ovvia aggravante che se Flaubert può legii'timamente oggettivarsi, e costruirsi nella figura di Madame Bovary ( « Madame Bovary c'est moi »), il diarista molto meno legittimamente presenta un personaggio, che è la figurazione di sé stesso, come l'autentico e solo sé stesso. Nonostante ogni sforzo di obiettività e fedeltà al vero, egli avrà finito - se non altro - con l'immettere nel suo personaggio in qualche misura quel che vuole essere (e che poi questo che si vuol essere sia importante almeno quanto quello che si è in effetti, è altro discorso). D'altronde tutto il gran discorrere sul bisogno di sincerità, che si avvertirebbe « oggi » particolarmente, ci lascia indifferenti. È un bisogno che tocca poco chi è abituato a dire onestamente quel cl1e pensa, quando può, e altrimenti a starsene zitto. Tutt'al più ci rendiamo conto che possa essere urgente, come tardivo e gratuito rimorso, in chi è stato insincero « ieri ». Ma l'autore della Linea gotica di rimorsi siffatti non crediamo 1 che possa averne. Giacché abbiamo attaccato il discorso sui diari « moderni » in genere, ci si permetta qt1alche altra considerazione su di essi, prima di passare all'esame diretto del libro di Ottieri: dopo proprio quell'esame ci sarà più agevole. Non a caso la produzione di diari intimi fiorisce in epoche, come la romantica e la nostra, bisognose di eroi. Ma s'intende che l'eroe moderno è ben diverso da quello romantico; anzi, inorridirebbe al solo nome di eroe. Egli è il protagonista dei conflitti interiori, dei « complessi», della neyrosi. Non si sente la vittima del destino, il titano sconfitto, Prometeo incatenato; bensì la preda di istinti oscuri, il martoriato campo di lotta di incognite forze insondabili. Non può trovare riscatto che nella « psicologia del profondo», nel mettere alla luce della ragione - della fredda ragione scientifica - ciò che per sua natura è al dì sotto della ragione, o fuori al tutto della 217 - Bibliotecaginobianco

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