Nord e Sud - anno X - n. 42-43 - giu.-lug. 1963

Antonino I zzo mente attiva, che sarà, però, assai arduo inserire in concrete ed ordinate attività produttive. Tal che non è, forse, azzardato affermare che i ritmi di incremento nella occupazione operaia napoletana, verificatisi fino ad oggi, debbano piuttosto ascriversi alla immissione nel circuito produttivo di forze di lavoro provenienti da altre provincie, e segnata-· mente dal Casertano e dal Beneventano, piuttosto che di forze di lavoro genuinamente locali. A questo proposito sarebbe impresa ardua voler conoscere, anche se in maniera solo approssimata, il « circolo » che quotidianamente si crea nella occupazione, - e nelle forme di questa occupazione, - tra le varie provincie campane. La sola cosa che può affermarsi è che Napoli rappresenta ancora il centro di gravitazio11e fondamentale di questo fenomeno. Ciò, a prima vista, dovrebbe significare un intensificarsi del processo di osmosi tra Napoli ed il suo hinterland, e segnatamente un crescente inserimento nel circuito economico napoletano di aree a tradizione e struttura agricole, prima del tutto estranee e « lontane » dal capoluogo. La verità, invece (se non tutta, almeno in buona parte), è probabilmente diversa, ed è da ricercare nel « pulviscolo di attività marginali che offre la città di Napoli, allettando i disoccupati, nell'assoluta maggioranza dei casi squalificati, a dedicarsi a tali attività che non li costringano al rispetto di orari e di ritmi lavorativi, o·ffrendo utili superiori, o per lo meno, uguali, a quelli che si potrebbero ottenere lavora11do in una fabbrica» (cfr. Cassi11is, nota 1). ·Questo allettamento che Napoli o.ffre alla popolazione residente nel capoluogo è assai probabile che eserciti analogo fascino su larghe correnti di immigrazioni « quotidiane » provenienti dalle provincie vicine. A questo riguardo è stato valutato che almeno- il 50% delle unità figuranti disoccupate in provincia di Caserta trova i propri guadagni in attività « marginali » svolte a Napoli. La funzione che Napoli esercita sulle forze di lavoro campane risulta pertanto, duplice e contraddittoria. Da un lato, cioè, è senza dubbi~ assai probabile che buona parte delle unità occupatesi nell'industria napoletana negli ultimi dieci anni sia stata for11ita da altre provincie campane piuttosto che da forze di lavoro genuinamente napoletane; dall'altra è, però, non meno probabile che le possibilità ·di « traffici » vari, di attività marginali che Napoli offre, esercitino un analogo potere di attrazione verso un notevole numero di « provinciali ». Nel settore terziario Tocchetti, Beguinot e Mazzuolo (pag. 47, op. citata) giustamente notano una saturazione ormai compiuta che può essere sbloccata so1o moltiplicando le iniziative realmente produttive. 124 Bibliotecaginobianco

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