\ Editoriale e di cultura, sia perché non costituiscono casi isolati, e altri nomi co11 i loro si potrebbero fare, di crociani che non sono passati direttamente a Marx e che tuttavia non sono rimasti spettatori inerti delle vicende, rifugiandosi in ricerche erudite - qui non si fa questione di regole e di eccezioni, ma si vuole semplicemente avanzare il dubbio che certe interpretazioni che stanno diventando correnti, di moda, risentano di pregiudizi polemici e possono generare equivoci dannosi o per lo meno spiacevoli. E così, a chi volesse osservare che ciò che non risulta del tutto vero per la generazione dei Ragghianti e dei Valiani, risulta vero, però, per la « generazione degli anni difficili», potremmo fare a nostra volta osservare che noi, che alla « generazione degli anni difficili » apparteniamo, non ci riconosciamo, non riconosciamo la nostra esperienza culturale e politica, nello schema di Croce « operoso reazionario » che dirotta i giovani verso le ricerclze erudite, provocandone il distacco dall'impegno civile e politico nei confronti della realtà attuale e circostante; a questo impegno noi ci sia,no dedicati proprio per impulso delle letture crociane e senza avvertire il bisogno di « passare direttamente a Marx» o, peggio, a un'abiura di Croce consumata in nome della sociologia. E potremmo aggiungere pure una considerazione tutta particolare che ci sembra abbia comunque la sua in1portanza quando si considera su quali basi si fonda la condanna di Croce come « chiave di volta » del conservatorismo meridionale. Si è detto che Croce era stato sordo nei confronti della questione meridionale e che i meridionalisti della nostra generazione non potevano appagarsi di Croce perché « chi vuole rinnovare una società sostenendo che il passato era buono è per lo meno ingenuo»; e perciò viva Salvemini e abbasso Croce. Anche noi diciamo « viva Salvemini », ma proprio non ce la sentiamo di condannare Croce perché sosteneva che « il passato era buono ». A parte il fatto che questo è itn modo assai s~mplicistico di riassumere in una formula la Storia d'Italia, ci sembra, oltretutto, che certi studi recenti sulla storia economica italiana, da quelli di Romeo a quelli di Saraceno, abbiano aperto agli interpreti della questione meridionale una prospettiva che conduce a rivedere talune proposizioni della classica letteratura meridionalista, la cui validità era politica, e non storica; e questa nuova prospettiva non è in conflitto con la Storia d'Italia di Croce, aiuta a conoscere il passato, anche il « buono » del passato, per rinnovare il presente. Ci sembra, poi, che proprio nella polemica meridionalista di questi ultimi anni, contro i liberisti alla Corbino e contro i pessimisti alla De Biasi, che affermano non esserci gran che da fare per rinnovare il Mezzogiorno, condannato 5 Bibliotecaginobianco
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