• Antonio Chirelli tato l'evoluzione del pensiero moderno. La nazione rimane una bandiera, ma per i popoli sotto-sviluppati e col segno negativo, nel senso che è uq punto di arrivo. Ciò è tanto vero che, nella maggior parte delle zone de- .presse, il movimento di liberazione nazionale sottintende sempre, in maniera più o meno esplicita, un impegno socialista. La formula unitaria si è perduta: l'aspirazione all'unità del Magreb arabo è giudicata come progressista, quella delle due Germanie alla riunificazione viene paventata come una minaccia alla pace del mondo e alla democrazia. Anche l'altro principio, quello della lotta di classe intesa come canone fondamentale dell'interpretazione storica e dunque dell'azione politica, ha patito colpi durissilni negli ultimi diciassette anni, quanti ne corrono dalla catastrofe hitleriana al dissidio cino-sovietico. Non è solo la riscossa del sentimento nazionalistico ad incrinare il monolitico dogmatismo della quarta Internazionale: gli esempi già citati dell'Ungheria e della Polonia stanno a dimostrare in modo inconfutabile co111e la stessa classe operaia no·n sia affatto indifferente ai valori della libertà di pensiero, di associazione, di culto; l'evoluzione del partito socialista italiano conferma che queste esigenze sono vive, con una sorta di dialettica rovesciata, anche nei paesi in cui la classe operaia non è andata ancora al potere, o per essere esatti, non ha ancora delegato i propri poteri al partito• unico dei funzionari comunisti. Ciò non toglie, ovviamente, che la lotta_ di classe, la battaglia per la appropriazione dei mezzi di produzione e contro lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo non sia acquisita in maniera definitiva alla coscienza delle masse democratiche; ma è solo che il· tempo ha dimostrato come la soluzione fosse assai meno semplice di quanto la prospettassero i teorici ottocenteschi. Per un verso, la degenerazione stalinista ci ha aiutato a definire i limiti di convenienza, materiale e morale, della collettivizzazione; per un altro riguardo, la complessità dell'economia contemporanea ha ridimensionato il mito ingenuo della proprietà personale, del potere illimitato dei grandi capitani d'industria. I kolkosiani difendono contro Krusciov le ragioni del loro duro travaglio produttivo; il presidente Kennedy costringe i baroni dell'acciaio a rinunciare da una settimana all'altra ai loro disegni inflazionistici. L'ipotesi catastrofica del tramonto del capitalismo·, in conseguenza di una sua presunta cr~si endemica, ha già ricevute le due gagliarde_ smentite del New Deal e del « boom » postbellico; e tuttavia resta indiscutibile l'incapacità dei .ceti capitalistici ad affrontare organicamente i problemi di nuova democrazia. A prescindere, dunque, dalle vicende particolari di questo o di quel paese, è chiaro che il manifestarsi di contraddizioni in forme così acute non è fatto per incoraggiare lo slancio rivoluzionario delle masse, all'Ovest ancor meno che all'Est. Purtroppo le n1asse non possono ritrovare questo slancio neppure considerando la propria condizione umana. Se il dilemma capitalismo-comunismo si pone ormai, innegabilmente,- come una spiacevole scelta tra l'alienazione psicologica e la servitù politica, non sono più nume56 I \ Bibliotecaginobianco
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