Nord e Sud - anno VII - n. 1 - febbraio 1960

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna LA REDAZIONE, Bilanci MARio PAGGI, Il liberale in Italia ALDO GARoscr, La Spagna di Franco MARCELLO FABBRI, Il codice dell'urbanistica FELICE IPPOLITO, Mezzogiorno ed energia nucleare Vrrroruo DE CAPRARIIS, La storia altalia di Mack Smith e scritti di ANGIOLO BANDINELLI, RAFFAELLO FRANCHINI, GIUSEPPE GALASSO, CARLO MAGGI, FEDERICO ORLANDO, ANTONIO PALERMO, Giov ANNI TERRANOVA ANNO VII • NUOVA SERIE · FEBBRAIO 1960 • N. I (62) EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE • NAPOLI Bibliotec_aginobianco

1, o~ue!qOu!5e~aionq!s eletti al Parlamento regionale si accingeranno ad occupare i loro segg·i, 1: solz'ti com~ nienti qualunquistici accompagneranno la smob·ilitazione degli apparati e dei comitati elettorali: parole'1 chiacchiere!, ambizioni!, interessi!, << i·ntrallazzi »!, ecc., ecc. Ma tutte queste parole, chiacchi·ere, ambizi'oni, i·nteressi e << z'ntrallazz·i », quand'anche fossero - e non lo sono -! le sole cose da rz'levare di· una campagna elettorale come quella testè conchi·usasi·, hanno pur sempre un significato politico, vi'ci·no o lontano, e possono comunque rappresentare fonti preziose per gli osservatori· non· superficiali e non tendenzi·osi. Se non altro, nel nostro caso, stanno a testimoniare l'arretratezza di sistemi con cui cert1:partiti e certi uomini affrontano le competizioni civili· e politiche; e qui·ndi' stanno anche a testimoniare, in base al risultato finale cui adducono tali· sistemi, le reazioni del corpo elettorale; e i'nfine testimoniano della eff ettiv_a consistenza o rispondenza di· posizi·oni' politiche nazionali' a seconda della maggiore o mi·nore aderenza a queste ultime degli" organi· e rappresentanti locali , . . . aei partiti. Qui" si vuole cogliere l'occasione per un scelta antologica di qualche episodio o atteggiamento della recente campagna elettorale. A destra non c'è stata soltanto una maggiore concorrenza di li'ste a ben testi·- moniare la frantumazione e l'i·nettitudine di questo settore che raccoglz·e tutto l'infantilismo politi·co nostrano; c'è stata anche la pz'ù accanita lotta per le preferenze e il maggiore sfoggio di pubblicità. Qui' si possono citare manifestazioni varie che si· ri·- petono, mutatis mutandis, con metodica puntualità ad ogni· prova elettorale nell'Italia meri'dionale: i· grandi manifesti· azzurri con i·z ritratto di· Lauro; l'arco di trionfo luminoso e le scatole di fiammiferi ·inneggi·anti ora· ad un certo Duca di Cumia, candidato, manco a dirlo, del P.N.M.; i ritratti, nelle vetrz·ne di· alcuni' forni.tori, di un certo avvocato Rufo/o candi.dato del P.L.I., e la concessione di ribassi ai 1 cli.enti, da parte di detti fornitori·, dietro impegno di· votare per il sullodato; i catafalchi e altri macabri simboli· che hanno ispirato la campagna de·i dissidenti fascisti; i·l primato dei· monarchici nelle solite distri"buzioni dei generi alimentari· e d·i scarpe per il piede sinistro; gli schiaffi e le denunci·e per corruzione che hanno coronato la lotta tra i clan fascisti. Una novità è stata rappresentata invece dal << completo per se.zione » di.stribuito dai monarchici dr: Lauro paese per paese. Vale anche la pena di raccogliere in collezione alcuni fiori della oratori"a fasci.sta p -1")'101-1 nrr hir:{1.. P. stata 1~ notat11 >\ r 0 'YYI l,r/1 1,, v~.-n,-:.. ,1: ,,,,,.,,, ,...... ~ ,:, ;j ,.,,,.r rl'T" ,,,.,, ~ '""" .J .rll'" r1 "·,, ·

NORD ESUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Bibliotecaginobianco •

· F. C. La Redazione Aldo Garosci Mario Paggi N.d.R. Giovanni Terranova Marcello Fabbri Raffaello Franchini Carlo Maggi Felice Ippolito Federico Orlando Vittorio de Caprariis SOMMARIO Renato Giordano [ 3] Bilanci [ 14] La Spagna di Franco [26] Il liberale in Italia [54] GIORNALE A Più VOCI Il prezzo del governo Segni [ 66] ·Gli schemi regionali dell'on. Colombo [69] Il codice dell'urbanistica [72] Le celebrazioni del '60 [ 80] Dal cc Giorno » al cc Tempo », dal « Mattino » al Mezzogiorno [83] DOCUMENTI E INCHIESTE Mezzogiorno d'Italia ed energia nucleare, [88] La questione dell'acquedotto cam,pano vista da Campobasso [97] RECENSIONI La storia d'Italia di Mack Smith [111] CRONACA LIBRARIA [118] Una copia L. 300 ~ Estero L. 360 DIREZIONE E REDAZIONE: Abbonamenti Sostenitore L. 20.ooo Napoli - Via Carducci, 19 - Telef. 392.918 Italia annuale L. 3.300 semestrale L. 1. 700 Estero annuale L. 4.000 semestrale L. 2.200 Abbonamenti, distribuzione e pubblicità: Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 intestato a EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALI.A.NE - S.p.A. - Ed. Scientifiche Italiane S.p.A. Via Roma, 406 Napoli Via Roma, n. 406 - Napoli - telef. 312.540 - 313.568 Bibliotecaginobianco

