Nord e Sud - anno X - n. 41 - maggio 1963

Giuseppe Galasso ., N connotazione puramente economica assai mobile, ed inoltre estrema- (' mente ambigua a seconda del punto di riferime11to che si adotta. 3. L'insistere sulla matrice tecnico-scientifica della « società opulenta » e sulla scomparsa che essa segna dell'indigenza era una premessa indispensabile per introdurci in quell'analisi delle valutazioni finora offerte della nuova società che è forse la via migliore di tracciare un rapido panorama delle prospettive e dei problemi che ne derivano. Quando si parla di « società opulenta » il pericolo primo e maggiore è certamente quello di cadere in una visione avveniristica delle cose non più consistente di un miraggio o di una fantasia. L'idillio di una società umana che affidi ad un esercito di schiavi meccanici il compito di servirla in tutte le sue materiali esigenze e non abbia altro problema che di organizzare e di vivere una vita di delizie e di godimenti è stato ampiamente diffuso sulle terze pagine e i rotocalchi di tutto il mondo fin dalle prime volte che si cominciò a parlare di automazione. In realtà, una tale idillica prospettiva del futuro degli uomini è frutto di una veduta gretta e, insieme, utopistica. La « società opulenta » non fa che risolvere alcuni dei problemi sociali e. umani; altri non risolve; altri ancora fa nascere ex novo o per lo stesso fatto di una parziale soluzione .dei problemi passati. Già l'avvento stesso della « società opulenta » è , t contraddistinto da crisi drammatiche, da lotte, da contrasti penosi. Ha J 'i giustamente notato Jean Fourastié: , « Eliminazione progressiva del lavoro servile, riduzione della durata del lavoro, allungamento del periodo scolastico, aumento della durata media della vita, miglioramento del tenore e del genere di vita: ecco una serie di sviluppi estremamente favorevoli nel loro complesso, per tutta l'umanità. Ma questi sviluppi sono accompagnati, nei loro dettagli, da sofferenze gravi. Essi sono, infatti, imposti dalla disoccupazione e dalle crisi economiche, poichè coloro che hanno un mestiere non lo cambiano, per lo più, volentieri. Il passaggio dalle attività primarie a quelle terziarie si realizza perciò mediante una serie di rotture. È stato necessario che uno dei nostri avi decidesse di uscire dal suo ambiente tradizionale e ciò ha comportato per lui, e spesso per i suoi discendenti, un grave disorientamento intellettuale e morale, e non di rado grandi sofferenze fisiche, e la perdita del suo patrimonio. È stato necessario che alcune generazioni finissero miserabilmente, come tante ne abbiamo visto finire noi nelle campagne, in casolari cadenti, rovinati dall'evoluzione dei consumi, dalla 1naggiore produttività ottenuta in certe terre o con determinate tecniche, eliminate insieme con la loro produzione tradizionale che ha cessato di essere redditizia» (Le grand espoir du XX siècle, Gallimard, Paris 1963, p. 329). / Ma non è soltanto il processo di sviluppo della « società opulenta » 12 Bibliotecaginobianco

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