piazza pulita di arte e di storia per restituire sgombre le aree pi-ò preziose alla speculazione edilizia. Le anticl1e città del nostro Paese si affacciano su questo abisso, che ha già inghiottito Milano. Sotto il fascismo, il loro destino sembrava definitivan1ente segnato: la mania di far grande, propria ad ogni ditta-· tura, e d'im·prontare di sè con orrendi giganti edilizi il vecchio c~ntro si accoppiava mirabilmente, in quegli anni, con l'aggressività della spect1lazione. Da Lecce ad Aosta, da Salerno a Cremona, cento città portano i segni del 11efasto incontro. Ma più tardi il male non si è arrestato. :rv1e11trele distruzioni belliche hanno favorito la ripresa delle « sistemazioni » e dei cc risanamenti », una nuova convergenza di forze eversive si sta attuando in questi anni. Le cosidette esigenze del traffico, sorrette da un forte ma prevedibile sviluppo della motorizzazione, si sposano con quelle della speculazione, sorrette dall'elettoralismo e dall'articolarsi delle cricche locali. La politica di taluni enti pubblici e parastatali (che 110n hanno altro modo di impiegare il loro denaro se non facendo costruire palazzoni da mediocri architetti) e di molti enti religiosi, che approfittano della congiuntura favorevole per estendere e cc rinnovare » il proprio patrimonio (il cui frequente carattere monumentale costituiva fino a ieri una ren1ora alle più disinvolte operazioni), completa il minaccioso quadro. Mentre alla periferia si addensa il caos dei nuovi quartieri e -delle nuove fabbriche, al centro si tenta di travolgere o almeno snaturare il 11ucleo storico: la città perde la sua fisionomia, perde vigore e capacità culturale; negli abitanti si accentua l'insofferenza verso la << provincia »; la struttt1ra stessa di una nazio11e, Rnora imperniata cultural1ne11te su una rete differenziata di centri di attività e di iniziativa, appare progressivamente sconvolta, senza che si deliJ.1ei una nuova, migliore realtà. Mentre la febbre edilizia sembra creare un'impressione di giovinezza creativa, l'autunno scende sulle anticl1e città e, nelle st1e ombre, i profili, già così intensi e caratterizzati in differente bellezza, vanno confondendosi e lentamente scompaiono. Sopraffatta da una periferia amorfa e colpita al cuore nel suo centro storico, la città si deco111pone e gli am1ninistratori di quel potere locale, che appunto dal vigore -della città traeva alimento, abdicano senza resistenza: quanto resta di quel potere sen1bra piuttosto imbarazzarli con sovercl1ie responsabilità, mentre è sempre più comodo il ricorso allo Stato centrale. Ma qt1esto, sovraccarico di compiti che richiederebbero decentramento e specializzazione, mal sostiene il peso 26 Bibliotecaginobianco
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