Renato Giordano Nella nostra città, « quando l'Italia era tagliata in due », e negli anni immediatamente successivi, fino alle elezioni del 2 giugno 1946, ci fu gran fervore di iniziative politiche e un gran discutere, del passato, del presente, dell'avvenire, fra nuovi partiti e nuovi giornali, fra nuove voci che si facevano udire e nuovi volti che si incontravano nei luoghi dove più alta vibrava la passione civile dei napoletani. Oggi sembra forse ancora difficile una valutazione serena e obiettiva di quel che a noi di quei giorni è rimasto, dei fatti e delle idee che, grazie a quei giornali e a quei partiti, a quelle voci e a quei volti, sono· poi risultati assai più radicati nella realtà etico-politica della nostra città, e del paese, di quanto la loro apparentemente effimera fioritura nell'immediato dopoguerra non lasciasse fino a ieri supporre. Si commetterebbe comunque un grave errore da parte di chi ritenesse che tanto fervore d'incontri e di iniziative sia tuttò fin,ito nel nulla, o quasi nel nulla. Se noi infatti risaliamo indietro, lungo le vicende napoletane degli anni trascorsi, non possiamo non rilevare che nell'immediato dopoguerra furono seminate idee che poi sono in vario modo fiorite; furòno avviati i ripensamenti del meridionalismo e gettate le basi delI'europeismo che poi hanno acquistato più corpose e più sicure dimensioni; furono intuiti i nessi fra il primo e il secondo eh.e oggi risultano chiariti da tutta la successiva esperienza politica dei democratici meridionali; furono individuati i limiti di talune più discutibili posizioni politiche e di talune più anacronistiche persistenze ideologiche. Ed è infine vero anche per Na- , poli che all'immediato dopoguerra risalgono le origini di quei pochi gruppi che poi si sono affermati, attraverso varie vicende della vita nazionale, per aver saputo mettere alla prova la propria fedeltà ai principi ideali e la propria fermezza delle posizipni politiche. Renato Giordano, giovanissimo, ha ·cominciato a partecipare alla 3 - Bibliotecaginobianco

vita politica in quella Napoli delI'immediato dopoguerra: si può dire che la storia del nostro piccolo gruppo è a sua volta cominciata con Renato Giordano nella redazione del giornale di Guido Dorso; ed è proseguita poi, sempre con Renato Giordano, attraverso le varie tappe della nostra attività pubblicistica - cc l'Italia socialista » e cc La Voce Repubblicana », « Il Giornale » e cc Il Mattino d'Italia », « Il Mondo » e « Il Mulino », fino a « Nord e Sud » - e i vari momenti della nostra comune formazione: il liberalismo di Omodeo, il meridionalismo di Dorso, e poi di Rossi Daria, l'europeismo di Spinelli e poi di Monriet; e, sopratutto, l'Istituto fondato da Benedetto Croce e diretto da Federico Chabod. Potremmo aggiungere che molti di noi si sono incontrati e conosciuti l'uno con i altro proprio in quanto - nel corso delle vicende di quei giorni - eravamo diventati amici di Renato Giordano. Del periodo passato con Dorso all' « Azione », nel 1945, lo stesso Renato Giordano ha poi raccontato gli episodi salienti in una cc cronaca >) che fu pubblicata in uno dei primi numeri di « Nord e Sud » (febbraio 1955). Vi si legge che egli fu mandato, assieme a·Guido Pierri, a rappresentare nella redazione del giornale la sezione napoletana dei giovani del P.d'A.; e che Dorso subito gli disse che avrebbe dovuto fargli da segretario. Michele Cifarelli e Guido Macera - racconta poi Renato Giordano in quella « cronaca» scritta per cc Nord e Sud » - erano tra i cc pochissimi » che conoscevano bene Dorso; e, mentre il primo lo esortava ad aiutare Omo de o nello sforzo di far uscire il partito napoletano cc dalle secche del sinistrismo verbale », il secondo - poichè cc avvertiva con chiarezza il grave pericolo per il P.a A. di trovarsi senza nessuna forza di sostegno sociale » - cercava di convincerlo della necessità di creare intorno all' « Azione » cc una rete di interessi di piccola e media borghesia », servendosi del giorriale come del mezzo migliore per far capire agli altri cc che il P.d'A., dopo essere stato il partito dell'antifascismo, doveva diventare ora il partito della ricostruzione ». Omodeo era intanto costretto ad una polemica quotidiana, estenuante contro una cc sinistra » che a Napoli dominava quantitativamente il partito, celando, dietro gli « accesi toni » giacobini, cc manifestazioni di classico trasformismo clientelistico meridionale ». Dorso sembrava invece ritenere che fosse più opportuno « sottovalutare la pressione di quell'ala del partito ». Ma Renato Giordano racconta anche altri particolari che contribuiscono a rendere il cc clima» di quei giorni e di quel tempo. È significativo, per esempio, che anche Raffaello Franchini e Crescenzo Guarino 4 Bibliotecaginobianco

mossero i primi passi nel giornale meridionale del P.d'A., assimilando · una lezione che avrebbe portato entrambi lontario, l'uno sulla strada degli studi filosofici, l'altro sulla strada del migliore giornalismo, a un livello di dignità prof esS'ionale che per Napoli non esitiamo a considerare esemplare. E non meno si,gnificativo è il fatto che nella redazione del giornale azionista v'erano pure di quei cosiddetti « prof essionisti » del giornalismo e di quei dilettanti della politica che, gli uni saldamente ancorati a destra, gli altri ossessionati dalla preoccupazione di stare a si,nistra, rappresentano due piaghe tradizionali della vita meridionale. L' «Azione», comunque ebbe vita breve. Guido Dorso fu messo sotto accusa dalla maggioranza napoletana di sinistra, e furono i1i pochi a «difenderlo» nella sede di Piazza Dante. Così come invano si recarono nella capitale Renato Giordano e Guido Macera, per sollecitare un intervento della segreteria del partito: Altiero Spinelli, cc pur considerando la cosa con molta gravità », disse che la segreteria non aveva la forza d'intervenire per sanare la situazione napoletana e di « evitare che si ammainasse la bandiera del meridionalismo ». Dorso, amareggiato, riteneva, infatti che questo, l' ammainamento della bandiera del meridionalismo, sarebbe stato l'effetto immediato e diretto della chiusura del suo giornale. Qui - con la chiusura del giornale all'indomani della crisi Parri e con un accenno polemico ai co-munisti che, dopo la sua morte, cercarono di annettersi Dorso, come un precursore del frontismo - si ferma la cc cronaca » che Renato Giordano scrisse per ricordare Guido Dorso e l' « Azione »• Il seguito tenteremo di scriverlo noi, ora, in memoria appunto di Renato Giordano. La « bandiera del meridionalismo » di Dorso non fu ammainata del tutto come Dorso temeva con la chiusura dell' « Azione » : questa è la prima considerazione da fare. Clii ha vissuto a Napoli riel 1945-46 la vita dei partiti, e sopratutto degli ambienti giovanili dei partiti, ricorda che, verso la fine del 1945 e agli inizi del 1946, Renato Giordano e i suoi amici del P.a A. (Guido e Nicola Pierri, Vittorio de Caprariis, Filippo Cassola e altri a Napoli; Giuseppe Ciranna, Giovanni Russo, Giuseppe Tropea, a Potenza; Vittore Fiore, Giuseppe Patrono e altri nelle Puglie, ecc. ecc.) seppero portare questa bandiera in tutte le assemblee politiche: e perciò dal meridionalismo di Guido Dorso, grazie anche all'opera di Manlio Rossi Doria, furono infiuenzati tutti i « giovani » napoletani e meridionali che in quel tempo militavano nei partiti democratici; in 5 Bibliotecaginobianco

