che è peggio, nessuno dà un senso allo sforzo, alla prova ». Sono meditate parole di uno spirito pensoso (Carlo Bo, La scienzç,, degli uomini, ne « La Stampa » del 3 settembre 1959) e meglio non si potrebbe dire. Una dura opera di risanamento attende l'Ispettorato per gli esami di stato recentemente istituito, a cui, noi vecchi uomini di scuola ci permetteremmo di raccomandare severità inesorabile: il medico pietoso fa la piaga purulenta. LUIGI PREVIALE La satira e la società italiana Perchè, nel nostro Paese, la satira letteraria: ha scarsa fortuna anche in regime di libertà ? Una domanda del genere può avere molte risposte. Si può ricordare un certo scetticismo tutto italiano che rjfugge da quell'impegno, da quella cc cattiveria » che sono le condizioni essenziali per una satira: vera. Si può ricordare ancora nella mancanza di una chiara e coerente scelta ideologica dei nostri letterati la ragione dell'assenza di un mordente e di una vis polemica che non possono nascere nel clima di decadentismo che da tanti anni si respira ancora nelle nostre lettere. Si può infine rammentare che dopo la caduta del fascismo e dopo la fiammata, una fiammata piena di fumo, del neorealismo, che fu una poetica parapolitica e non priva di una componente di propa·ganda, i giovani scrittori si sono poco impegnati i11quel terren.o civile su cui fanno presa le· radici di tutte le satire di ogni tempo. Non è un caso infatti che lo stesso discorso che vien fatto per la satira possa valere ancl1e per la letteratura umoristica·, senza distinzioni sottili: in fondo quel tipo di letteratura l1a avuto fortuna soltanto in una direzione, in quella del paradosso, dove le esperienze di un Anton Germano Rossi o di un Achille Campanile hanno avuto (ed hanno tuttora nel caso del secondo) un loro peso. È accaduto così che l'Italia non ha oggi, nel suo libro della letteratura contemporanea, un capitolo dedicato alla satira, nulla· che possa essere messo a fianco della funambolica esperienza di un Queneau, o della finissima ironia di un Waugh, o della forza di un Olescia. E ciò è tanto vero che guardando più in basso, alla palt1de dei giornali che si ostinano ad autodefinirsi umoristici, non si trova nulla più che volgarità e qualunquismo deteriore; così come in senso opposto soltanto al dialetto è affidato quel poco che resta del teatro satirico, che pure ha nel nostro Paese tradizioni illustri. Comunque, per tornare alla narrativa, qualche felice eccezio11e c'è ancora; qualche eccezione, dj quelle che con la· loro presenza fanno awertire ancora più il vuoto. Siamo talmente disabituati a ridere leg- ·gendo - dopo la morte di Brancati, dopo la scomparsa di Longanesi - che, quando capita· questa fortuna, si pensa sinceramente che in fondo un· po' più di satira, un po' più di autentica e corposa critica di co65 Bibliotecaginobianco
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