Nord e Sud - anno X - n. 41 - maggio 1963

Giornale a più voci essere, fra le altre, le seguenti: la presenza di un gregge, un'ampiezza tale da permettere quei. guadagni di cui si diceva, pascoli e culture foraggere buone, la possibilità_ per la famiglia coltivatrice di sommare nel ricavo totale utili netti aziendali e reddito di lavoro, la mancanza di oneri sul possesso della terra. Nell'impostazione silvo-pastorale qell'economia agraria collinare hanno grande importanza gli allevamenti, bradi, semi bradi e stabulati. Qui di seguito. si parlerà degli ovini, rimandando un discorso sui bovini ad altra occasione. Finora gli allevame11ti bradi ·erano fondati sull'antichissima pratica della transumanza. I grandi tratturi meridionali furono creati per essa. Oggi i greggi transun1anti sono ridotti ad una frazione piccolissima di quel che erano solo trenta anni or sono. Allorché le pianure litoranee furono liberate dalla malaria, il loro destino fu segnato. La vocazione pascoliva di quelle terre ha dovuto, per forza di cose, cedere a poco a poco ad altra più idonea a dare ricavi netti maggiori ed a permettere un più largo impiego di mano d'opera. Le culture irrigue finiranno col prevalere del tutto allorché l'acqua nei campi costerà poco e le produzioni saranno quel che vorrà il mercato. Allora non vi sarà più posto per le greggi svernanti in pianura e nessun poeta canterà i tratturi: « l'erba! fiume silente». Se l'allevamento della pecora dovrà sopravvivere, ed esso è certo parte di un'economia silvo-pastorale, sarà necessario dunque che si adatti alle nuove condizioni, le quali richiedono che esso sia legato all'azienda collinare per tutto l'anno. Questo già sta accadendo, pur fra molte difficoltà, che finiranno col diventare eccessive se non si escogiteranno adeguati rimedi. se· si vuole evitare, per quel che si può, lo spopolamento, si dovranno studiare nuovi modi per favorire 1naggiori ricavi da un gregge stabile su ~un'azienda collinare sufficientemente ampia per mantenere un gregge di 200 capi. Si può dimostrare cl1e questo numero di ovini, su 60 ettari, può dare un utile lordo oscillante fra 1.200.000 ed 1.500.000 lire annue. Ma gran parte di esso è speso in mano d'opera e pagamento di fitti. Comunque, se è vera- . mente possibile ottenere simili utili lordi, il problema di rendere attivo il bilancio di un'azienda agraria di alta collina si riduce ad escogitare i mezzi con cui le spese per mano d'opera, per fitto d'erba o di terreno, diventino un reddito di lavoro ed un utile per la famiglia dell'agricoltore. È da avvertire però che i calcoli che portano a questi risultati sono, se non ottimistici, ipotetici; perché in pratica le fo-nti d'incertezza non sono poche e le cause di perdite sono difficilmente eliminabili senza spese. Fra queste, importantissimo è il salario del pastore. Il mestiere è tra i più scomodi, richiede un'ottima prestanza fisica, una discreta conoscenza di certe regole ed una più che discreta abilità. Varrone non lo voleva analfabeta - non sine litteris, scrisse - e da allora le cose non sono cambiate. Ma oggi trovare un buon pastore non è facile, non sono frequenti nemmeno i mediocri. È un mestiere che va scomparendo a causa delle scarse remunerazioni che gli utili del gregge non perrr1ettono di aumentare, del disagio che il mestiere comporta, della solitudine ch'è nella sua natura e forse 53 Bibliotecaginobianco

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