Nord e Sud - anno IX - n. 25 - gennaio 1962

Augusto Graziani di particolari pregi in relazione alle zone di nuova industrializzazione è certamente nuova e feconda. Tuttavia non ci sentiremmo di dire con sicurezza che queste industrie svincolate dall'obbligo di una dimensione determinata siano proprio quelle indicate dal Bruni. Il fatto che un insieme largamente ignoto di circostanze abbia fatto sì che nell'economia italiana un gruppo di industrie non presenti una dimensione prevalente, non può essere assunto, senza ulteriori indagini circa l'efficienza aziendale, a sostegno della tesi che per queste indt1strie non esiste una dimensione ottima; a meno di non voler fare proprio il principio, di hegeliana memoria, che tutto ciò che è reale è anche razionale. Nella misurazione del grado di concentrazione territoriale, il Bruni si avvale del noto coefficiente del Sargant Florence. Tale coefficiente è basato sul raffronto fra la distribuzione territoriale degli addetti ad una singola industria e la distribuzione territoriale degli addetti a tutte le industrie in generale; se le due distribuzioni risultano uguali, il coefficiente è nullo, e ciò significa che quella determinata industria è distribuita nel territorio nazionale nello stesso modo in cui è distribuita l'industria in generale. Se invece il coefficiente risulta positivo, ciò significa che per quella data industria vi sono talune regioni di concentrazione prevalente. Anche questa seconda elaborazione conduce il Bruni ad un risultato che, se da un lato non appare sorprendente, tuttavia è interessante di vedere rigorosamente confermato: esiste una stretta correlazione fra classe di ampiezza e grado di concentrazione territoriale, nel senso che le industrie di piccola ampiezza risultano altresì omogeneamente distribuite sul territorio nazionale, mentre le industrie nelle quali prevale la grande an1piezza risultano fortemente concentrate dal punto di vista territoriale. Questa correlazione, osserva il Bruni, « è il risultato di forze tecniche ed economiche che operano in rapporto alla dispersione territoriale di alcuni fattori produttivi (le materie prin1e, le fonti di energia), e dei mercati. Quanto maggiore è questa dispersione, tanto maggiore è il numero delle tonnellate-chilometro da trasportare, e quindi l'onere dei costi di trasporto ... Se la dispersione dei fattori e dei mercati produttivi è elevata, converrà costruire impianti dispersi, e-;-: quindi numerosi e piccoli, anche se ciò comporta la perdita di una parte più o meno rilevante delle economie di scala che potrebbero ottenersi costruendo impianti più grandi » (pag. 36-37). Il Censimento dell'industria non offre poi che un solo modo di misurare il grado di meccanizzazione delle tecniche produttive (o intensità di capitale): la potenza installata per addetto. In relazione all'intensità di capitale, il Bruni trova opportuno suddividere le industrie in due grandi gruppi: quello delle industrie « a ciclo continuo» e quello delle industrie « di mo11taggio ». Le prime vengono definite come quelle industrie in cui la lavorazione del prodotto procede per stadi successivi, come avviene nell'industria tessile, nella siderurgia, 11elle industrie alimentari; le seconde sono invece le industrie nelle quali la lavorazione delle varie parti del prodotto viene effettuata si1nultaneamente, e il prodotto finale viene ottenuto per montaggio, 106 Bibliotecaginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==