Nord e Sud - anno VI - n. 59 - ottobre 1959

per ragio11i di aritmetica parlamentare, ma anche per assicurare ad un tale programma la sua naturale atmosfera politica nel paese, ha bisogno di alleati laici, e prima di ogni altro della socialdemocrazia. Un discorso concreto sulle prospettive di una politica di centro-sinistra non può, dunque, prescindere da una valutazione della situazione attuale della socialdemocrazia. A questo punto sorge spontanea una domanda: perchè, a tanti anni dalla scissione di Palazzo Barberini, ad onta della persistente emorragia di voti che l'ha così fortemer1te provata dal 1948 ad oggi, degli errori commessi e delle sue innegabili insufficienze, ad onta dei sussulti e dei fremiti cl1e hanno scosso, dal '55 ad oggi, l'altro, più forte, troncone_ del socialismo italiano e dei tentativi da questo compiuti di rinnovare la propria politica, perchè, dunque, la socialdemocrazia resta una forza viva dello schieramento politico italiano, ne costituisce, anzi, un passaggio obbligato? La risposta a tale domanda non va cercata in questo o quell'accidente di congiuntura o nella fortuna o nel caso o nell'insipienza politica della borghesia italiana che non saprebbe distinguere i pericoli veri dai timori immaginari e neppure nella raffinata abilità manovriera di questo o qu~l leader socialdemocratico, · ed è assai più semplice di quel che di solito si pensi: le ragioni ideologiche e politiche che determinarono la scissione del 19L17 sono ancora valide oggi perchè non si è verificato il solo fatto che poteva renderle caduche, la democratizzazione di tutto il Partito Socialista Italiano, la rottura definitiva e senza equivoci di tutte le correnti del PSI col Partito Comunista e la conseguente costitu•zione di 11nsolo socialismo effettivamente democratico. Può· piacere o no, ma il problema fondamentale di questi anni è stato e resta quello della presenza di una minaccia comunista alle istituzioni democratiche e quindi di un'alterazione profonda, in ragione di tale presenza, delle normali condizioni di lotta politica. E per far fronte a questa minaccia erano possibili due strategie: la prima, cara alle destre economiche e politiche che se ne servivano ai loro fini, era quella del fronte unico delle forze cosiddette nazionali, dell'unione sacra, della caccia alle streghe e delle discriminazioni, della denun-cia isterica di tutto ciò che aveva comunque sapore di progresso, della chiusura ermetica a tutte le istanze di rinnova1nento, insomma la strategia dell'immobilità. I lettori di questa rivista sanno benissimo che noi abbiamo sempre risolutamente avversato questo tipo di lotta anticomunista: non solo perchè alla sua ombra si erano arroccati i più retrivi interessi, preoccupati assai più della conservazione di posizioni di privilegio che della libertà e delle istituzioni democratiche, ma anche perchè essa avrebbe non diminuita ma accresciuta la pressione comunista, non indebolito ma rafforzato il P.C., avrebbe consentito a questo possibilità di reclutamento di nuovi ceti e opportunità dì manovre frontiste a larghissimo spettro. E i fatti - dal costante accrescersi dei suffragi comunisti alle . ' . . p1u recenti « operazioni Milazzo» 1n una congiuntura pure abbastanza [50] Biblioteca Gino Bianco

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