l'ISAP, ir1fatti, 11otrà essere OIJIJortunamente riconsiderata e rafforzata al fine di un più efficace proseguimento dei suoi obiettivi, nel quadro del programma di sviluppo del Mezzogiorno. Non ci ha convinto invece ciò che nella· relazione si legge a proIJosito della indt1stria meccanica e cantieristjca; in questo settore gli investimenti previsti sono minimi, 42 miUardi, e con una percentuale pari al solo 29 per cento. Essi non permetteranno certamente ai cantieri (a proposito dei quali non risulta co11 esattezza la cifra di spettanza) di risolvere i gravi problemi i11cui versano (si pensi ad esempio ai bacini napoletani, per i quali si nutrono tante apprensioni, in ispecie per il nuovo bacino galleggiante, che non si sa ancora se sarà dato o meno al porto di Napoli). Nè tanto meno sappiamo il contributo cl1e riceveranno le indt1strie meccanicl1e nel Napoletano, la cui riorganizzazione è tuttavia in corso ed è di importanza· decisiva ai fini dell'inclustrializzazione della più popolosa area del Mezzogiorno. Nel complesso comunque si può essere abbastanza soddisfatti del programma delle partecipazioni statali 11elMezzogiorno, così come a11cl1e, nel complesso, si può accettare l'impostazione che le aziende statali l1anno dato alla loro attività produttiva nazionale. Si pensi infatti solta·nto alle cifre di investimento generale al lordo che esse hanno attuato nel quadriennio 1957-60 e a quelle previste nel prossimo quadriennio 1961-64; rispettivamente di miliardi 1618 e di miliardi 2014, per cui il prof. Demaria sus ((Il Giorno » ha potuto giustamente affermare cl1e il loro contribt1to alJo sviluppo del reddito nazionale è stato e sarà determinante. Ciò significa· che bisogna reagire alle critiche di chi afferma che così facendo ]e aziende statali sottraggono capitali alle industrie private. La verità è che, e citiamo ancora il Demaria, « lo Stato nostro non può sottrarsj alla responsabilità di fornire, oltrechè J' energia industriale a buo11 mercato, un'altra pietra miliare alla riorganizzazio11e economjca. Che è quelJa dj aprire, tramite precursori investimenti statali, alla· iniziativa privata, che si muove ancora oggi con troppa angustia di iniziative e con troppi preconcetti contro le influenze pubbliche altri sbocchi suscettibili di importanti sviluppi ». Questa valt1tazione ci riporta a quanto dicevamo al principio, e cioè alla necessità della programmazione determinante e a lunga scadenza su cui lo Stato deve fondare la sua attività industriale. Non altrimenti si è espresso il prof. Petrilli, Presidente dell'IRI, quando in una recente conferenza ha riaffermato che oramai non bastano più i dolciastri clichés liberistici e che lo Stato soltanto pt1ò arginare lo strapotere dei gruppi monopolistici e imporre la sua mediazione tra i nuovi potenti gruppi di pressione diventando qt1indi uno dei necessari protagonisti dell'economia nazionale. ANTONIO N I'ITO 46 Bibliotecaginobianco
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