Giornale a più voci che vi sono in quel paese tutti gli strumenti metodologici e legali necessari ai fini della pianificazione, mancando solo un programma globale, economico ed urbanistico insieme, forse perché la mentalità inglese, aliena da schemi astratti e sistematici, è portata ad agire su fatti concreti. Nella Germania Occidentale il problema è estremamente più complesso, trattandosi di un regime ad economia liberale, rifuggente, in linea di massima, da ogni tipo di programmazione ed avendo lo Stato una struttura federale. Comunque, fin dal 1957 è stato raggiunto un accordo fra Repubblica Federale e singoli Lander, accordo in cui si conviene che i grandi problemi di struttura del territorio saranno esaminati e discussi di comune accordo fra Governo Federale e Governi dei Lander. In Italia, i piani urbanistici che possono maggiormente prestarsi ad un assetto territoriale collegato all'azione delle variabili economiche sono i piani territoriali di coordinamento previsti all'art. 5 della legge urbanistica del 1942. Tuttavia, a distanza di più di venti anni, nessuno di tali piani è ancora divenuto operante per tutta una serie di ragioni che sarebbe qui troppo lungo ricordare. Né banno avuto miglior fortuna i piani intercomunali previsti all'art. 13 della legge urbanistica, che, pur avendo finalità più limitate rispetto ai « plans intercommuneaux » previsti dalla legislazione francese, avrebbero forse potuto evitare alcuni dei gravi inconvenienti che oggi si verificano. Gli studi relativi alla formulazione dei piani territoriali di coordinamento - il cui perimetro, con circolare del Ministero dei LL. PP. del 20 agosto 1950, fu fatto coincidere con quello regionale - iniziarono intorno al 1952. Si manifestò subito una certa varietà di indirizzo per quel che c~ncemeva il contenuto e le finalità dei piani stessi, pur unanimamente toncordandosi sulla necessità di tener conto della situazione del territorio e delle sussistenti possibilità di sviluppo economico. Nella introduzione allo « Studio territoriale sulla regione marsicana», pubblicato nel 1955, il Presidente della Sezione urbanistica del Consiglio Superiore dei LL. PP., chiarì quale dovesse essere la funzione dei _piani terrjtoriali regionaji: . « È appunto nei rapporti coi piani economico-politici che si chiarisce il carattere e la funzione dei piani regionali: essi non sono affatto dei superpiani, che pretendono di dettar legge a tutti, né intendono sostituirsi ai piani economici o ai programmi tecnici di settore: si tratta invece - come dice la legge - di piani di coordinamento, i quali, inseriti tra i piani economici da un lato ed i programmi tecnici dall'altro, assicurino l'armonia e la coordinazione nel passaggio dagli uni agli altri ». · Ora, un tal modo di vedere corrisponde':a ad una rigida interpre~azione dell'art. 5 della legge urbanistica del 1942, prescindendo, però dalla esigenza di collegare strettamente la pianificazione territoriale con uno schema di sviluppo economico del territorio considerato dal piano stesso. Così, mentre in Lombardia gli studi si indirizzarono verso un piano a carattere orientativo, tenendo conto delle variabili economiche soprattutto agli effetti delle previsioni relative agli insediamenti industriali ed alle 61 Bibliotecaginobianco
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