Giornale a più voci Secondo Colonnetti, la richiesta dell'autonomia non deve essere fatta soltanto dal corpo accademico, ma da tutti gli Enti· locali (Comune, Provincia, Camera di commercio, industrie, banche) che, in considerazione dei valori e degli interessi non solo culturali, ma economici e sociali, che una Università rappresenta e favorisce, prendono impegno di contribuire al suo finanziamento nella misura necessaria per realizzare una piena efficienza scientifica e didattica ». La concessione dell'autonomia dovrebbe poi avvenire a tre inderogabili condizioni; anzitutto devono esservi norme transitorie che stabiliscano le modalità del trapasso dal vecchio al nuovo ordinamento in modo da tutelare i 'diritti acquisiti; in secondo luogo deve istituirsi un organo centrale, scientificamente qualificato, di vigilanza e di controllo, e devono prevedersi severe sanzioni, da parte del Governo, per tutti quei casi in cui la concessa libertà degenerasse comunque in licenza; infine, e questo sembra davvero il punto fondamentale, dovrà « essere avocata ai supremi poteri dello Stato la scelta . . degli uomini a cui affidare il governo dell'Ente autonomo, e la definizione inequivocabile dei loro poteri, che dovrebbero essere molto ampi, e delle loro responsabilità, che saranno per conseguenza molto gravi». Questo discorso, assai chiaro, ha il merito non piccolo di porre la questione in modo da sancire una responsabilità del potere politico di fronte al Parlamento e al paese per quanto attiene al funzionamento e alla vita concreta delle nostre Università. Ma, prin1a ancora di dire che con questo problema non può confondersi quello degli ordinamenti relativi allo studio e al~a ricerca, che pure deve risolversi nell'ambito dell'autonomia universitaria, è necessario aggiungere che la rinuncia alla elezione dei Rettori da parte dei corpi accademici funzionerebbe soltanto se lo Stato davvero trovasse e utilizzasse « venti o trenta uomini che, per prestigio personale, per autorità, per doti di cultura, per fermezza di volontà, per spirito di sacrificio, siano capaci e disposti ad assumersi l'arduo e delicatissimo co1npito di ridare un tono di dignità alle Università che potranno venir loro affidate»~ Ma se questo non avvenisse - e il dubbio non è certamente infondato - quale potrebbe essere la reazione dei corpi accademici e dei consigli di amministrazione? Non si rischierebbe forse di aggravare una situazione già troppo compromessa? E quale, poi, verrebbe ad essere il rapporto fra il Rettore nominato dal Ministro e gli altri organi della vita universitaria a base elettiva? Questi e altri interrogativi inducono a ritenere che la soluzione allo spinoso problema potrebbe forse più fruttuosamente trovarsi in quella riforma degli organi collegiali del governo universitario, i quali per la loro composizione possono meglio interpretare le esigenze delle popolazioni e delle categorie entro le quali l'istituto universitario è chiamato a svolgere la sua alta funzione; e che per il loro carattere composito esulano dalla mera rappresentanza accademica per abbracciare invece esponenti di enti amministrativi, finanziari e- industriali interessati alla vita dell'Università, nonché rappresentanti dello Stato. Tutto diverso, naturalmente, è il discorso sull'autonomia in sede ·di 43 Bibliotecaginobianco
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