Nord e Sud - anno X - n. 41 - maggio 1963

Vittorio de C'aprariis di principio•, a dir poco alquanto disinvolte,· non siano state rilevate in trent'anni di indagine storica. Innanzi tutto si deve osservare che quando Beard utilizza i documenti del Ministero del Tesoro americano per stabilire la posizione patrimoniale dei costituenti di Filadelfia~ si serve di documenti che datano dal 1790 : il che vuol dire che non esiste nessu11a prova sicura del fatto che un costituente, iscritto nei libri del Tesoro nel 1790 o nel 1793 per una somma di mille dollari di debito pubblico, possedesse i titoli di tale suo credito già nel 1787. Abbiamo qui soltanto una presunzione di prova: e sappia1no bene che una presunzio,ne di prova è piuttosto poco sul piano della certezza storica. Inoltre, pro,prio un'analisi delle tabelle stabilite da Beard sul rapporto tra ricchezza immo·biliare e ricchezza mobiliare fa sorgere gravi perplessità sulla tesi che i detentori di un decimo della ricchezza nazionale potessero riuscire ad imporre la loro volontà ai detentori degli altri nove decimi. E quanto a questi ultimi, i quali erano in maggioranza piccoli proprietari terrieri, Beard non può supporre in loro a pagina quaranta una « solida coscienza » dei loro interessi ed assumere, insieme, negli ultimi tre capitoli, una mancanza quasi assoluta di tale coscienza. Né si possono accettare le conclusioni del libro per quel ·che riguarda le costituenti che ratificaro,no la Costituzio,ne: l'autore, affermava, in sostanza, che i federalisti, consapevoli del fatto che le assemblee legislative dei singoli stati erano contrarie al nuovo documento costituzionale, provvidero a che questo fosse ratificato da altre assemblee specificamente elette per la bisogna. Ma se gli elettori che elessero le convenzioni di ratifica erano gli stessi che avevano diritto di voto per le assemblee legislative, non si riesce proprio a comprendere quale senso avesse la manovra dei federalisti. In realtà, non vi furono considerevoli mutamenti nelle leggi elettorali; e là dove vi furono, si ebbero proprio ad opera delle famose assemblee legislative: talché bisognerebbe presumere che queste furono così sciocche da approvare misure che tendevano ad esautorarle. Valutando spassionatamente le prove vien fatto spontaneo di pensare che, se la Costituzione di Filadelfia fo·sse stata approvata dalle assemblee legislative, gli storici d'ispirazione progressista avrebbero sostenuto, con la stessa logica astratta, che essa era stata ratificata da organi incompetenti a farlo. E qui viene al pettine un altro dei nodi della questione: le legislature dei singo,li stati non avevano competenza per approvare o respingere un progetto costituzio11ale che apportava sostanziali modifiche all'apparato dello stato federale; e fu per questa ragione che i federalisti ottennero che fcssero elette delle convenzioni di ratifica. L'idea della cospirazione proprietaria è, da questo punto di vista, completamente fuorviante. " 120 Bibliotecaginobianco ·

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