Nord e Sud - anno VII - n. 11-12 - dicembre 1960

clima sociale, non è però lo statuto di proprietà a determinare da solo il risultato » (pp. 116-117). Naturalmente noi non dimentichiamo il significato politico che in certi casi le nazionalizzazioni possono avere in una società soggetta alle vicende dei gruppi di pressione: ma questo non dovrebbe nemmeno farcele considerare un toccasana i cui benefici sarebbero da accettare dommaticamente come superiori ai mali che esse potrebbero produrre. · Si spiega perciò, per tornare al Brugmans, dal quale per la verità non ci eravamo granchè allontanati, la simpatia che l'Autore mostra per il movimento comunitario dell'Olivetti, pur essendo la sua conoscenza dei documenti ad esso relativi, come ben precisa una lunga nota editoriale (dalla pagina 123 alla pagina 137), alq11anto lacunosa e imprecisa: in sostanza il Brugmans vede nelle comunità del lavoro un'opportuna forma di mediazione tra lo stato socialista (e dunque ancora nazionale) e l'insufficiente individualismo di un'economia esclusivamente liberistica. Del resto mai come ora,. almeno per quanto riguarda il nostro Paese, si era potuto toccare con mano l'insufficienza d'una politica unitaria e centralizzatrice, la quale risalta ogni giorno più vistosa, ma11 mano che il progresso tecnico e lo sviluppo industriale va11no producendo la non paradossale situazione di un Sud che, se avanza, anche a gran pa·ssi, rispetto alla propria realtà economica di ieri e di ie1i l'altro, vede costantemente accresciuti in progressione geometrica il suo distacco e la: propria arretratezza rispetto al Nord. Brugmans, da federalista, fa risalire tutti i mali presenti dell'Italia alla soluzione rigidamente unitaria e centralizzatrice data al moto del Risorgimento : ma no-n ricorda che criticl1e ancora più severe delle sue furono rivolte oltre un secolo fa agli statisti del tempo da uomini che si chiamavano Cattaneo e Ferrari. Dicié:lmOquesto non da italiani, ma da· europei, naturalmente, e aggiungiamo, come commento alle riserve ora esposte, che di tutto il libro il punto certo più originale e degno di attuale meditazione ci sembra quello in cui l'Autore, scendendo nel vivo del problema, osserva che l'autentico federalismo non può limitarsi alla pura e semplice sostituzione di enti soprannazionali, privi di una concreta articolazione fatta di decentramento, di autonomia, di regionalismo. cc Sono ancora relativamente pochi, conclude perciò giustamente il Brugmans, quei federalisti che auspicano la loro unione federale (quale ne sia l'ambito geografico) come una ' società di società'. E pochi s0110quelli che avvertono come la· creazione di un'autorità soprannazionale possa essere una grave minaccia per la democrazia, allontanando pericolosamente i governati dai governanti, quando nel tempo stesso non si operi un rafforzamento o un rinnovamento della base democratica e del self government » (p. 180). Ciò che Brugmans non dice, ma lascia qui comprendere, è che il supernazionalismo, lungi dal c~stit1:1irel'attuazione dell'ideale federalistico, potrebbe rappresentare 1 avvio a una sorta di imprevedibile iperna•zionalismo. Il che è 214 Bibliotecaginobianco

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