Nord e Sud - anno VII - n. 10 - novembre 1960

- suo capolavoro ed una delle cose più belle della storiografia' italiana del novecento), nei quali vien tracciato, cori mano maestra, il formarsi della coscienza unitaria italiana' e si mostra, insieme, in che modo, col metodo della libertà, il Cavour facesse del vecchio Piemonte monarchico una nazione moderna nel senso più pieno del termine, mi sembrano una prova chiarissima di ciò. E forse ha· avuto ragione il Cantimori nel sottolineare che qui appariva in primo piano come elemento ispiratore di tutta l'attività storiografica di Omodeo « lo sforzo verso un rinnovarsi della coscienza della· tradizione italiana ed europea, lo sforzo di sprofon·dare più addentro le radici per rinfrancare la solidarietà con il suo popolo, attraverso l'aristocratica mediazione della scienza, e insieme per riconquistare esperienze storicl1e che il processo di svolgimento intellettuale del gruppo crociano nel primo ventennio del secolo sembrava aver relegato tra le cose morte ». E in quest'opera di storico insigne della civiltà Omodeo svolgeva un compito di educazione civile alta e severa. Sopravvenuto il fascismo, a lui era toccato fare quello che aveva fatto il Gioberti ad un momento altamente drammatico della sua vita: « rifugiarsi - sono parole proprio di Omodeo - nel pensiero inaccessibile a tutte le tirannidi, come Elia presso il Dio del Horeb, e nella verità che non n1uore ed opera eterna e feconda, sublimare l'amarezza dei giorni tristi e diventar~ la voce della cultura che suggella· i popoli, anima dell'anima loro ». Ma da quel rifugio lo storico continuava le sue battaglie contro i numerosi falsificatori della storia contro quelli che amavano presentare un Risorgimento tutto indigeno e italian-11azionalistico, su cui, ad esempio, la Rivoluzione francese non avrebbe esercitata influenza alcuna, o contro coloro che tentavano di imbrogliar le carte e di confondere la mente dei più giovani facendo un sol fascio del nazionalismo contemporaneo e del sentimento risorgimentale di nazionalità e libertà. Contro il falso storicismo, in gran voga presso i fascisti, egli doveva scrivere una difesa dell'autentico storicismo, che si risolveva in un elogio delle istituzioni liberali; ma la sua era una difesa che mostrava, altresì, la superficialità e le storture di pensiero di quegli uomini che avevano fatto un singolare matrimonio di convenienza con l'azione e procuravano o pensavano di vivere sempre in compagnia del Dio pantocreatore, e mai con l'uomo che da sè costruisce la propria storia. Ma già prima di iniziare queste battaglie egli aveva puntualizzato, nel 1926, le posizioni del vero storicismo contro quelle del falso storicismo, in polemica sia coi fascisti che allora si vantavano di rappre88 Bibliotecaginobianco

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