Nord e Sud - anno X - n. 41 - maggio 1963

Cronaca Libraria terre accenna a diffondersi. Questo, a chi ama il Sud anch~ in funzione europea, e l'Europa anche in _funz~o~e meridionalistica, è ragione d1 let1z1a. N. P. ERALDO M1sc1A: Le teste di celluloide. Cino Del Duca editore, 1962. Un critico attento ai problemi della letteratura della « nuova Italia», Ferdinando Virdia ha scritto a proposito di Eraldo Miscia: « In una letteratura che si sta orientando verso una sorta di tecnica dello scrivere commisurata ad esigenze industriali, oppure a imporsi temi la .c~i funzionalità ideologica non va al d1 la di taluni interessi contingenti (Il Miscia) è uno dei pochissimi che, rifiutano il mestiere di bracciante delle lettere tengono fede a una loro visione della vita che si esprime in una coraggiosa ricerca, rifiutando ogni . lenocinio ed ogni compromesso ed impegnandosi direttamente sulla pagina»: Ciò spiega, in effetti, perché questi tre romanzi brevi di un autore così avaro di pubblicazioni siano tutt'altro che una velleità ma un serio risultato. Specialmente il primo - che _dà ~1 titolo al volume - e nel quale 11 Miscia offre più compiutamente la misura di se stesso. « Le teste di celluloide » è vicenda esemplare: un gruppo di personaggi legati all'industria cinematografica preparano un film sul famoso bandito Giuliano, assaldando cineasti e intellettuali più a colpi di promesse che di assegni. Si snoda ~ttorno al protagonista (che narra 1n prima persona) una processione dei fatti e di personaggi tipici della cinematografia e della Roma degli anni cinquanta: ex gerarchi, industriali improvvisa ti senza tradizioni e capacità di rischio, gente di cinema che passa da un'impresa sballata a un'altra. Tutta una società, insomma, che non vive d'avventura ma di espedienti, che non ha coraggioso senso imprenditoriale ma passione per i mi ti facili e passeggeri. Primo fra tutti quello del denaro, della ricchezza guadagnata con un colpac- _Bibliotecaginobianco cio, con una « dritteria », con il sapersi inserire in una situazione fortuna ta: « ce stanno da fa' li sordi no? E allora buttamose ». Una morale continuamente delusa dalla vita e ridotta dentro i limiti dell'illusione perché il denaro si rivela difficile e amaro: perciò i personaggi hanno un chè di stravolti e di allucinati. La catena degli intrighi è dominata dalla figura del mitico bandito sempre più lontana e irraggiungibile, come la ricchezza e il successo, finché il p~otagonis ta dice a se ste~so: « n~? siamo partiti e non partiremo p1u » e? sconfitto trova un altro lavoro, fuon del cin~ma. È una conclusione che accenna alla fine di un'epoca, alla fine del primo dopoguerra r~man?, ·m~ntre in una sera d'estate gh str1llom annunciano che « Turiddu » il bandito è stato ucciso dalle forze dell'ordine. Anche gli altri due romanzi bre:7i che compongono il volume sono st_or1e del dopoguerra: « Occhio per occhio» narra l'ossessione di un reduce che, tornato nella sua casa abruzzese, assiste alla straziante fine della moglie morsa da un cane idrofobo e crede di esserne rimasto contagiato; « Chi cavalca la tigre» è invece la storia di una campagna elettorale in un collegio di provincia. Due pezzi minori rispetto al primo ma in cui si colgono le stesse capacità di intuire insieme situazioni storiche e umane. Il reduce di « Occhio per occhio», pur dominato dalla sua lucida ossessione, sa essere testimone di alcuni fatti di cronaca all'indomani della liberazione di Roma; e i giovani protagonisti della campagna elettorale in una provincia politicamente provvisoria ed insieme non priva di un'atavica scettica saggezza, sentono e riflett~no fermenti di cose nuove, di un febbrile e ancora oscuro muoversi del., la società italiana. E poiché, malgrado l'ironia e_la vena parodistica, Miscia sa tenersi legato saldamente all'intuizione storica e alla ricostruzione d'ambiente non è troppo attendersi da lui risultati più impegnativi: un romanzo per esempio di impianto classico e di più ambiziose intenzioni. E. C. 107

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