particolare taluni democristiani (come, tra gli altri, Tommaso Morlino, Benedetto Baccaro, Ugo Pesce) e i liberali di sinistra (come chi scrive queste righe); mentre dell'opera di Dorso dovettero cercare di avvalersi - « strumentalmente », come suol dirsi - i « giovani » comunisti. Maturavano intanto la crisi del P.d'A. e quella del Partito liberale. A Napoli non fummo in molti a uscire dal Partito liberale con Felice Ippolito e Ferdinando Isabella; assai più numerosi furono coloro che uscirono dal P.d'A.: con Omodeo, Filippo Caracciolo, Guido Macera, e'erano anche Renato Giordano e i suoi amici della sezione giovanile. E fu poco dopo le due scissioni che Filippo Caracciolo ebbe mandato di organizzare a Napoli la campagna elettorale dellEJConcentrazione democratica e repubblicana: nella lista dei candidati, intorno ai quali ci ritrovammo tutti, figuravano i nomi di La M alfa e di Omo deo (che morì prima del 2 giugno), di De Ruggiero e di Mario Vinciguerra, di Filippo Caracciolo e di Felice Ippolito. Questi nomi non attirarono i suffragi che noi,' carichi allora di tutte le illusioni dei giovani che « vedevano» per-la prima volta la lotta elettorale, avevamo sperato di poter raccogliere. I nostri legami, però, risultarono assai rinsaldati dopo quella ultima vicenda dell'immediato dopoguerra; e molti di noi comincia1·ono a comprendere quali difficoltà attendevano la parte politica alla quale avevamo aderito, per tradizione e per elezione a un tempo. Ora, altri, nuovi problemi si ponevano: stabilire i confini del meridionalismo democratico, chiarire i rapporti con i comunisti, denunciare come nefasti alla democrazia e al meridionalismo i legami frontisti che i comunisti cercavano di annodare, non senza successo, con tutti i vecchi gruppi democratici e antifascisti del Mezzogiorno. Entrati nel Partito repubblicano, Michele Cifarelli e Guido Macera tennero a questo proposito posizioni molto ferme e decise; dal canto suo, Manlio Rossi Doria, in un convegno per le bonifiche, tenutosi in quei mesi a Crotone, reagì non meno fermamente agli interventi dei vari Sereni e Miceli, denunciando il carattere demagogico, e « strumentale », dell'agitazione comunista nelle campagne rrieridionali. Renato Giordano fece la sua parte collaborando attivamente da Napoli all' « Italia socialista» di Garosci (che ebbe grande infiuenza ai fini della formazione politica di tutti noi, la quale richiedeva appunto quegli arricchimenti e per{-ezionameriti che il giornale di Garosci dispensava generosamente ai suoi lettori): ricordiamo, tra l'altro, la dura recensione che Renato Giordano scrisse di un pamphlet frontista ( << Il Mezzogiorno all'opposizione ») che Emilio Sereni aveva pubblicato dopo che i comunisti erano stati messi 6 Bibliotecaginobianco

fuori dal governo e che può essere considerato uno dei testi piu rappresentativi di quello che poi abbiamo chiamato il « meridionalismo di complemento » dei comunisti. Contemporaneamente alla collaborazione meridional1-stica sulle colonne di cc Italia socialista » Renato Giordano fu tra coloro che frequentarono i corsi del primo anno di attività dell'Istituto italiano di studi storici: da questa frequenza, dai contatti con Croce e dalle lezioni di Chabod, egli, come tutti noi, ricavò nuovi interessi di ordine culturale e una conferma dei propri convincimenti politici. La sua passione europeista si venne allora politicamente e culturalmente precisando; e grande infiuenza ebbero sul suo orientamento in questo senso non solo un articolo con cui Altiero Spinelli interpretava sul « Ponte » il Piano Marsliall (una conferma, quasi, delle speranze che Guido Dorso aveva riposto nella « visione illuminata e generosa dei dirigenti americani », perchè contribuissero a far valere indirizzi libero-scambistici di politica economica), ma anche lo studio sull'idea di Europa che Federico Chabod pubblicò sulla « Rassegna d'Italia ». D'altra parte, egli si era laureato da appena un anno (con una tesi di diritto costituzionale sullo scioglimento delle Camere nella pratica del Governo parlamentare in -Italia) ed era assistente del Prof. Alfonso Tesauro: gli si presentò quindi l'occasione di una borsa di studio all'Università di Princeton e partì per gli Stati Uniti, con I'intenzione di studiare, nell'ambito del diritto costituzionale comparato, il funzionamento della Corte Suprema. Poi fu maggiormente attratto dai grandi problemi della storia costituzionale americana, in particolare dalla figura di H amilton (del quale diceva scherzosamente che sarebbe piaciuto a, Dorso, perchè era cc un, politico », mentre J efferson, sempre nel linguaggio di Dorso, era soltanto « un ideologo ») e dagli eventi, dalle polemiche, dagli studi che addussero alla federazione e che potevano essere forse di qualche insegnamento per la battaglia politica diretta a proporre e a realizzare soluzioni federalistiche della crisi europea. Nel 1948, dunque, nel liberalismo di Renato Giordano, nei suoi interessi, culturali, nei suoi convincimenti politici, meridionalismo ed europeismo si erano già saldati, motivi dominanti e determinanti di tutte le cose che egli poi è venuto facendo e scrivendo. Tornato dagli Stati Uniti, Renato Giordano si trovò di fronte a una difficile scelta.· da un lato una brillante carriera universitaria, dall'altro lato r avventura della pubblicistica politica. Renato Giordano scelse la 7 Bibliotecaginobianco •

