In ciascuno di questi movimenti, cl1e sono stati altrettanti momenti storici, il federalismo scopre qualche cosa di cui la storia ha del resto fatto giustizia, e cioè, nell'ordine, l'assenza d'una reciprocità di foedus tra gli elementi di una società diretta da un messianismo rivoluzionario; il disconoscimento dell'istituto associativo dell'uomo; il predon1inio deluniformità statuale-nazionale sulle feconde diversità regionali, il feticismo fatalistico di una ipotizzata « necessità storica » che agisce in definitiva come un vero e proprio stupefacente sull'azione politica. In particolare e tralasciando i primi tre movimenti su cui in fondo l'Autore esercita' una critica non propriamente originale ci sembra di particolare efficacia quanto egli addebita al socialismo, che per sua stessa natura non può agire da catalizzatore di forze genericamente democratiche nel senso della spontanea libertà associativa, giacchè esso si risolve di diritto e di fatto in un socialismo di Stato, che è un puro e semplice centralismo burocratico di segno cambiato. cc Non si rafffforza lo Stato per poterlo più facilmente abolire e non si perfezionano i mezzi poli- _zieschi per poterli in seguito dimenticare. Non si fa la rivoluzione per il proletariato senza creare anche un d-espotismo illuminato privo di rimorsi e di voglia di abdicare. I marxisti furono spinti dalle loro stesse incoerenze a parlare di dittatura impersonale e Péguy cl1iedeva argutamente da quali persone tale dittatura sarebbe esercitata » (p. 92): in queste semplici e precise osservazioni è spiegato in maniera difficilmente confutabile perchè un accordo ideologico tra marxismo e federalismo risulta del tutto impossibile. Ché è poi un buon promemoria in un tempo nel quale le opportunità « tattiche » troppo spesso fanno dimenticare i principii, i quali, almeno in politica', nessuno, tranne per avventura i dogmatici e i totalitari, si è mai permesso di considerare metafisicherie. Eppure, per fare solo un esempio, non sono nè pochi nè poco autorevoli quei federalisti che non esitano a farsi banditori di massicce operazioni socialistiche, tra cui le nazionalizzazioni, oggi diventate sul mercato politico una sorta di minaccioso tabù. Mette conto, in proposito, di citare distesamente le sagge riflessioni del Brugmans: « Oggi abbiamo esperienza di· alcune nazionalizzazioni che non . portarono nè al trionfo nè al disastro previsti da una parte o dall'altra. Molto spesso esse sono ~ecnicamente riuscite, ma dal lato economico portarono a successi talora modesti e persino a dei mezzi fallimenti. Tuttavia da queste esperienze si possono trarre due conclusioni. La prima è che la nazionalizzazione, rafforzando lo stato nazionale, non facilita sempre l'indispensabile internazionalizzazione dei mercati. La seconda è che la nazionalizzazione non ha in alcun modo risolto il problema che più ci interessa·: quello della reintegrazione delle masse nella comunità. Si è visto che non è affatto vero che in una azienda nazionalizzata la gioia del lavoro sia maggiore che altrove, e se alcune aziende ' appartenenti al popolo' (come d'altronde anche altre che non sono per niente del popolo) hanno fatto degli sforzi per migliorare il 213 Biblio ecaginobianco
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