Nord e Sud - anno IX - n. 35 - novembre 1962

• Francesco Compagna a riconoscere come geografico, gli studiosi di geografia, salvo alcune lodevoli eccezioni, hanno dato un loro contributo all'aggravamento di un male tipico della cultura accademica italiana: la incomunicabilità fra le varie discipline. E dico, infine, che, in conseguenza, gli studi geografici non possono ancora contribuire in Italia, come già contribuiscono altrove, alla fondazione dello Stato, e non si pensa neanche che si debba sollecitare il loro contributo: in Francia, per esempio, Le Lanno·u ha collaborato strettamente con Pleven ai piani di risollevamento economico dell'Ovest, Phlipponneau è presidente della Comn1issione regionale per l'espansione economica della Bretagna, Gravier (allievo di Albert Démangeon) è il più autorevole studioso e consulente nelle questioni di aménagement du territoire; in Italia, invece, i contributi di Toschi ai piani di Ivrea e del Trentino, o all'elaborazione del codice dell'urbanistica, sono rimasti un fatto isolato, quasi eccezionale. È vero che sono stati chiamati a far parte delle Commissioni di studio dei piani territoriali di coordinamento (ma non di tutte) alcuni geografi, Toschi e Candida per il Veneto, Scarin per la Liguria, Toschi e Merlini per l'Emilia - Romagna, Bonasera per le Marche, Castaldi per la Campania; ma nessuno ha pensato che si dovesse cl1iamare ancl1e un geografo a far parte della commissione per la pianificazione nazionale - istituita dal Ministro del Bilancio nell'agosto del 1962 - così come vi è stato chiamato, e giustamente, un autorevole urbanista (Bruno Zevi). 2) È vero, dunque, che io mi sono posto il problema degli studi di geografia applicata. E me lo sono posto, questo problema, avendo presente proprio quell'insegnamento di Toschi del qt1ale, secondo Colamonico, io non avrei affatto tenuto conto. Afferma, infatti, Colamonico che, parlando di geografia applicata, e avendo la sensazione di trovarmi « al cospetto di un ambiente non aperto se non agli iniziati », mi sarei limitato a indicare « la opportunità e l'urgenza di spalancarne le porte e le finestre, per immettervi folle di nuovi abitatori». E questo quando Toschi aveva scritto a suo tempo: « cl1iunque faccia della geografia, se è buona geografiq, ben sia accolto fra noi, qualunque ne sia la provenienza, fin che si occ11pa di problemi nostri e reca contributo ai programmi dei nostri studi ». E ancora: « gli chiediamo soltanto di riconoscere che quei problemi, anche se dapprincipio egli li ha sentiti come problemi per esempio, di sociologia, di economia, di politica, sono problemi di geografia, anche se di geografia speciale, umana, economica e politica ». Ma a questa proposizione di Toschi ancl1e io, come _Colamonico, << non esito ad aderire quasi del tutto.», anzi del tutto senz'altro; anche J22 Bibliotecaginobianco

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