• avventura: nel 1949-50 fu collaboratore del « Giornale >>, nel 1950-51 redattore-capo del « Mattino d'Italia ». Quante speranze fiorirono in noi all'annuncio che Mario Ferrara ci dette di questo giornale democratico, che Ivan Matteo Lombardo voleva fare a Napoli, con lo stesso Mario Ferrara come corrispondente romano e con Gino Daria come condirettore! Ugo Amedeo Angiolillo ne sarebbe stato il direttore, ma noi avremmo avuto piena libertà di far valere le nostre idee e le nostre posizioni politiche, avremmo potuto lavorare come èquipe direzionale, avremmo potuto scrivere gli articoli e i « corsivi ,, che ci sembrassero più tempestivi in rapporto alle situaziorii che, a nostro giudizio, si sarebbero presentate come meritevoli di commento redazionale. La costruzione risultò poi assai più precaria di quanto non si potesse prevedere anche dai più pessimisti, assai più precaria di quella del « Giornale », che durò qualche anno in più e con una organizzazione più consistente. E tuttav·ia, per quei mesi durante i quali fummo al « Mattino d'Italia· », raccogliemmo intorno a noi nuove adesioni, di nostri coetanei e ançhe di amici più giovani di noi. Michele Tito, Franco Ciarnelli e Giuliano Piccoli collaboravano direttamente con il redattore-capo alla co1npilazione del cc Mattino d'Italia ». E c'erano anche Crescenzo Guarino, Michele Prisco, Franco Rizzo, Gennaro Magliulo, mentre venivan.o frequentemente a trovarci Gilmo Arnaldi e Luigi Amirante, i quali ci misero in contatto con alcuni loro giovani amici - Nello Ajello, Atanasio Mozzillo, Ugo Gregoretti, Carlo Cicarelli - che volevano uscire da una associazione culturale controllata dai comunisti e f andarne un'altra con noi. Si potrebbe dire forse che la stessa tela di cc Nord e Sud » si cominciò a tessere allora, quando Renato Giordano era redattore-capo del « Mattino d'Italia » e il nostro gruppo si allargò anche ad elementi di noi più giovani di qualche anno. Dopo alcuni mesi - definitivamente consapevoli del fatto che il giornale, che a stento era riuscito a nascere, non sarebbe riuscito a vivere a lungo - lasciammo il cc Mattino d'Italia ». Alcuni di noi, fra cui Renato Giordano, aderimmo all'unificazione liberale. Durante questo periodo avevamo stretto rapporti sempre p'iù intensi, di collaborazione politica prima ancora che giornalistica, con « Il Mondo »; e ci sembrava che l'unificazione liberale potesse essere, come poi è stata, un'operazione di sbarramento nei confronti dell'apertura a destra che clericali e nazionalf ascisti cercavano di imporre alla DC, contro la volontà dello stesso De Gasperi, cattolico-liberale ed europeista; così come ci sembrava che con l'etichetta liberale si potessero far valere meglio nel Mezzogiorno 8 Bibiiotecagi nobianco

le nostre esigenze d'intervento e di influenza nei confronti di quegli ambienti e settori della classe dirigente che Renato Giordano soleva scherzosamente chiamare « l'antifascismo moderato ». In questo senso l'esperienza della collaborazione al « Giornale » era stata per noi preziosa; e - ora che saliva la risacca fascista, mentre nello stesso tempo si faceva sempre più sentire la pressione politica ed elettorale del frontismo a direzione comunista - bisognava farne tesoro. Ma era l'attività presso le istituzioni europee, più di quella nei partiti italiani, che tentava Renato Giordf!,nOora che l'avventura del giornalismo politico a Napoli era finita e mentre si cominciavano a gettare le prime fondamenta dell'Europa dei Sei. Altiero Spinelli presentò Renato Giordano a Monnet e a Giacchero: poco dopo il nostro amico partì per Lussemburgo. Se durante il periodo della sua attività giornalistica Renato Giordano non fu mai «professionista», nel senso arido della parola, durante il periodo da lui trascorso a Lussemburgo egli non fu mai « funzionario » nel senso arido di quest'altra parola. N è per il fatto della lontananza si affievolirono i contatti fra noi che eravamo rimasti e lui che era partito. Certo, in occasione della sua partenza, fummo per la prima volta costretti a prendere atto di una triste realtà con la quale abbiamo poi dovuto fare più volte i conti: da Napoli, dal Mezzogiorno, i migliori sono costretti a partire. Ma Renato Giordano apparteneva, per così dire, ai -migliori tra i migliori; a coloro che, anche quando sono costretti a partire, in qualche modo riescono a restare. Da Lussemburgo egli scriveva articoli, veniva a fare conferenze, organizzava convegni: era di volta in volta il meridionalista in Europa e l'europeista nel Mezzogiorno. Noi abbiamo seguito da vicino le vicende della lotta politica in Europa ed è come se avessimo conosciuto quei principali protagonisti di essa che Renato Giordano ebbe occasione di avvicinare: perchè nelle sue esperienze egli era solito mettere tutto se stesso e ne ricavava giudizi sempre tanto acuti e penetranti, quanto appassionati, dei quali poi si discuteva insieme. Ed è probabile che, quando gli capitava di parlare delle cose meridionali con i suoi amici europei, lo facesse acceridendosi della stessa grande passione che sempre animava i discorsi e le corrispondenze che sulle vicende europee egli continuava sistematicamente con i suoi vecchi amici napoletani (non si può dimenticare la sua immediata avversione per l'irresponsabile nazionalismo del Pella di Trieste e per quello, meno plateale, ma comunque preoccupante, del Fanfan·i di Suez; nè si possono dimenticare le sue polemiche contro la 9 Bibliotecaginobianco

politica di Mendès France e quelle a favore dell'europeismo di Ade-- nauer, le une e le altre tanto difficili a far valere presso certi ambienti della siriistra democratica italiana; così come non si può dimenticare la sua stima per Giacchero e il suo sentimento di ammirazione per Monnet, la personalità alla quale egli si è sentito più intimamente legato, fino alfultimo momento). Della parte che Renato Giordano ha avuto nell'ambito di « Nord e Sud )>, cui nel frattempo avevamo dato vita, quando egli era ancora a Lussemburgo, testimonia la sua collaborazione, che si è iniziata proprio con la « cronaca » prima citata su cc Guido Dorso e L'Azione »: in questo tema, peraltro, si poteva ravvisare un modo come un altro di stabilire una continuità fra le varie esperienze attraverso cui il nostro gruppo è passato. E quando diciamo che della parte di Renato Giordano nell' a,mbito di cc .Nord e Sud » testimonia la sua collaborazione, non intendiamo soltanto la collaborazione scritta, ma anche e soprattutto quella direzionale: perchè, di « Nord e Sud», Renato Giordano ·è stato un ~condirettore, che ha scritto note redazionali, che ha rappresentato la rivista in varie occasiorii, che ne ha ampliato la sfera di rapporti, che ha dovuto vagliare il valore di taluni contributi e ne· ha procurati altri, che partecipava direllaniente alla definizione della nòstra linea politica. - Era venuto da Lussemburgo a Roma, nell'ufficio romano della CECA, nel 1955, quando Jean ~1onnet, dopo la caduta della CED, aveva costituito il Comitato interpartitico per il cc rilancio europeo », e aveva quindi bisogno di chi potesse coordinare i rapporti fra il Comitato e i partiti italiani. Degli anni passati a Lussemburgo il suo organismo, già minato fin dalla infanzia, aveva non poco risentito; non ne aveva però risentito la sua passione politica. La sua attività pubblicistica riprese anzi più intensa dopo il ritorno in Italia. È del 1956 cc Europa senza dogane », un volume di vari autori che Renato Giordano curò per Laterza, scrivendo, come prefazione, una serrata confutazione del luogo comune che allora circolava fra gli ambienti qualunquistici, che l'Italia, cioè, in un mercato comune continentale, sarebbe diventata la cc Basilicata d'Europa » ( il libro era nato dall'inchiesta che un Comitato di studi costituito a Milano presso la Camera di Commercio - per iniziativa del compia1ito senatore Giulio Bergnian - aveva condotto fra gli i1nprenditori italiani per conoscere il loro atteggiamento nei confronti di un mercato comune europeo). Quanto agli articoli scritti in quel periodo per « Nord e Sud », una 10 Bibliotecaginobianco

