ca », non coglie e non pretende di cogliere che un momento nella dinamica degli atteggiamenti e dei pregiu,dizi etnici. I quali sono sottoposti ad influenze molteplici ed a modificazioni continue, anche se sotterranee e lente. Le lettere allo « Specchio », lo ripetiamo di nuovo, sono per la massima parte scritte da membri della piccola borghesia piemontese (impiegati nella pubblica amministrazione, nella Fiat o in altre in-dustrie, professionisti, pensionati, ecc.) e meridionale. Sono in netta minoranza quelle scritte da operai o da quei manovali senza altra qualifica (tra i quali tanti analfabeti o se1ni-analfabeti), che dalle campagne continuano ad arrivare nella grande città industriale. Pertanto, mentre possiamo affermare con sufficiente vicinanza al vero, che queste lettere sono abbastanza « specchio » delle idee delle prime categorie, non possiamo dirlo per queste altre. - Torino '61 Nel quadro delle situazioni derivate da questo incontro tra due culture così diverse, più problematico certo che non quello tra immigrati settentrionali dalle campagne e ambiente cittadino industriale, lo cc Specchio dei tempi» ha una sua funzione di formazione dell'opinione pubblica piemontese, e di sua guida culturale, di peso notevolissimo. Essa potrebbe utilmente per ambedue i gruppi in contatto esplicarsi in una cosciente azione di chiarimenti e di aperture, al disopra dei cc vogliamoci bene » e dei cc siamo tutti italiani », tanto in voga in qt1esta « Torino '61 ». Ma forse è chiedere troppo ad un giornale come la « Stampa », legato ad una precisa politica industriale. . Anche per questo è necessario smiticizzare e chiarire gli scopi e le funzioni che fenomeni di questo tipo hanno, e che oltretutto mascherano e soffocano paternalisticamente quei valori e quegli elementi validissimi che una città come Torino ha saputo esprimere più volte in passato, e che andrebbero riscoperti e riattivati se si vogliono evitare conclusioni come quella vista recentemente da chi scrive in uno squallido avanspettacolo torinese ( « Torino, un milione e uno »). In essa infatti una scenetta comico-patetica sulla nascita del milionesimo cittadino torinese terminava con un abbraccio tra il bravo operaio della Fiat e il compare napoletano immigrato al grido di: « Viva l'Italia!, viva la Bela Gigogin!, viva 'l bonsens!. Anduma a travaiè! », dove, dalle componenti di retorica militaresca risorgimentale e dagli influssi del folklore provincialistico tipo Enal, attraverso il « buonsenso », si giunge, e qui è veramente il caso di adoperare questo termine ormai di moda, all'alienazione. 105 •Bibliotecaginobianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==