• Tarcisio Amato sistemazione e di integrazione della ricca messe di notizie, particolari e aneddoti che il Croce stesso offre al suo biografo. Il Nicolini, insomma, è stato così un po' l'Eckermann del Croce, anche se egli, con cattivante modestia, ha preferito scrivere che i propri rapporti col filosofo furono ~in dall'inizio « mo,lto simili a quelli tra il goethiano Wagner e il parimenti goethiano suo omonimo ». Non si deve tuttavia nascondere per questo che la posizione privilegiata dell'A. poteva anche dar luogo ad altri inconvenienti, i quali appaiono bene evidenti al lettore non sprovveduto. Accade infatti, durante la lettura di quest'opera, di avvertire a vo,lte un po' troppo direttamente l'ideale presenza del Croce, vuoi a dettare una certa interpretazione di vicende e atteggiamenti della propria vita, vuoi a suggerire precisi giudizi su uomini e cose dell'età che fu sua, vuoi anche ad incutere un certo « timor reverentialis » nel suo biografo. Il Nicolini, ad esempio, a parte vicende stretta1nente private del filosofo su cui ha voluto discretamente tacere, quasi ·niente ci ha detto sui rapporti intercorsi fra il Croce e il Gentile, rapporti che ebbero un peso grandissimo nella vita culturale e politica del nostro paese. In effetti egli si è soffermato molto di più sui legami del filosofo col Serra, i quali, significativi ed illuminanti come sono per la conoscenza delle speranze, illusioni e delusioni del Croce durante l'età giolittiana, hanno tuttavia un significato, che in prospettiva appare assai più ridotto. Vero è che, a proposito di quella drammatica vicenda, l'A. confessa che nulla a lui tanto pesa « quanto in siffatto argomento non men delicato che doloroso, discendere in particolari». Più strana perciò ci è sembrata la reticenza del Nicolini su quella che pure· è stata una pagina assai importante della cultura antifascista di ispirazione liberale: voglian10 dire cioè del lungo sodalizio che legò il Croce all'Omodeo. Eppure sono a tutti note le parole che proprio il Croce, ricordando l'amico scomparso e la sua ventennale collaborazione, ebbe significativamente a scrivere: « Così cominciò la nostra collaborazione, che credo che anche a lui fosse utile· in più rispetti, ma certamente utile fu a me, che potei, in quella relazione quasi quotidiana, in quello studiare allo stesso tavolo·, in quello scambiarci osservazioni, verificare e rassicurare me stesso al saggio di un'altra mente, fondamentalmente consenziente con la mia, ma con esperienze e attitudini sue proprie, e con una propria originalità e un proprio stile; al quale effetto di arriccl1imento interiore non mi bastava la semplice simpatia e rispondenza d'idee e mi occorreva il dippiù e diverso, che mi faceva dire che dagli. scritti di quel mio collaboratore io " imparavo" ». Quanto poi alle diverse e significative scelte politiche che i due uomini fecero dopo la caduta del fascismo, il Nicolini si limita a scrivere laconicamente che « di fronte a questa o quella contingenza politica, l'atteggiamento dell'Omodeo non coincideva sempre con quello del Croce ». Ma questa strana reticenza dell'A. è forse la prova più evidente dell'esiguo interesse eticopolitico che sta al fondo della sua pregevolissima opera di lettératura. TARCISIO AMATO 98 I \ Bibliotecaginobianco
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