Nord e Sud - anno VII - n. 4 - maggio 1960

scorre la vita politica del paese. La concezione che Luigi Einaudi ha espressa nell'articolo che abbiamo discusso non solo dunque prescinde dalle concrete realtà politiche del mondo contemporaneo, ma rivela, altresì, una povera riflessione sui problemi istituzionali di una democrazia moderna. Purtroppo, la discussione del contenuto teorico di q11esto articolo non esat1risce il problema che esso pone agli osservatori spregiudicati. V>è un altro aspetto della q11estione, che non può sfuggire a nessuno e che è rivelato dal momento in cui è avvenuta la p11bblicazione del breve scritto sul quotidiano milanese e dalla speculazione politica che si è tentato di imbastire su di esso. E cl1e Panfilo Gentile si sia lanciato a testa bassa sull'occasione fornitagli da così autorevole personaggio, per ripetere le sue consuete argomentazioni in chiave sottilmente reazionaria, non ci meraviglia affatto: siamo da un pezzo abit11ati alle bana1ità che egli scrive e tenta invano di dissimt1lare con la sicumera del fi11to competente. Ci meraviglia e ci addolora, invece, che anche Giovanni Spadolini abbia cred11to di dover mescolare la sua voce a quella afona di Panfilo Gentile: chè di Spadolini eravamo abituati a pensare, al di là del disaccordo politico che poteva esservi su questa o quella questione, cl1e egli avesse, oltre ch•e talento giornalistico, sensibilità moderna per· i problemi di fondo della vita democratica di lln paese. Pertanto, non possiamo non st11pirci che egli, che sa le cose che abbiamo dette .fin qui altrettanto bene come noi, subordini problemi così importanti e decisivi, come quellj delle istitt1zioni già create e da creare della democrazia italiana, all' opportt1nità di t1na polemica politica contingente. Ma qual' è la speculazione che si è imbastita sul testo dell'articolo dell'ex-Presidente della Rept1bblica? La risposta è se1nplice: intervenire nel contrasto, delineatosi da più settimane, tra t1na parte dei gruppi parlamentari della D.C. e gli organi responsabili del partito democristiano per far fallire la politica di centro-sinistra, decisa da q11esti organi stessi, e far prevalere, la rissosa destra democristiana e le sue tesi. Così, persone che si acconciavano volentieri ad una maggioranza coi fascisti sono insorte a difendere i diritti del Parlamento. Ora, chi vuole ingannare se stesso e gli altri è ben padrone di farlo: 1na non deve adontarsi se gli si fa rilevare, con la maggiore buona grazia, che egli è in perfetta mala fede o è perfettamente imbecille. Poichè qt1i i diritti del Parlamento non c'entrano per nulla, ed il problema è assai più semplice e chiaro. Si tratta, cioè, di stabilire se 11omini che sono stati eletti col simbolo di un partito e che han110 accettato liberamente lo statuto di quel partito, il quale stabilisce cl1e sono gli organi responsabili del partito medesimo a fissare le linee politiche generali, se questi uomini possono o no agire nel rnodo in cui essi hanno agito, tentando cioè di violare l'impegno, preso una volta per tutte, di rispettare le leggi interne del partito. A noi sembra che la risposta non possa essere dubbia: o ci si sottomette o ci si di1nette; e il Parlamento gùadagnerebbe certamente nell'opinione del paese da un gesto responsabile, chiaro ed onesto. · Un'ulti1na cosa vorremmo aggiungere: abbiamo tanto sentito par70 Bibliotecaginobianco

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