Napoli » per designare la pietosa condizione di t1na popolazione « che sfrutta a freddo la pagliacceria non avendo altro da vendere ». Non a caso ho citato Rea, e avrei potuto citare anche Ber11ari: La Capria, infatti, ne contint1a e ne integra il discorso, esplorando e illuminando ambienti che sono lontani dai « vicoli » di Rea, e di Bernari, ma non meno importanti, come campo di osservazione, per chi voglia rendersi conto di certo decadimento civile della vita napoletana, e sopratutto delle ragioni per cui a Napoli le cose sono come Rea le l1a descritte e non come le descrivono, magari perfino in buona fede, i parolieri della << Napoli d'elzeviro » . I cc circoli » di La Ca pria, insomma, sono l'altra faccia del discorso sui cc vicoli » di Rea e di Bernari. E forse, a pro·posito del conservatorismo qualunquistico che ha tarpato le ali alla borghesia napoletana, altri aspetti saranno messi in lt1ce dal nuovo libro di Michele Prisco cl1e è di prossin1a pubblicazione (La dama di piazza). Così come, a proposito dello sterile cinismo politico cui si ispirano certi ambienti conservatori napoletani, vale forse la pena di ricordare quel personaggio di Ottiero Ottieri (in Donnarumma all'assalto) cl1e, dirigente di una fabbrica, si vanta, strizzando l'occhio, percl1è lui è capace di discriminare i cc rossi » quando decide delle nuove assunzioni: costui probabilmente è un assidt10 frequentatore della « terrazza » -del cc circolo » di cui si legge in Ferito a morte; e i suoi discorsi si intrecciano con quelli di altri perso11aggi che provocano la strana nausea di Massimo. Comunque, se si sono fatti avanti autori napoletani cl1e illuminano le ferite che altri preferisce nascondere o negare, se vi sono insomma autori napoletani che - come suol dirsi da parte dei tradizionali « difensori » ,di Napoli - « parlano male di Napoli », questo deve essere per tutti noi motivo di riflessione, e forse anche di speranza: l'immobilità napoletana ne risulta per lo meno scossa; si apre un varco, e sia ·pure un piccolo varco, nella cc foresta vergine »; e per quel varco dobbiamo passare, e allargarlo, facendo appello a tutte le forze disponibili, che forse non sono tanto esigue e tanto debilitate come la conclusione di « Ferito a morte » potrebbe indurre a credere. Ma lo stesso pessimismo amaro con cui si conclude « Ferito a morte >>, da motivo di commozione, diventa motivo di riflessione qt1ando si passa dalla sfera della coscienza poetica alla sfera della coscienza politica. Perchè se la malattia di Napoli è stata sempre la cupa, e a volte cinica, rassegnazione nei confronti delle cose come sono, se questa è la diagnosi che emerge dalle pagine di Ferito a morte, noi non possiamo non ribellarci, non possiamo accettare le cose come sono, dobbiamo rifiutare ogni saccente invito alla rassegnazione; e poco importa sapere se si è in pochi o in molti, se è possibile o non è possibile spiantare la cc foresta vergine » (Guido Dorso diceva le « sabbie mobili » : è la stessa cosa). Poco importa tutto questo, perchè quello che conta è di avere coscienza del fatto che c'è una cc foresta vergine » e che da essa ci si deve in qualche modo •difendere. , Quando un amico, sulla cc terrazza » del cc circolo », si mette a par49 s··11rotecaginobianco
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