• parte di essi si trova raccolta in: « Il Mercato Comune e i suoi problemi », pubblicato nella collana Sa:ggi e inchieste intrapresa da « Opere nuove » : vi si ribadiscono « le ragioni ideali delf europeismo »; vi si co11futano cc le obiezioni politiche ai trattati di Roma »; vi si assume una parte difensiva nel « processo » che dai critici economici della « piccola ~uropa » si muoveva al Mercato com'Jl,ne;vi si ritrovano infine - sulla base di previsioni il cui valore principale consiste in una significativa anticipazione rispetto agli eventi - tutte le considerazioni che poi si sono fatte da molte parti intorno alle ragioni antieuropeiste per cui l'Inghilterra è ve·nuta perorando l'istituzione di una zona di libero scambio. Chi oggi volesse rendersi conto di che cosa è il Mercato Comune, così dal punto di vista economico come da quello politico, di come esso è nato, fra quali contrasti e in rapporto a quali problemi, nella bibliografia politica italiana non potrebbe trovare nulla di più illuminante al di fuori di questa ordinata raccolta degli articoli allora scritti da Renato Giordano. Ma il meglio di sè, come pubblicista politico e come esperto delle vicende e dei problemi internazionali, Renato Giordano lo ha dato nel suo ultimo libro, che è soltanto di pochi mesi or sono: cc La nuova front_iera », edito dal cc Miilino » nel giugno del 1959 e di cui è in corso -za traduzione per conto di un editore americano. Il libro è d(!dicato a Jeari Monnet e non crediamo clie ci faccia velo f aniicizia per l'amico perduto se affermiamo che è uno dei pochi, anzi dei pochissimi libri di politica internazionale - e di interesse per gli esperti e per i cultori di politica internazionale dei vari paesi, europei e non europei - che sia stato scritto in lingua italiana e che abbia al tempo stesso possi,bilità di risonanza anche fuori del nostro Paese. E per quanto ci riguarda non vi abbiamo ritrovato soltanto le « tracce di nostre frequenti conversazioni » (come r Autore stesso annunciava in una breve nota premessa al testo); ma vi abbiamo ritrovato, in una organica sistemazione, la rigogliosa fioritura di tutte le intuizioni che erano nate in co·mune dalle varie esperienze culturali e politiche per le quali siamo passati. C'è anzitutto il giudizio sugli Stati Uniti; sulla storia di ieri e sulle funzioni di oggi degli Stati Uniti, passati, dopo « il tramonto dell'isolazionismo », attraverso prove decisive, « dal New Deal al neocapitalismo », per giungere sulle soglie della « nuova frontiera »: « Max Lerner ha osservato che lo spirito della frontiera int11itoda F.J. Turner, fu reso possibile da una linea tripla di sviluppo, e cioè dalla 'frontier~' vera e propria ad ovest, dalla trasformazione industriale 11 Bibliotecaginobianco

e tecnologica ad est, dalla sempre nuova corrente di idee politiche libere, prodotte in tutti i circoli del paese. Lo spirito della frontiera è la sintesi di questo complesso e simultaneo processo di rinnovamento e di sviluppo. Lo spirito della nuova frontiera deve essere la coscienza della· responsabilità mondiale degli Stati Uniti ... ». C'è poi l'Europa, con le sue forze politiche tradizionali, le cui dottrine e le cui posizioni politiche sono così spesso inadeguate, se non anacronistiche, rispetto alla cc nuova realtà della bilancia delle forze sulla scena mondiale »: le pagine della « nuova frontiera » che sono dedicate a quella che potremmo chiamare una critica interna alla democrazia europea, all'antieuropeismo della democrazia britannica, cioè, e alle nefaste suggestioni nazionalistiche che sottilmente agiscono all'interno di forze democratiche come il socialismo tedesco e il radicalismo francese, così come le pagine sul rapporto che passa fra isolazionismo in America e nazionalismo in Europa, fra il primo e il neutralismo alla Kennan, fra il secondo e il neutralismo tipo « Express » o tipo socialdemocrazia della Germania di Bonn, sono di grande attualità; e noi le vorremmo raccomandare all'attenta meditazione di tutti coloro che, distensione o non, devorio comunque fare i conti con certe realtà - con la crisi irrimediabile delle strutture nazionali in Europa, anzitutto - per il solo fatto che sono investiti, o aspirano ad essere investiti, di responsabilità politiche. E c'è infine l'Italia, con il suo problema meridionale che può trovare soluzione solo nel superamento della crisi delle strutture nazionali europee. Ritorna qui un vecchio tema di Renato Giordano, delr'allievo di Federico Chabod, storico della politica estera italiana: ci sono due tradizioni della politica estera italiana, l'una volta al 'A1. editerraneo, l'altra all'Europa; l'una che risale a Crispi e arriva a Mussolini, l'altra che risale a Visconti V enosta e arriva a Sforza, a De Gasperi; l'una nazionalistica, che incoscientemente si propone obiettivi di prestigio, l'altra europeistica, che corisapevolmente si propone obiettivi interdipendenti d'integrazione politica, di sviluppo economico bilanciato, di libertà civile. Ritorna questo tema nella polemica intorno agli atteggiamenti delle forze politiche italiane in occasione della crisi di Suez; e ritorna nell'augurio che l'integrazione europea possa continuare a servire « come _ mezzo di decantazione della situazione socialista », di quei socialisti che, malgrado la loro tradizione migliore, steritano ad acquistare la consapevolezza che, per l'Italia e per l'Europa, i termini tradizionali della lotta politica si sono profondamente trasf armati e cc lo spartiacque tra le forze della conservazione e quelle del progresso corre lungo la linea che divide 12 Bibliotecaginobianco

