Nord e Sud - anno VIII - n. 20 - agosto 1961

..... • • I carcerarie. Secondo Lucian9 Bergonzini e Federico Zardi non se ne parlerà però ancora per molto, in quanto il teatro va con rapidità incontro a quello che sarà il suo anno zero. Il succo di questo discorso, ampiamente documentato in base ai dati uffi- .. ciali della SIAE, è contenuto in un libro (Teatro anno zero, edito da Parenti) che riecheggia appunto il titolo del noto film di Rossellini. Lueiano Bergonzini è docente di statistica sociale presso l'università di Bologna nonchè autore di due racconti sulla Resistenza; Federico Zardi esordì con la sua prima commedia nel 1938 e dopo la parentesi della guerra è ritornato a scrivere nel 1951 con La livrea, alla quale sono seguite altre sei commedie; di recente ha collaborato con Gassmann per il Mattatore alla TV. Il volume è diviso in due parti: la prima è lasciata a Zardi per una appassionata quanto accesa polemica circa i mali che affliggono il nostro teatro e la storia della sua decadenza; Bergonzini, nella seconda parte, ha interpretato una serie massiccia di dati statistici usati in maniera da inquadrare in tutta la sua gravità il declino verso cui si avvia il teatro nel nostro paese. Ad esse si aggiunge la lettera asciutta ed obiettiva scritta nel 1959 da Eduardo De Filippo all' on. Tupini, a quell'epoca ministro dello spettacolo, unitamente ad alcune considerazioni sulle conseguenze che quella lettera ebbe. Zardi gode indubbiamente del vantaggio di essere persona ben addentro agli ingranaggi del teatro ed in grado perciò di poter discutere con competenza e profonda cognizione di causa ciò che non va. Come parte in causa non può però nemmeno sfuggire al pericolo di una visione parzialmente deformata dal suo stesso mestiere. Così le accuse, per altro più che legittime, contro i vassalli ed i parassiti che infestano il teatro, contro la censura e il pericoloso sottQ·bosco dei premi governativi, restano in parte offuscate dalla pletora dei punti esclamativi, dalle intere frasi in neretto che costellano il testo, dalle troppe maiuscole con le quali si pensa di trasportare come in un'altra dimensione (quasi che non fosse un normale fenomeno sociale e di costume su cui occorre indagare) il teatro con coloro che per esso scrivono. Bergonzini, invece, usa un linguaggio tipo articolista dell' << Economist » lasciando più che altro la parola alle cifre. Ecco che usciamo dalle generiche congetture circa la portata della crisi del teatro e abbiamo la possibilità in base a dati strettamente ufficiali e controllati di formarci una nostra opinione a riguardo. Prendendo come base per i raffronti il 1936, anno in cui venne per la prima volta costituita una girezione generale dello spettacolo, la prima constatazione che salta allo sguardo è che la spesa del pubblico per il teatro ha toccato il suo massimo nel 1954 con 9.546,6 milioni, discendendo da allora fino ad oggi costantemente, fino a toccare nel 1959 7.525,1 milioni. Questa decadenza è ancor più palese se si osservi che mentre la spesa per spettacoli in genere aumenta - quale segno e di un aumento di popolazione e di un indubbio miglioramento econo1nico sociale - la fetta di spesa riservata al teatro tende sempre più a restringersi. Su cento lire spese per spettacoli nel 1936 la percentuale per il teatro era del 14,3; nel 1950 eravamo già scesi all'8,5 e nel 1959 si è toccata la punta minima del 4,8. E 122 BibliotecaGino s·anco l •

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