Nord e Sud - anno VII - n. 1 - febbraio 1960

ganti vennero a chiedermi la stessa speranza che Efi~io aveva preteso da me. Si inginocchiavano davanti a un ragazzo come davanti a un dio pagano e mi confessavano i delitti e le loro primitive innocenze » (pag. 251): è l'atmosfera di Gente in Aspromonte felicemente riecheggiata. Nella parte finale i fatti si infittiscono con un piglio tradizjonalmente « romanzesco », ma l'addensarsi degli avvenimenti non dà luogo a uno scioglimento, a una soluzione psicologica o lirica. La fuga sul continente, l' arrivo a Napoli sono, in una certa misura, soltanto dei « fatti » successivi, non già risolutivi. Ed inoltre, specialmente le pagine su Napoli, con la loro facile derivazione da moduli alla Malaparte, testimoniano anche un infiacchjrsi della vena narrativa. « Una donna, coperta solo da un velo verde, uscì dal portone; le gambe sottili, le natiche troppo mobili, i seni lunghi che ballavano, la facevano somigliare a un fiasco capovolto » (pag. 288). << Camminavo sfiorando i muri, ma le jeeps potevano uccidere un uomo anche sul marciapiede, si moriva crocefissi sulle porte dei negozi, inchiodati e schiacciati al muro dei parafanghi degli automezzi » (pag. 290). E più d'uno ancora si potrebbe citare di esempi simili. Un critico marxista, a questo punto, potrebbe lamentare la mancanza di un « asse id~ologico », o qualcosa del genere, per .spiegare come Pirro, dopo di aver puntato sui cc fatti » per descrivere la cc storia di un'anima », in tronco, improvvisamente, la lasci abbandonata fra le jeeps della Napoli del dopoguerra. :Nia questo sarebbe vero solo in piccola parte. In realtà, una linea chiaramente intellegibile che corre lungo tutto il romanzo c'è, ed è costituita, anche questa volta come ne Le soldatesse, dalla storia dei rapporti del protagonista con le varie donne incontrate. Pirro, scrittore scarno, che talvolta scade nella cronaca o si lascia fuorviare da facili suggestioni letterarie, riesce ad essere autentico, perspicuamente analitico, soprattutto in siffatte narrazioni. Lasciamo stare il gallismo, da cui sono ossessionati, più o meno, tutti i suoi personaggi, e in cui si affogano tutte le fedi politiche, gallismo che peraltro celebra il suo epicedio sconfitto dalle scatolette americane; gli yankees hanno il giuoco facile: « dicono alle ragazze che le portano a New York, così gli riesce tutto. Il continente non basta più. È finita » (pag. 270). Intendiamo, invece, ricordare le donne che si stagliano fra le altre, che occupano un posto nella vita di Ugo. Esse ci dicono certamente molto di più che non tutti i suoi tentativi di legger5i dentro, di definire i suoi astratti furori, di dare un valore alla scoperta dell'antifascismo che resta, tutto sommato, una realtà non meno qualunqujstica del suo primitivo fascismo. Emilia, creatui-a moraviana, se si vuole, ma autentica, con le voglie rabbiose dei suoi 35 a~ni, il suo corpo in disfacimento, la sua intelligenza animale buona solo a ferire; Cristella, spavalda prostituta, con la sua « onestà di mestiere », i suoi disinteressati slanci imprevedibili; Miranda, candida e appassionata isolana, protesa nel suo sogno d'evasione; e infine Betty, la « soldatessa » americana incontrata a Napoli, che sa di sapone e di dentifricio, e che gli permette di scoprire l'America ben al di là delle jeeps e delle scatolette, con le sue inibizioni, le sue ansie celate appena dietro la baldanza degli svettanti corpi vitaminizzati. Sono queste donne, dunque, le stazioni più significative del dive126 Bibliotecaginobianco

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