Nord e Sud - anno VIII - n. 23 - novembre 1961

tra i sostenitori della tesi della piena equiparazione tra 'i magistrati delle dt1e funzioni (Romano e Rossi) e i sostenitori dell'opposta tesi, secondo la quale il pubblico mi11istero·doveva configurarsi come organo del potere esecutivo (Leone e Bettiol); si accolse infine una formula di compromesso, elaborata dal!' on. Grassi: « il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario» (art. 107 u. c. Cost.), rinviando sostanzialmente il problema alla legislazione ordinaria. In pratica, come ha· messo in rilievo la relazione Gatta, sotto il profilo• costituzionale il pubblico ministero non è parificato ai magistrati della giudica11te, facendo la carta fondamentale generico riferimento a garanzie delle quali può liberamente disporsi con la legge ordinaria. Attualmente, ai sensi del!' art. 39 del r.d.1. 31 maggio 1946 n. 511, il Ministro l1a, rispetto a questi magistrati, un semplice potere di vigilanz~, inteso come controllo esterno sull'andamento degli uffici, se11za alcun sindacato o direttiva di merito. La legge del 1946 ha sensibilmente innovato rispetto all'ordinamento giudiziario fascista del 1941, ai sensi del quale i magistrati della requirente erano posti sotto la direzione del Ministro; ma, almeno teoricamente, niente impedisce che questa formulazione del 1946 sia cambiata, in peggio o in meglio. Nel congresso, qualcl1e ospite di riguatdo (erano stati opportunamente i11vitati, per un fervido colloquio, professori, avvocati, parlamentari) ha riproposto la tesi del pubblico ministero organo dell'Esecutivo, sia 11ure con varia intensità e con diverse sfumature (Foschini e De Marsico); ma si è trattato di voci isolate, respinte sia' da chi, in sede dottrinale, non ha minori titoli (Camelutti), sia dal Ministro, sia dalla stragrande maggioranza dei congressisti. Infatti, come ha felicemente osservato il cons. Amedeo Foschini, Presidente dell'Associazione, « ••• sarebbe una vana lustra concedere la indipendenza ai magistrati giudicanti e negarla, o so1nministrarla col contagocce, a•i requirenti, i quali rappresentano l'organo propulsore dell'azione penale ». Questo concetto è stato vivacemente e brillantemente sviluppato dal prof. Abbamonte, col rilievo che la titolarità esclusiva dell'azione penale nel pubblico ministero postula la piena indipendenza del magistrato, se non si vuole condizionare la giustizia penale al beneplacito del potere politico. Credo che questo pu11to fondamentale sia ormai acquisito neìla coscienza comune, comunque si voglia impostare, in sede di riforma, il processo penale. Il congresso si è pure pronunciato, salvo talune voci discordi, per l'ammissione della donna in magistratura cc in ottemperanza'. ali' art. 51 della Costituzione ». Questa presa di posizione costituisce la riprova dello spirito che ha animato il congresso; avrebbe, infatti, costituito up controsenso una eventuale valutazio·ne negativa, in -rappo-rto alla inevitabile ascesa dell'altro sesso nell'attuale contesto economico-sociale. Cop questo non co,ntrasta il disf avore che pare aver in~ontrato nel congresso l'istituto della corte di assise (dico pare,. giudicando dagli applausi. ca·lorosi che su questo punto incontrò il prof. De Marsica, poichè del ·problema la mo.zio~e non tratta); infatti, sempre a parer~ di chi scrive, 69 Bibliotecaginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==