supporre un ben congegnato sistema, risolutivo delle antinomie del mondo contemporaneo; e tuttavia, è fin troppo facile obiettare che senza un'adeguata penetrazione storico-politica del presente, non si evita· il rischio che anche il discorso più propriamente storico risulti alla fine sfocato, e che sotto il rigore della pagina scienti~camente atteggiata si avverta il tremito di un sentimento troppo immediato e scope1to. Il contra·sto tra libertà e potenza, tra individualità e stato è troppo com- .plesso perchè, a risolverlo, possano bastare le acute profezie del Burckhardt, le sue lamentazioni a proposito del tramonto dello spirito poetico di Morike sul fosco orizzonte della Realpolitik di Bismarck. E da questo punto di vista, le pagine del Kaegi non riescono ad appagare compiutamente il lettore che, senza esser disposto a gettar via la cc nobiltà dello spirito », non condivida tuttavia l'atteggiamento di « amara constatazione » che la lezione del Burckhardt sembra· portar con sè. Su ciascuno di questi saggi ci sarebbero da fare osservazioni, qualche volta anche obbiezioni. Così, a proposito delle belle pagine su Voltaire non so se tutte le affermazioni del Kaegi potrebbero essere accettate dallo studioso della storiografia di Voltaire e dell'illuminismo; e, per fare un esempio, non direi che sia del tutto persuasivo quel che il Kaegi dice sulle ragioni di quella « disgregazione della concezione cristiana della storia » che egli studia nel suo saggio. Affermare che la « trasformazione rivoluzionaria della· concezione storica, la rottura definitiva della tradizionale cornice cristiana » non dipendono da cc una nuova metodologia, e neppure da una nuova sensibilità spirituale e scientifica, ma da11e' sperienza di alcu11e forti realtà esterne », può esser giusto solo quando per cc metodologia » e « sensibilità spirituale e scientifica n si intenda qualcosa di troppo puro e « separato » dall'esperienza delle « forti realtà esterne » per a1Jpartenere sul serio al mondo della storia! Se gli uomini non si fossero dimostratj preparati a ricevere l'esperienza di quelle realtà, se i loro interessi li avessero decisamente orientati verso altri episodi della storia del mondo, c'è da esser certi che quelle realtà non sarebbero state abbastanza forti da richiamare la loro attenzione. Le indagini sulle cronologie non cristiane con il conseguente tramonto della concezione cristiana del tempo e l'allargamento degli orizzonti geografici non possono essere a'ssunti come « cause »; debbono essere visti all'interno di un processo, dove è difficile, e, in un'ultima analisi, inutile, stabilire quale sia l'elemento che determina e l'elemento che è determinato. Ma, ancl1e qui, la discussione di principio, può dare un'idea solo inadeguata e falsa della' importanza di queste pagine del Kaegi; della notevole finezza con la quale egli conduce innazi il suo discorso. E il recensore ha spesso l'impressione della resistenza ironica che queste pagine offrono a chi pretende di tratta'rle con questo metro. Come dice molto bene Delio Ca11timori nella densa presentazione di questo volume (e come si è già ricordato qui su), nel libro del Kaegi le dispute storiografiche non assumono mai le proporzioni didascaliche e pedagogiche cosl frequenti in altre storiografie. I termini dei problemi 202 Bibliotecaginobianco
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