Nord e Sud - anno VII - n. 3 - aprile 1960

sembranò presentàrsi alle élites culturali, ai gruppi politici, agli indipendenti, ai solinghi liberali italiani, quando certi « miti » che hanno fornito e forniranno ancora forse stimolo ad una dignitosa sopravvivenza - quali l' cc apertura a sinistra » - si avviano a verificarsi in prosaica realtà, quando nuove scadenze elettorali costringono nuovamente a cc fare i conti » - proprio qggi sarebbe più che mai necessario proclamare che non può nè deve essere sorte dei liberali italiani continuare a fare delle riviste, indire dei convegni, presentarsi come indipendenti nelle liste socialiste. Certo, tutto ciò si è fatto, si fa e si farà, perchè non si cambia dall'oggi al domani una penosa realtà. Con la coscienza, peraltro, che se veramente questa fosse non una serie di passeggeri adattamenti ad una crisi temporanea, ma una soluzione irreversibile, allora non sarebbe più possibile parlare di crisi del liberalismo, diverrebbe necessario, invece, parlare di fine della tradizione politica del liberalismo; di consunzione degli ultimi resti di questa nobile vicenda. Il che, però, non solo sembra un po' duro, ma altresì uiente affatto verosimile. Non fosse altro, perchè ovunque ci si giri, nell'Italia e nell'Europa di oggi (non dico nel mondo, perchè il mondo mi sembra, nonostante tutto, ancora troppo grande) non si vede altro che problemi di libertà; problemi di libertà costituzionale, economica, morale, intellettuale. E si vede pure che nessuna delle tradizionali forze «sociali» può più ignorare questi problemi; e ogni volta che gruppi ed individui liberali li abbiano formulati apertamente, le grandi forze «sociali » hanno dovuto accogliere la formula, e magari deformandola a loro mÒdo cercare di attuarla. Perfino le leggi e riforme promosse dai cattolici in Italia si possono considerare tentativi di leggi e riforme cc liberali » : di codificazione, cioè, di disciplina in senso conforme agli ideali e agli interessi cattolici, di fermenti ed esigenze di libertà. E perciò, prima di piegare il capo a·l verdetto della Storia, prima di rassegnarsi a un nuovo corso della storia della democrazia moderna, fatto di liberalismo senza liberali e di liberali senza forze, ci sembrerebbe opportuno verificare ancor~ se realmente questo è il verdetto e questo il destino. Ognuno ha il diritto di coltivare i propri sogni: c'è chi coltiva quello del liberalismo difeso con la scienza e col giornalismo; chi coltiva quello del liberalismo difeso con un abile e abbastanza onesto cabotaggio politico; chi, infine, coltiva il sogno d'un libera·lismo incarnato in un qualsivoglia « partito democratico della libertà ». Quest'ultimo sogno può valere almeno come una nobile epigrafe. 48 Biblioteca Gino Bianco

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