Cronaca Libraria Una visione che ha indubbiamente dei lirr1iti, e che ha soprattutto quello di essere profondamente lontana da uno spirito imprenditoriale moderno, di essere statalistica, il che però è più un lirrnte oggettivo che soggettivo. La forzatura polemica di Colapietra 1no~tra la corda in due punti: da una parte per spezzare il nodo giurisdizionalismo-futuro riformismo illumirninistico sottovaluta la cultura e i timbri morali e religiosi di questa nei forensi, giungendo a negare un'autenticità intellettuale a uomini come Grimaldi, Valletta, Argento, Aulisio, che la recentissima ricerca del Badaloni ha rivelato in ben altra luce, e a negare ogni infiltrazione giansenistica · o anche gallicana nel regalismo dei forensi, che si esprime soltanto negli aspetti più conservatori e assolutistici; dall'altra contrappone ai forensi, macchiati di egoistica unilateralità, la politicità integrale dei nobili, che si sintetizza nel programma della congiura di ·Macchia. Ora, a prescindere dal fatto che ai primi anni del '700 corrisponde in tutta E~ropa una ripresa politica dell'aristocrazia contro l'assolutismo monarchico - a Napoli si chiamerà Tiberio Carafa e in Francia Henry de Boulainvilliers -, il cui significato generale è senz'altro reazionario, anche se ammantato di difesa delle autonomie locali e di decentramento, il Viceregno austriaco rappresenta, sia per i nobili che per i forensi, l'occasione di una serie di illusioni e speranze, che culminano con la polemica anti-curiale del 1708, in cui i forensi, presa decisamente la guida, rispondono con sensibilità alle prammatiche di Carlo d'Asburgo. E la / storia civile nasce in questo clima di speranza dei forensi, che logicamente non potevano porsi come nell'astratto .tentativo di ·carafa, in alternativa allo Stato (un'alternativa destinata a rimanere il sogno di caBibliotecaginobianco detti generosi ed ingenui), ma all'interno dello Stato, ben sapendo di poter essere solo un elemento del gioco asburgico, che aveva però la possibilità di migliorare il Viceregno per alcuni aspetti fondamentali. Pietro Giannone e Tiberio Carafa non vanno perciò paragonati per scoprire in quest'ultimo una maggiore serietà politica, ma perché entrambi vivono la delusione dell'esperienza austriaca. Ma se Carafa idealmente rappresenta un fatto pittoresco e anacronis tico, dietro la delusione di Giannone c'è Fraggianni, cioè il legame con il futuro riformismo borbonico, con la realtà tanucciana. Il precipitare verso la crisi, ancor prima che la guerra recida i legami con l'impero, si ha già chiara verso la fine del viceregno Althann, a proposito del quale, sempre per polemica anti-forense, dato che l'Althann fu dipinto da questi come bigotto e filo-curialista, Colapietra assume l'atteggiamento cautamente benevolo del Benedikt. È invece il primo sin tomo di crisi di una politica che ha deluso le forze migliori perché ormai ferma al queta non movere. Ai forensi, e in genere agli intellettuali napoletani, sarà offerta la scelta: o involversi chetamente come Gaetano Argento; o strepitare, ed essere messi ai margini, come Alessandro Riccardi e Giannone; o avvolgersi in un apparente conformismo, per riservarsi a tempi migliori, come Ventura, Capasso, Fraggianni. Il libro di Colapietra, che si articola su alcune fonti documentarie nuove e interessanti, come l'archivio Ulloa, pur nella discutibilità della sua tesi centrale e in una certa frettolosità di cui sono indice alcuni abbagli marginali, ha il merito di risollevare polemicamen te i problemi che la ricerca del Marini sul giannonismo a Napoli aveva lasciati ancora aperti. G. R. 125
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