Nord e Sud - anno VIII - n. 24 - dicembre 1961

Il romanzo di La Capria chiarisce bene rapporti di questo tipo; e soprattutto co11sente di misurare tutto lo spessore della crosta che si è formata sull'humus sociale della nostra città dopo decenni di predicazione conservatrice e qualunquista. Il conservatorismo dei napoletani è di una ottusità esasperante, è la paura, l'ossessione, la mania di persecuzione: sempre all'erta per evitare che siano messi in discussione assetti tradizionali, anche i più cadenti e i più arrugginiti; animosamente ostile nei confronti di tutto ciò che è nuovo, che non è stato collaudato ai tempi della ((bl1ona vita »; testardo nella sua convinzione cl1e i tempi nei qt1ali viviamo sono tempi di cc mala vita », caratterizzati da un irrimediabile decadimento di chi sa quali valori; incapace di sottoporre a u11a revjsione critica i propri miti; ammiratore incondizionato del passato: perfino di quello vicereale o borbonico, pur di eludere i problemi del presente. E soprattutto non è animato della forza morale che nobilita il conservatorismo nelle società dove le tradizioni so110 state severamente selezionate e vi sono idee, leggi, consuetudini, costumi cl1e meritano di essere conservati: è qualu11quista nei giudizi cl1e esprime, conformista negli atteggiamenti che assume. La sola forma di a11ticonformismo tollerata a Napoli - si potrebbe dire - è l'anticonformismo di Sasà, il « tipo eccezionale » fra i giovani e meno giovani leoni che Massimo, il protagonista di Ferito a morte ha preso la pigra abitt1dine di frequentare. Altre forme di anticonformismo non sono tollerate: meno che mai quella di Gaetano, l'amico intellettuale di Massimo, al quale, infatti, viene posta ben presto e chiaramente l'alternativa: lasciarsi assimilare nel sistema o 1Jartire. O diventare comunista, ci sia co11sentito di aggit111gere. Proprio questo è avvenuto della nostra generazione, cui anche La Capria appartiene. Napoli ha perduto i migliori: i più deboli fra i migliori si so110lasciati assimilare 11elsistema; i più insofferenti si sono arruolati nel partito comunista; altri, molti altri, non volendo lasciarsi assimilare nel sistema e non vole11do arruolarsi fra i comunisti, sono partiti, come Massimo; e quasi tutti, quale cl1e sia stata la loro scelta, chi per una ragione chi per un'altra, sono cc feriti a 1norte ». È stata una grossa perdita, per Napoli, anche perchè i migliori di qt1esta generazione, che aveva 20 anni nel 1940, si erano accesi di forti passioni civili negli anni della Liberazione. Rivolgerci con spietata e anche rabbiosa severità contro il co11servatorismo dei napoletani, i suoi miti, i suoi atteggiamenti, i suoi giornali, cercare t1na rivincita è ciò che ora possiamo fare, e dobbiamo farlo, sulla base dell'esperienza che abbiamo vissuto, ricordando appunto le scelte odiose che sono state imposte ai Gaetano e ai Massimo. Se non avesse altri meriti, Ferito a morte avrebbe certa1nente questo, di essere stato chiaro, chiarissimo, nella stesura della condanna del conservatorismo napoletano, dei suoi miti, dei suoi atteggiamenti, dei Sl1oi giornali. Chi legga « Ferito a morte » con la passione del cittadino napoletano che si rende conto di quanti danni abbia recato alla città il rasse47 Bibl_iotecaginobianco

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