Giornale a più voci dare anche in suoli argillosi buone qualità di fieno, con circa il 19% di proteine e che ha una considerevole attitudine ad autodiffondersi (boli. n. 608 della Vermont Agr. Exper. Station). E questo porta a dire che, pur conoscendosi benissimo il vantaggio di associare i germi specifici a certe leguminose, noi in pratica non lo faccian10. Questa associazione ha un'importanza economica che noi sottovalutiamo. Chi scrive ebbe occasione di acquistare negli Stati Uniti semi di due varietà di questo trifoglio ed ebbe la sorpresa di trovare i11 ogni sacchetto un involucro di plastica contenente il germe specifico. Sarebbe poi assai interessante w1a ricognizione botanica dei pascoli collinari allo scopo di identificare le specie leguminose spontanee, e studiarle, per diffondere le più utili. Esiste certamente una relazione tra percentuale di proteine di un'erba, di un fieno, e numero e peso degli animali che vivono su quel pascolo; ma non pare che noi si faccia qualcosa di concreto per favorire l'allevatore con questo tipo di aiuti, la cui rilevanza economica è evidente. Data la relativa scarsa fertilità delle terre collinari è difficile prevedere che possa restare dov'è nato ed essere attratto da attività agricole un agricoltore che non abbia un'azienda di ampiezza tale da permettergli di guadagnare una sornma an11ua che Io metta alla pari con altre categorie di lavoratori. Oggi nessuno che coltivi la terra senza far appello a troppa mano d'opera estranea ne possiede tanta da poter guadagnare come un operaio dell'industria. Se ben si considera, la terra, per una simile categoria di agricoltori, non è che tino strumento di lavoro. Questo è un concetto che si potrebbe estendere e trarne conseguenze interessanti. Si può senza troppo sforzo immaginare una classe di agricoltori proprietari, che, utilizzando mano d'opera prevalentemente familiare, guadagnino ' sulle terre collinari so,mme simili a quelle di un buon operaio dell'industria. Se infatti si ammette che il co1npenso di un pastore non può essere inferiore alle 500.000 lire per an110 e che anzi dovrebbe essere maggiore, che un aiuto costa non meno di 200.000, che il fitto dell'erba o dei terreni su 60 ettari si aggira intorno alle 360.000 lire annue (cifra non eccessiva) ne consegue che l'agricoltore, come sopra ipotizzato, potrà guadagnare un milione l'anno, somma fatta di reddito di lavoro e dall'assenza di estagli. In realtà guadagnerà di meno percl1é la somma totale annua delle sue entrate è soggetta a diminuzioni per cause varie, non tutte eliminabili come la siccità. E per questo motivo, perché c'è u11 rischio connesso alla natura stessa della pastorizia, l'agricoltore collinare dovrà essere aiutato in molti modi: con la tenuità degl'interessi sui mutui, dall'assenza di gravami che sono residui del medio evo, dall'igiene dei ricoveri e degli abbeveratoi,. dalla buona cura dei pascoli e da un'assistenza tecnica efficace, appassionata e continua. Ed in.fine da un'opportuna riduzione delle imposte e dei contributi. L'applicazione delle sovraimposte sui terreni collinari ha due aspetti contraddittori. Da un lato i Comuni e le Provincie montane, povere per definizione, hanno bisogno di fondi per le loro attività, e per garantire i 55 Bibliotecaginobianco
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