Nord e Sud - anno VII - n. 4 - maggio 1960

Ha voluto semplicemente raccontare, quasi sibi et amicis, le sue esperienze di giovane azionista. « Il Partito d'Azione » come egli scrive in fine del volume « ha segnato una svolta importante nella crisi del costume e della ideo - logia in Italia. È soltanto così che ci si può spiegare come l'avervi appartenuto abbia segnato in modo quasi altrettanto caratteristico di quello con cui sono stati segnati gli ex comunisti: segnati dall'esigenza di un impe gno che non può non essere approfondito nei suoi presupposti e che spinge a riesaminare i motivi di una esperienza compiuta ». In questa chiave di riesame delle proprie memorie si è posto Carini nello scrivere. Dire di tutte le osservazioni del volume, preziose veramente per chi era troppo giovane per vivere intendendoli i fatti e l'atmosfera del '40-47, ma, credo, utili e stimolanti anche per chi li ha vissuti rnaturamente, è purtroppo impossibile. Nla alcune meritano ricordo. Così la esattissima distinz ione tra gli antifascisti restati tenacemente in Italia - gli Omodeo e i Fer rara - magari nelle carceri, dove tuttavia non si perdevano i contatti con il paese, e gli azionisti e antifascisti internazionalizzati, certo contro la loro volontà: tra l'astiosità di molti di questi e il più sereno, anche se non meno severo e certo politicamente e moralmente più maturo atteggiamento degli altr i. E ancora: la liquidazione dell' antinazionalismo di maniera, del facile antif ascismo della barzelletta, ma anche insieme del nazionaHsmo, al momento d ella di1emmatica crisi morale che toccò le coscienze nel giugno del '40, quando si trattò di scegliere tra l'arruolarsi o no: cc allo scoppio della guerra il mio primo impulso era stato quello di farmi richiamare », e, aggiungiamo, fu l'impulso che provarono e attuarono, consenziente il maesb·o, almeno alcuni fra gli allievi di Omodeo. « In questo sentimento non vi era nulla che avesse a che fare con l'onore militare o con la passione patriottica. Era solt anto un volersi mantenere quanto pitl possibile stretto alla comunità nel momento in cui una generale responsabilità sembrava colpire tutti indistintamen te. Mi feci subito dopo la convinzione che anche io appartenevo ad un f ronte, e che ... ciascuno di noi [ militanti antifascisti] poteva riconoscersi come ·portante una divisa, e quindi sentirsi giustificato ». cc Si era così fatto una volta per tutte ... i conti con il concetto convenzionale di patria... La patria ... era ovunque degli uomini combattessero in buona fede per un ideale che essi sentivano umanamente degno ». Ancora si vorrebbe invitare alla lettura del ~olumetto in ragione del suo stile. Carini non è un letterato. Ma rare volte accade di leggere pagine così terse, così prive di qualunque vezzo letterario o, peggio ancora, antilet terario. Segno che egli racconta cose profondamente sofferte ma, oramai, con d istacco. Pure, in tanta disadorna semplicità, vi sono pagine più intense per la commozione dei ricordi, letterariamente assai felici. Tali quelle dedicate a ritrarre i fratelli M., che scoprirono alrautore l'antifascismo cc allo stato di natura », quelle sull'ambiente n1ilanese dell'ISPI e degli studi d'avvocato, le altr e, forse le più belle, sull'inverno romano del '43-44 e sulle cc avventure dickensiane » degli azionisti non passati al PCI dopo il disfacimento del partito. Qui Carini ci racconta come egli seppe resistere al vento che soffiando di lontano portava gli ex azionisti ai sicuri approdi dell'organizzazione comunista. Ma, quando 127 f?ibliotecag_inobianco

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