Nord e Sud - anno IX - n. 35 - novembre 1962

• Michele Novielli del contadino-proprietario. I terreni della zona non sono dei più fertili: li rende produttivi la tenacia dei contadini, che vi hanno piantato ulivi, mandorli e viti in grande quantità. selezionando le colture e adeguandole alla conformazione dei terreni. Il particolare e selezionato prodotto che si ricava da questo lavoro, potrebbe consentire un livello di vita più alto al proprietario, se la condizione di mercato, la imposizione degli oli di origine industriale e vegetale, di semi e di altre materie a prezzi più bassi di quelli di oliva, e le crisi metereologiche di quest'ultirni dieci anni non immiserissero il suo reddito. Il terreno coltivato e appartenente per censo al comune di Sannicandro è poco più di 3500 ettari e comprende in massima parte uliveti, per 1/9 vigneti, per 1/12 mandorleti: cioè 60% uliveti, 303/o vigneti, 10% mandorleti, il rimanente pascolo e seminativo. I rapporti e le percentuali considerati riguardano le singole colture, perché non è infrequente il caso che fra gli uliveti vi siano molti alberi di mandorle e viceversa. Il prezzo dell'olio prodotto a Sannicandro, uno dei migliori di tutti gli oli italiani ed esteri (0,9-0,5 di acidità), durante il mese di novembre scorso si è aggirato intorno alle sessantamila lire al quintale. Per ottenere t1n quintale di olio nelle annate normali, occorrono da 4,5 a 5 quintali di olive. Lo scorso anno, a causa della siccità (durata dal mese di aprile al mese di ottobre) e a causa de1la mosca olearia, ogni quintale di olive ha reso al massimo 15 kg di olio (15% rispetto al 22-23% degli anni normali: dunque, per ricavare un quintale di olio erano necessari 7 od 8 quintali di olive cl1e quotavano sul mercato un massimo di 7000 lire al quintale per la resa bassa). Scrivevo in un articolo apparso nel numero di giugno di questa rivista: volete sapere di che cosa è fatto un contadino? di risparmio e di diffidenza. Le sue azioni, i suoi gesti, i suoi movimenti qt1otidiani si snodano, si sviluppano, da lì, da quell'impasto, da quell'universo di diffidenza e di risparmio. La diffidenza è un prodotto della terra, come il mandorlo, come l'uva, più che un carattere, un tratto psicologico dell'uomo, del contadino. Ha le stesse radici del risparmio, affondate nella terra: ubbidisce alla logica inevitabile della sicurezza, della difesa contro il clima, contro il cielo che con una grandine può rovinare un raccolto e contro la terra che ha i suoi corsi alterni di rendimento e di tregua, e che spesso non rispetta nemmeno questo ritmo, questo calendario. Il contadino non ·sa odiare la terra (non saprà mai odiarla), ma cordialmente ne diffida. Il passaggio è breve da una diffidenza di origine, di formazione direi geologica, all'altra verso l'uomo, verso l'altro che lavora la terra e verso l'altro che vive in un mondo diverso, l'artigiano o il cittadino. Il progresso meccanico ha accentuato il suo isolamento, la sua diffidenza: tra l'uomo della città con i suoi privilegi e le sue conquiste e lui con i suoi problemi eterni non c'è più una divisione (che era una distinzione di classe, una gerarchia di valori ieri), ma un confine; c'è più distanza oggi di ieri tra il cittadino che possiede un'utilitaria e il contadino, sia pure il proprietario terriero che possiede tutti i segni della tradizionale ricchezza. 52 Bibliotecaginobianco

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