Rocco Palestra 1nutui che contraggono, onde non possono fare: a meno di applicare le sovraimposte. Dall'altra parte la nuova politica agraria per le colline dovrebbe favorire per quanto possibile la diminuzione delle spese aziendali. Sembrerebbe di poter concludere che una redistribuzione delle terre collinari sarebbe consigliabile a due condizioni: 1) che la classe d'ampiezza delle singole aziende possa dare un ricavo netto, fatto di redditi di lavoro e di utili netti aziendali, pari a quel che guadagna annualmente un buon operaio dell'industria; 2) che si adottino certe misure, fra le quali, principali, un'ottima assistenza tecnica e l'alleviamento dei disagi della vita in campagna. Questo discorso, però, presenta alcuni lati deboli. Non tiene co,nto, per esempio, delle previsioni che sembrano sfavorevoli ad un futuro aumento dei consumi delle carni ovine. Infatti uno studio della Signora Vera Cao Pinna, avente per oggetto le « prospettive dei consumi alimentari in Italia» (distribuito ai delegati alla Conferenza Nazionale dell'Agricoltura), mentre prevede per il 1970 considerevoli aumenti nel consumo delle carni bovine, per quelle ovine invece prospetta una diminuzione (dalle 65,6 migliaia di tonnellate del periodo 1955-57 a 59,4 per il 1970). Secondo lo stesso studio il co11sumo dei formaggi ovini dovrebbe aumentare, però,· di circa 2.000 tonnellate. Un altro punto che solleva .dubbi sulla possibilità di una valida esten- . sione della p-astorizia è il 1nancato interesse dello Stato per gl_i ovini non transumanti, nel senso cl1e essi non sono studiati, non sono selezionati, non v'è alcun tentativo di migliorarne la produzione o di introdurre nuove razze~ Forse faceva eccezione il gruppo selezionato da Stigliano a Bella, in Lucania. Se è vero che le pianure litoranee non potranno più servire da pascoli invernali, sarebbe tutt'altro che fuori luogo l'istituzione di un « Ovile di Stato » per gli ovini non transumanti, sul tipo di quello nazionale di Foggia. Incidentalme11te, e per quanto s'è premesso, è da presumere che esso fra vent'anni sarà qualcosa fuori della realtà così come s'è venuta formando. Un terzo elemento di dubbio è questo: a quale tipo di meccanismo si farà ricorso per ridis~ribuire le terre collinari e quale sicurezza di ben fare si avrà in un clima che, a dir poco, è mo~to diverso da quello dei tempi della riforma fondiaria, se no11 per altro percl1é la « fame di terra» non esiste più. Forse sarebbe bene procedere per tentativi. S'è parlato di espr<Y prio per le terre abbandonate. Questo non sembra, per il momento almeno, necessario. Con ogni probabilità il numero di proprietari di terre collinari desiderosi di vendere, sopratutto in alta collina, oggi non dev'essere piccolo. Non si potrebbe iniziare il lavoro acquistando la terra? Di qui l'esigenza di un ammodernamento, 110n iroppo difficile, della Cassa per la Piccola Proprietà Contadina cl1e dovrebbe includere un acceleramento, anch'esso non troppo difficile, dei tempi necessari all'acquisto, gggi troppo lunghi ed estenuanti. Ed anco,ra: si immagini la trasformazione compiuta e le terre collinari coperte di boschi, pascoli, armenti, aziende familiari ben solide. Quali agricoltori vi saranno a condurle? Quelli "istruiti per televisione? Non 56 Bioliotecaginobianco .
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