il nazionalismo dalI'internazionalismo »: il neutralismo, come si diceva, è assai più vicino al primo, mentre la moderna formulazione politica del secondo, distensione o non, è l'europeismo. Quanto abbiamo discusso insieme di questo capitolo sulI'Italia de cc La nuova frontiera », e della critica che si doveva fare di certi atteggiamenti contraddittori delle forze polit-iche di cui idealmente e politicamente facevamo parte, e che, a nostro giudizio, sottovalutavano, per esigenze di. politica interna, certe esigenze di politica internazionale, invece di coordinare le une con le altre in una sola visione democratica! I problemi allora proposti, o soltanto avvistati, restano: sul piano internazionale e su quello interno. Ci sia consentito di formulare l'augurio che « La nuova frontiera » possa costituire la base per riprenderne la discussione, in modo approfondito. E un altro augurio si deve formulare: che quel libro possa servire come esempio e come monito per un atteggiamento più sorvegliato in chi si avventura a discutere di politica internazionale, come avviene nel nostro paese, dove a destra c'è soltanto chi si fa forte di alcuni luoghi comuni della geopolitica e a sinistra c,è soltanto chi predica alcune buone intenzioni umanitarie. « La nuova fro·ntiera » è dunque un libro sui problemi della democrazia e delrEuropa. E, in ultima analisi è sui problemi della democrazia e delI'Europa che si è venuta misurando tutta la personalità di Renato Giordano, crescendo e completandosi dai giorni napoletani della polemica contro gli «ideologi» della sinistra del P.d'A. fino ai giorni in cui, per scrivere « La nuova frontiera », bruciò tutte le ricche riserve della sua grande passione politica .. DelI'umanità di lui, ha detto Aldo Garosci sul cc Mondo »; e non poteva dirlo meglio. Per quanto riguarda noi, che lungo quindici anni abbiamo coltivato con Renato Giordano tutti i sentimenti delI'amicizia, non c'è nulla da aggiungere. C'è soltanto da ricordare ancora di quanto quella amicizia ci ha arricchito; e perciò chiudiamo queste pagine semplicemente, esprimendo soltanto ~ insieme con il rimpianto per le cose che Renato non potrà più darci - la riconoscenza per quello che ci ha dato. F. C. 13 Bibliotecaginobianco

Bilanci de La Redazione « Nord e Sud non stanno ad indicare i termini di una astratta contrapposizione fra gli interessi delle regioni più sviluppate e le aspirazioni delle regioni più povere; ma i termini elementari in cui si riassumono oggi tutti i problemi italiani, come problemi di integrazione fra Settentrione e Mezzogiorno d'Italia .nel quadro delle più moderne esigenze d'integrazione fra Europa occidentale ed Europa mediterranea'.». Così si apriva l'editoriale del primo numero di « Nord e Sud », nel dicembre 1954; ed oggi, nel dare inizio ad una seconda serie della rivista, pur essendosi verificate, nei sei anni trascorsi, vicende politiche interne ed internazionali di notevole rilievo, che hanno modificato alcune delle situa·zioni allora da noi prese in esame, potremmo riprendere ancora le parole di quel nostro primo discorso per defi11irele, linee del nostro lavoro futuro : « approfondire la conoscenza della realtà meridionale e adeguare il comportamento della classe dirigente italiana· ai risultati di un tale approfondimento: questi sono i primi aspetti in cui si pone oggi il problema di integrazione fra le 'due Italie '. La nostra: rivista si propone appunto di contribuire alla valutazione dei nuovi dati della situazione meridionale e di esercitare una pressione costante per a·deguare a questi dati l'orientamento dei governi, dei partiti, della stampa, dei gruppi qualificati di pubblica opinione ». V'è, dunque, tra la prima e la seconda serie di « Nord e Sud », tra quella che si è stampata a Milano fino al dicembre scorso con la'. collaborazione dell'Editore Mondadori e questa che vede ora la luce a Napoli grazie alle Edizioni Scientifiche Italiane, una continuità di orientamenti e di interessi politici e culturali. Una continuità che risalta dalla fedeltà alle tradizioni antiche del pensiero e della cultura 14 Bibliotecaginobianco

democratica e liberale, e g quelle più recenti e altrettanto valide del meridionalismo e dell'europeismo, alle prime che costituiscono il lievito necessario e insostituibile di ogni progresso politico e civile, e alle seconde che rappresentano conquiste dell'Italia democratica nata dalla Resistenza e i nuovi poli di orientamento per una politica degna di un paese che intenda vivere modernamente l'esperienza dell'Occidente libero e progredito. Ma perchè, si domanderà il lettore, una nuova serie di cc Nord e Sud »? Va detto subito che noi aspiravamo da tempo a stampare la rivista nella stessa città in cui essa - almeno nella parte dei commenti redazionali - viene scritta: esigenze di più tempestivo intervento nel dibattito politico ci spingevano a realizzare una tale aspirazione. E poi, intorno alla rivista, circa due anni or sono, ha cominciato a funzionare un cc Centro Studi », la cui attività allarga necessariamente i nostri programmi iniziali. Il passaggio della sede editoriale da Milano a Napoli rappresenta perciò, per noi, una felice, e da molto tempo auspicata, soluzione di alcuni problemi di organizzazione del nostro lavoro, ed è nello stesso tempo un passo avanti, una premessa per affrontare con ma·ggiore e più largo impegno i compiti nuovi che stanno davanti al gruppo di studio che si raccoglie intorno a cc Nord e Sud ». La nuova serie dellét rivista rispecchia quindi questo allargamento della nostra attività; ma essa vorrà rispondere con maggiore aderenza ai dati nuovi della situazione maturata nel paese durante il' trascorso quinquennio, e che pone, ai partiti come alle élites culturali, alla pubblicistica politica come agli uomini di studio, problemi nuovi. Quando questa: rivista vide la luce nel 1954, noi potemmo indìcare nel ·moto di liberazione civile del sottoproletariato urbano e rurale, e nella secessione politica della piccola e media borghesia dal blocco· agrario, già stati i due grandi sogni dei meridionalisti fino a: Guido Dorso, i due elementi caratterizzanti la situazione del paese, i due fatti in cui si esprimeva il movimento della situazione meridionale dopo la fine del fascismo e la· crisi del vecchio ordine sociale e istituzionale. Questi due fatti richiamavano l'attenzione dell'osservatore politico perchè, ancora nel 1954, presentavano immutato il loro slancio primitivo, erano fattori potenziali ~i sviluppo democratico in una situa•zione nella quale il paese sembrava aver perduto la volontà di rinnovamento e Io slancio ideale che avevano caratterizzato la lotta politica fino all'avvento della Repubblica. E non trascurammo, infatti, di fare un raffronto tra l'atmosfera del 1954 e quella immediatamente successiva alla Libera15 Bibliotecaginobianco ,

