'- Difesa dell'Europa ed • europeismo di Vittorio de Caprariis Negli ultimi due anni il Mercato Comune l1a dimostrato di avere una vitalità sorprendente: si sono guadagnati due anni sulla tabella di marcia prevista dal Trattato di Roma per la riduzione delle tariffe doganali; si è avviata una politica agricola comune dei sei paesi aderenti; si sono posti allo studio i principali problemi economici e sociali che la Comunità dovrà affrontare nei prossirni dieci anni. Tuttavia, questo slancio costruttivo, che ha sorpreso gli americani, che ha costretto gli inglesi a cercare una forma di adattamento alla nuova realtà economica europea e che, a leggere i corrispondenti da Bruxelles, esalta e riempie d'orgoglio, i « tecnocrati » del MEC, questo slancio costruttivo non deve trarre in inganno. Mai, forse, l'europeismo, ossia il disegno di costruzione di una struttura federale europea è stato così lontano dalla sua meta come lo è oggi. Questo è un dato di fatto di cui occorre prendere coscienza virilmente, non solo per evitare di cadere nelle trappole della « confederazione » o dell' « Europa delle patrie », ma anche per i11tendere le ragioni vere di questa perdita di velocità dell'Europa politica, che si verifica nel momento stesso in cui l'Europa economica accelera la sua corsa. Ed è appena necessario aggiungere che comprendere le ragioni di tale fenomeno è indispensabile per prendere le misure più adatte a sbloccare la situazione ed a togliere di mezzo gli ostacoli, per fare sì, insomma, che il treno europeo possa riprendere la sua marcia. D11e,anni fa, nel numero dedicato ai problemi europei che Nord e Sud pubblicò per onorare la memoria del nostro indimenticabile amico Renato Giordano, stampammo un articolo molto acuto di Liithy sui limiti delle agenzie specializzate europee. La valutazione fondamentale di Liithy resta esatta ancora oggi: le istituzioni economiche comuni, malgrado la loro formidabile vitalità e l'enorme potenziale di espansione che recano in sé, non bastano da sole a creare la struttura federale europea. L'Europa politica non è, e non può essere, alla fine di una sempre più spinta integra·zione economica: il passaggio da questa all'integrazione politica esige un salto qualitativo, o, se si preferisce, un rivoluzionamento politico. Questo semplice ragionamento basta a far prendere coscienza del dato elementare che gli ostacoli che si frappon7 Bibli~tecaginobianco
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