Antonio Palermo - Nicola Pierri realtà, « Menabò » n. 5). Siccl1é è riuscito facilissimo a Italo Calvino rispondere, proprio su questo stesso ingrato terreno: : « invidio la sicurezza di Umberto Eco nel credere che le ' forme ap-erte' siano più nuove delle ' forme chiuse'», quando anche le forme n1etriche, (la rima!), da un anno all'altro possono tornare ad avere un significato nuovo (La sfida al labirinto, ibidem)! Se Umberto Eco non avesse chiesto ai «classici» della nostra epoca più di quello che essi possono e debbono dare, la sua indagine· sarebbe stata fra le più nitide e significative. Ha voluto, invece, a tutti i costi costringerli a fornire una inconsistente 'copertura ideologica' a una merce culturale che egli stesso, frequentemente, ha avuto pudore di mostrare, o se lo ha fatto, l'ha esibita tacendo, molto saggiamente, il suo giudizio di valore. Sarebbe il caso, cedendo a un momento di malumore, di dar ragione all'estensore della p·resentazione del suo Diario minimo (Mondadori) - un divertissement a livello del miglior Flaiano -, secondo il quale, Umberto Eco sarebbe agitato dal timore (o dalla speranza) « che queste opere della mano sinistra rimangano le cose più ' serie ' che abbia mai scritto ». ANTONIO PALERMO La via aziendale alla classe operaia Si ricorderà il senso d'insoddisfazione e quasi di sconcerto lasciato nei critici delle precedenti opere di Ottieri, Tempi stretti (Einaudi, 1957) e soprattutto Donnarumm.a all'assalto (Bompiani, 1957): un romanzo con non pochi caratteri dell'inchiesta sociologica, la prima; un che di mezzo tra l'inchiesta e il ron1anzo, la seconda. Tutti d'accordo, i recensori, su di una cosa sola: che a mezza via l'Ottieri non potesse rimanere. Sulla direzione da prendere, però, c'era dissenso. I più vedevano in lui soprattutto un letterato, incapace di esperienze sociologiche obiettive, incapace anche di fornire dei suoi sentimenti politici altra espressione che letteraria; donde l'invito al romanzo puro, senza appesantimenti sociologici. Ma i lettori di « Nord e Sud» ricorderanno ancl1e l'esortazione opposta, che di qui venne rivolto all'autore. I romanzi sono tanti, le inchieste tanto pocl1e, vi si diceva. Ecco uno che è particolarmente do·tato per esse, ma che forse guarda ancora ad esse con un certo disdegno, quasi fosse letteratura minore. L'Ottieri doveva liberarsi da quella so·rta di malattia nazionale, vizio d'origine di tanti intellettuali italiani, che è « la fissazione della letteratura, per cui tutte le altre attività scritte sono al di sotto, ripieghi e surrogati per letterati falliti». In Donnarumma all'assalto si riconosceva un « carattere d'inchiesta autentica, anche se ancora viziata da tentazioni e schemi letterari »; e nel suo autore una particolare vocazione per gli studi sociologici, nutrita di « dottrina congiunta ad esperienza ». ., Ora com_erisponde l'Ottieri ai due opposti inviti? In modo apparentemente ancora più sconcertante: con un diario (La linea gotica, Bompiani, 1962). 216 Bioliotecaginobianco
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