" grande perchè ci salvi tutti »; ed un altro agricoltore sintetizzava: cc Uniamoci in un fascio ». La locale sezione democristiana per l'occasione aveva affisso un manifesto in cui si lamentava la troppo lenta applicazione di leggi a beneficio dell'agricoltura. Questi tre episodi forse possono introdurre meglio di ogni lungo discorso alla comprensione -del clima in cui si sono svolte le amministrative in provincia di Foggia, e soprattutto nel capoluogo. E tuttavia essi non offrono un quadro completo. Si tenga conto intanto che nel gennaio del '60 la segrèteria provinciale della locale DC era retta da fanfaniani, e l'on. Moro il 21 gennaio era venuto a Foggia per ribadire il concetto dell'unità del partito, per i11vitare coloro che detenevano la maggioranza in sede provinciale e vedevano la situazione capovolta sul piano nazionale (per la vittoria dei dorotei) ad cc avere pazienza », ad cc essere tolleranti » . Ma le distinzioni di destra e sinistra, -di dorotei e fanfaniani, no11 avevano molta rispondenza con la realtà locale. L' eS'ponente più autorevole dei cosiddetti « fanfaniani » foggiani, I' on. Gustavo De Meo, che proviene dal sindacalismo, dopo avere criticato il governo Segni che si appoggiava alle destre, a fine aprile, alla direzi?ne nazionale della DC, unico, avrebbe votato a favore di Tambroni: ciò che gli interessava, in effetti, era solo l'incarico di sottosegretario. A Foggia diverse si presentavano, alla vigilia del 6 novembre, le situazioni del comune e .della provincia. Quest'ultima aveva visto formarsi nel '56 una giunta di sinistra, con il voto di 10 consiglieri comunisti e 5 socialisti, ai quali si era aggiunto anche un consigliere socialdemocratico che così aveva assicurato una maggioranza stabile ad una amministrazione alla quale non sono state rivolte critiche consistenti. Al comt1ne, dove prima si era avuta una maggioranza di destra estrema, le elezioni proporzionali del '56 avevano creato una situazione non facile. All'inizio si formò una giunta minoritaria: DC-PLI-PSDI e un « in-dipendente » del MSI. Il rappresentante liberale, accusato dai democristiani di essere troppo « conservatore », offeso, si dimise dall'incarico di vice sindaco, e fece cadere la giunta. Si ebbe allora una nuova formazione di governo, un monocolore democristiano (13 seggi su 40) appoggiato da monarchici e missini, e presieduto dal prof. De Miro. Non è facile qui riassumere le critiche che a tale giunta sono state mosse non solo da sinistra. Basterà forse ricordare cl1e il sindaco uscente,_ De Miro, non era capolista il 6 novembre per il suo partito; e che nel nuovo consiglio (seduta del marzo '61)_ perfino da parte monarchica (di80 Bibliotecaginobianco
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