zione: e da un tale raffronto potevamo pervenire alla conclusione che i quadri democratici in pochi anni s'erano deteriorati, erano usciti esausti . dalla' battaglia per il consolidamento delle nuove istituzioni; che v'era stata una massiccia avanzata dei comunisti, nelle cui mani sembrava fosse passata ogni inizi tiva politica, e non soltanto politica; cl1e gli stessi comunisti avevano accesa una grossa ipoteca sul processo di risveglio delle masse meridionali. Ma ci parve anche, nel 1954, che, se era vero che dopo le elezioni del 7 giugno 1953 si era aperta un'epoca difficile per i partiti democratici, una fase di contraddizioni pericolose, di drammatici contrasti, di cui avrebbero potuto trarre profitto le ondate della risacca fascista e della· sovversione comunista, era anche vero che dalla stessa situazione italiana e da quella meridionale emergevano alcune indicazioni positive. Tra queste indicazioni la più importante era quella del rjsveglio del Mezzogiorno, cui abbiamo accennato:i sicchè era potuto accadere che il P!oblema meridionale fosse accettato da tutte le forze democratiche come problema naziona·le. Concludevamo, quindi, che i gruppi democratici meridionali, i quali avevano potuto resistere anche nelle condizioni più difficili, perchè erano essi stessi il prodotto delle esigenze più profonde della storift e della società meridionale, dovevano far tesoro dj queste indicazioni per riprendere, più agguerriti, la battaglia intesa « a liberalizzare la vita politica nell'Italia meridionale, a chiarire fino in fondo e avanzare su tutti i piani l'alternativa della democrazia moderna, la sua portata civile, la sua carica sociale, il suo ideale politico ». A questi gruppi la nostra rivista avrebbe offerto il contributo del1' approfondimento teorico e della verifica delle situazioni in cui si sarebbero trovati ad operare, l'apporto di una analisi sistematica e spregiudicata della realtà in cui maturano sempre nuove esigenze e nuovi equilibri politici e sociali. E ci proponevamo di intervenire, inoltre, in una· duplice direzione: verso quegli ambienti della classe dirigente che non vogliono perdere i contatti con la coscienza civile del paese, e quindi con le minoranze intellettuali che di questa coscienza sono i più qualificati interpreti; e verso quegli intellettuali che l'abitudine al conformismo, la fiacchezza delle convinzioni, la scarsct coscienza liberale rendono sempre disponibili per le avventure politiche di destra e di sinistra, e che nel 1954 non ancora si rendevano conto delle insidie del frontismo sotto le cui bandiere molti chiedevano riparo e notorietà. Oggi ci sembra invece che si debba prendere atto di questo dato essenziale: il sistema della democrazia in Italia ha retto, e si è conso16 Bibliotecaginobianco

.. lidato, nonostante le insufficienze della classe dirigente di governo. Affermare ciò non significa nascondersi le defìcie11ze che chiunque può riscontrare in ogni campo della vita pubblica. Noi sappiamo che le strutture democratiche del paese restano tuttora gra-cili e che altre mi11acce ed insidie la democrazia italiana già trova sul st10 cammino; sappiamo che quel processo di liberalizzazione della vita· pubblica nell'Italia 1neridionale che abbiamo considerato come un imperativo morale prima che politico per le nuove classi dirigenti italiane, è ben lontano dall'essere avviato; sappiamo che le cc due Italie » esistono ancora, prima che come due modi di essere delle condizioni materiali del paese al Nord e al Sud, come due diverse condizioni umane e morali delle popolazioni settentrionali e meridionali. Così, ci rendiamo conto degli elementi negativi della situazione attuale, nè ignoriamo finalmente che, negli ultimi anni soprattutto nel Mezzogiorno il governo l1a ceduto di fronte al sottogoverno; che tra direzione politica nazionale e masse meridionali si è di nuovo formato il diaframma· di consorterie locali inette e screditate; che in complesso il Mezzogiorno ha ancora una volta pagato per il generale progresso del paese. E tuttavia, pur non nascondendoci le passività di un simile bila11cio, come si è accennato, riteniamo considerevoli gli aspetti po itivi della situazione odierna. Tra il '54 e il '60, tra l'anno in cui già stava affievolendosi la carica riformistica del periodo precedente e l'anno cl1e si apre con le polemiche sull'apertura a sinistra, sono venuti a· collocarsi alcuni avvenjmenti destinati ad esercitare una notevole influenza sul futuro della dernocrazja italiana. Anzitutto v'è stata la liquidazione morale del frontismo. Intendiamoci: il P.C.I. potrà ancora prendere voti nel Mezzogiorno, la promozione politica dei ceti sottoproletari più depressi potrà ancora passare attraverso l'adesione al comunisrno. Ma, almeno fino a quando vi sarà una maggioranza autonomista nel PSI, e malgrado un governo come quello dell' on. Segni, l'equivoco del fronte popolare come strumento i11sostituibile del progresso del paese, la IJretesa del cc frontismo » di presenta14 si erede della tradizione democratica e liberale non possono più essere accreditati come una volta. E con la crisi del frontismo sembra ve11uta meno ancl1e la causa della disintegrazione delle forze della democrazia meridionale. La novità più importantte della situa-zione attuale potrebbe consistere appunto nella disponibilità di forze nuove, di sinistra, per una coraggiosa politica di sviluppo democratico. Oggi si discute se bisogna considerare il P.S.I. acquisito o meno allo schieramento democratico. E probabilmente intorno al P.S.I. si 17 Bibliotecaginobianco

concentreranno nei prossimi mesi le maggiori polemiche. Ma4 il fatto che costituisce motivo di polemica politica la crisi di orientamento del Partito socialista, è un elemento che per se stesso prova la liquidazione del cc frontismo » cui abbiamo accennato, e la favorevole prospettiva· di quell'allargamento della base delle forze democratiche che negli ultimi anni sono state costrette a: segnare il passo per mancanza di spazio, ossia dei consensi popolari necessari. Ma se queste sono le novità nel campo degli schieramenti politici, altri elementi nuovi possiamo riscontrare se guardiamo alla realtà sociale del paese, da cui gli schieramenti traggono forza. Quando si considera l'Italia del 1960 non più secondo uno schema politico, ma· adottando un criterio interpretativo storico-sociologico, allora possiamo renderci conto che il volto del paese ha subito nel giro di pochi anni mutamenti profondi. La società italiana è cresciuta: questo è l'elemento che contraddistingue la· situazione alle soglie degli an11i sessanta. Dal Nord al St1d, in alcune parti del paese con ritmo accelerato, in altre con ritmo più lento, tt1tto il nostro corpo sociale si è avvicinato nel suo complesso alla condizione delle società europee più evolt1te. Il che significa che ci troviamo di fronte ad una realtà articolata, dinamica, piena di contraddizioni se si vuole, ma tesa nello sforzo di assimilare n11ove esperienze e di darsi assetti e strutture moderne. Questo processo ha coinciso cronologicamente, da t1n Iato, col manifestarsi della crisi comunista:, o meglio della crisi degli schemi di lotta che il comunismo era venuto perfezionando nell'immediato dopoguerra; dall'altro, con la crisi della politica di solidarietà democratica che ha froteggiato negli anni più difficili della guerra fredda la minaccia comunista e con la crisi di orientamento dello schieramento cattolico. Non è facile - e del resto noi non lo tenteremo nemmeno - stabilire quanto della duplice crisi sia conseguenza del generale processo di crescita della società italiana: sta di fatto però che l'ammodernamento dell'apparato produttivo, il generale progresso economico del paese, l'accresciuta mobilità interna, il diffondersi di nuovi modi di vita, i mutati rapporti tra società urbana e società rurale, tra città e campagna, l'ntroduzione di avanzati processi tecnologici, sono tanti elementi di una situazione nuova le cui ripercussioni negli schieramenti politici non hanno tardato a farsi sentire. Inoltre, se la crisi del comunismo dopo il 1956 è stata accelerata dall'insorgere della coscienza liberale scossa di fronte al sacrificio dell'Ungheria, essa, per ciò che concerne il nostro paese, maturava già man mano che si rendeva evidente la inadegua18 Bibliotecaginobianco

tezza degli schemi interpretativi della nuova realtà italiana adottati. dalla cultura comt1nista, e si manifestava il divorzio tra la realta politica e le formule della sinistra marxista egemonizzata dal Partito comunista. È sintomatico, infatti, che il Partito comunista abbia avuto i maggiori successi, negli anni scorsi, là dove la sua attività era riuscita a · inserirsi in situazioni già· in movimento per Ja loro liberazione civile; e cl1e la presa comunista si sia allentata' man mano che la complessità delle situazioni nuove maturate nel paese rendeva evidente che il partito, con la sua ideologia, con i suoi miti e con le sue formule, non riusciva a mantenere il pa·sso col progresso del paese. È sintomatico altresì che la crisi si sia manifestata con l'abbandono del partito da parte di molti intellettuali, con il disagio di quelle zone della classe operaia su cui il partito faceva maggiore affidamento, con la rivolta, spesso silenziosa, delle cosiddette aristocrazie operaie, con l'inquietudine dei quadri sindacali. Non si deve dimenticare che il Partito comunista italiano, malgrado conservi tuttora larghissimo seguito elettorale, sta a·ssimilandosi sempre più al Partito comunista francese. E non si deve dimenticare che è proprio la ricerca di un contatto con le nuove situazioni che ha caratterizzato gli orientamenti degli intellettuali sfuggiti all'influenza della cc cultura » del partito (si pensi, per esempio, al gruppo della rivista cc Tempi moderni» di Fabrizio Onofri e a quello dell'altra rivista di ex comunisti, cc Passato e presente »). D'altra parte, anche la crisi di orientam~nto del Partito socialista va ricollegata, a nostro avviso, al fenomeno della crescita della' società italiana. Lasciando stare in questa sede ogni discorso sul passato, sulla cattiva o buona volontà delle dirigenze socialiste, è chiaro che anche queste ultime non potranno fare a meno di essere condizionate dall'evolversi della situazione italiana verso forme di vita, ideali strutture tipiche dell'Occidente democratico. E, i11fìne,ancora più interessanti sono i sintomi della maturazione di un diverso rapporto fra il tradizionale centro democratico, cattolico e non cattolico, e il paese. A chi guardi oggi, senza pregiudizi, la situazione delle forze che si raccolgono intorno al Partito democristiano, non può sfuggire che si è stabilita una più intrinseca relazione tra· i gruppi che si esprimono attraverso il Partito democristiano e la realtà sociale del paese. La D.C. ha ancora un atteggiamento contradditorio; oscilla tra una politica di schieramento indifferenziato, a difesa di interessi tipici della conservazione, e una politica di centro-sinistra; ma' è evidente 19 Bibliotecaginobianco

che essa sente oggi, più di quanto non sentisse ieri, anche la pressione dei ceti popolari. A questo punto si potrebbe obiettare che, mentre la nostra diagnosi considera con ottimismo gli elementi di potenziale sviluppo democratico rappresentati dall'accresciuto peso politico dei nuovi ceti che sono stati · promossi dal processo di sviluppo, la presenza di t1n governo di destra, il quale resiste da un anno e che potrebbe anche consolidarsi, fa da freno alla naturale evoluzione democratica del pa·ese. Ir1fatti noi non neghiamo che vi siano allarmanti sintomi di involuzione di quell8.i parte della classe dirigente che trae .sostegno e conforto, oltre che dall' accresciuta' pressione dei gruppi eco11omici dominanti, dalla crisi delle istituzioni europee e dal processo involutivo di quegli ambienti politici della Europa occidentale che hanno opposto tenace resistenza allo sforzo di risolvere la crisi continentale nel senso federalistico. V'è una parte della classe dirigente, che detiene posizioni di preminenza economica e cl1e controlla la stampa, la qt1ale perde il senso delle proprie responsabilità quando la democrazia impone sacrifici, affronta il problema della redistribuzione del reddito, si propone di risolvere quelli della miseria, della . disoccupazione, dell'integrazione fra regioni più sviluppate e regioni sottosviluppate. E così vi è una parte della classe politica che, in tutta l'Europa, no11è riuscita a passare « lo spartiacque » che corre lungo la linea che divide il nazionalismo dall'europeismo. Le forze conservatrici sono oggi più attive che mai: noi stiamo assistendo, in questa Europa del 1960, a·d una loro ripresa offe11siva; in Italia c'è un rifluire di ideologie e di uomini che sembravano defìnitivame11te caduti nell'ombra dopo la· sciagurata avventura del fascismo e della: guerra. Anche il progresso economico, il benessere più diffuso, si tenta oggi di volgere a sostegno di posizioni più retrive e conservatrici; e dei frutti della coraggiosa politica di solidarietà democratica che sta all'origine della ripresa economica del paese e dello sviluppo della nostra società, si tenta- oggi l'usurpazione da parte di ambienti della classe dirigente economica che sono preoccupati solo del proprio e< particulare ». Il progresso generale della nostra società è in effetti 1ninacciato da nuove torbide avventure politiche. Tutto questo è vero; ed è chiaro che l'offensiva conservatrice ìn corso potrebbe fornire ai comunisti l'occasione di una· affermazione elettorale e di un rilancio politico; e anche per questo essa non deve essere sottovalutata dalle forze democratiche. Ma, rispetto a pochi anni or sono, l'area di queste forze si è allargata: questo è il dato da cui 20 Bibiiotecaginobianco

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